1984 novembre 03 L’ordine a Varsavia
1984 novembre 03 – L’ordine a Varsavia
Oggi la Polonia saluta per l’ultima volta il suo martire, Jerzy Popieluszko. Verrà sepolto il suo corpo,
non la «grande eloquenza morale della sua morte» come l’ha definita il Papa.
Oggi Varsavia esce di casa, chi piange, chi vigila, chi spia. Ai funerali dell’abate saranno in centinaia
di migliaia, perché il cardinale Glemp ha parlato di lutto «profondo», immenso.
Dell’assassinio e dei poliziotti-sicari soltanto l’Urss non ha ritenuto di dare notizia. A Mosca hanno
altro cui pensare che a un prete per il quale la libertà aveva il valore di un sacramento. A Mosca sono
molto indaffarati ad attaccare Craxi e a ricevere come si conviene la figlia di Stalin.
La rivista «Tempi nuovi» scrive dei dirigenti socialisti italiani che «molti di loro non sono capaci di
spingersi oltre la seconda pagina del Capitale». Sarebbe fin troppo facile rispondere che leggendo e
rileggendo Marx fino all’ultimissima pagina il «comunismo reale» è riuscito a costruire l’ultimo
Impero oggi esistente al mondo. Ma la replica più efficace è venuta qualche sera fa dal dissidente
Andrej Sinjavskj quando, lapidario, ha affermato che l’Urss non fa fare bella figura al Marxismo.
L’Urss dell’Impero e delle sinistre trame polacche, l’Urss che confina Sacharov e che dalle sue Radio
Praga di turno fa definire l’Italia un Paese in preda alla droga soltanto perché dà voce al dissenso
sovietico, questo Stato era più che mai pronto – come annuncia l’agenzia ufficiale Tass – a «restituire
la cittadinanza» alla figlia di Giuseppe Stalin, Svetlana, dichiaratasi «insoddisfatta» della sua
esperienza di vita in America e Gran Bretagna.
Con il cognome che si ritrova, la signora Svetlana ha adottato una decisione straordinariamente
coerente. Ritorna davvero a casa sua, in un paese che non l’aveva mai dimenticata, tanto staliniano nel
Potere da permettersi il lusso, tipicamente nazista, di considerare Varsavia così in ordine da non
meritare notizia.
novembre 1984