1999 Febbraio La chiarezza di Churchill

1999 Febbraio – La chiarezza di Churchill

Ieri ho ricevuto dalla provincia di Padova la lettera più telegrafica. Diceva : “Tutto normale, paese
anormale. Grazie”. Di solito, non era così. Molte volte, ho dovuto sintetizzare: il lettore che scrive
ai giornali, tende a dire tante cose in un colpo solo, e quindi si prende lo spazio che gli serve. Come
dargli torto? Pur predicandola, il giornalismo italiano pratica pochissimo la concisione.
L’”articolessa” resta sempre la nostra prolissa tentazione, così noi spesso non diamo il buon
esempio.

Ma, insomma, le cose ce le siamo dette con chiarezza, a costo di ripeterle. Del resto, Winston
Churchill, che sapeva scrivere anche da storico, raccomandava di ripetere più volte le stessa parole
nella stessa frase pur di non ingenerare equivoci. Far chiarezza è il fine della democrazia oltre che
del linguaggio. Forse per questo un altro grande uomo di stato, il presidente degli Stati Uniti,
Jefferson, diceva: “ Dovendo scegliere tra un governo senza giornali e i giornali senza governo,
sceglierei i giornali”. Piuttosto mi ha stupito il ricorso alla formula della cosiddetta “lettera firmata”.
Legittima, onesta beninteso, niente da dire sul piano formale: un lettore scrive e firma con nome e
cognome ma chiede la riservatezza. Di chi si tratti, lo sappiamo in due, lui che scrive, io che
rispondo, gli altri no. Mi ha inquietato la frequenza di quella richiesta, soprattutto quando il tema
trattato era tra i più tranquilli, senza risvolti imbarazzanti o delicati.

Faccio l’ultimo esempio. Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera piena di osservazioni intelligenti
sull’immigrazione, sui fatti di Milano, su Scalfaro, sulla giustizia. Alla fine, una richiesta: “Se
pubblica, ometta la mia firma”. In 30 mesi, ho visto aumentare il fenomeno della “lettera firmata”
ma coperta al pubblico.