1999 Giugno 18 I Fini e i mezzi

1999 Giugno 18 – I Fini e i mezzi

L’autobus/1

Gasparri (An, area berlusconiana): “IO mi sono rotto le palle con questa storia dei berluscones”

Storace (An, destra sociale): “Non esauriamo la nostra analisi al fatto che Segni porta sfiga”.

Savarese (An, corrente liberale): “Del quorum proporzionale alla gente non frega niente, piuttosto
non vuole i negri sull’autobus”.

Storace a Savarese: “Vaffan…”.

Savarese a Storace: “Vaffan.. tu”.

Tremaglia (An, corrente missina) a Basini (An, area pro-Segni): “Imbecille!”.

La fotocopia/2

All’ultimo congresso dell’Msi, a Rimini nel 1990, Fini prevedeva per il fascismo “un orizzonte
quanto mai ampio per decenni” (testuale dalla Relazione d’apertura) e lamentava che l’uomo
“economico” avesse preso il posto in Europa dell’uomo “eroico”.

Ma ancora alle elezioni politiche del 1994, archiviato il Msi e lanciata Alleanza Nazionale, il
programma di Fini manifestava ostilità verso le privatizzazioni e verso il trattato europeo di
Maastriicht mentre continuava a rivendicare Istria e Dalmazia. (Il prof. Piero Ignazi, dell’università
di Bologna, ha analizzato meglio di chiunque questo laboriosissimo processo, tra conservazione e
innovazione, tra saluto romano e salotto buono di Arcore).

Dopo aver portato fiori alle Fosse Ardeatine, ripudiato l’antisemitismo, emarginato Rauti, decretato
la fine dell’anticomunismo storico, cercato in bicamerale un accordo riformista con D’Alema e, alla
fine, imbarcato il referendum Segni, Fini scopre a giugno ’99 di aver perso un terzo dei voti, di essere
il “leader dimezzato” (definizione dei suoi) di una An senza anima ma con dieci correnti, e soprattutto
di veder compromesso il suo carisma, da anni fondato sull’abilità, sula rassicurante immagine, sulla
facilità di parola più che sullo spessore politico.

Anche se adesso lo trattano come un dilettante per essersi messo con Segni, a mio parere il vero
problema di Fini è Berlusconi, non Segni. Il che per An è molto peggio.

Berlusconi ha fatto da levatrice di An, che portò dritta al governo dopo aver alleggerito Fini dal suo
incombente passato, ma ora rischia di annetterla. Altro che psicodramma, An ha capito al volo il
pericolo e fiuta guai a lunga gittata: solo che, a diagnosi giusta, corrisponde una terapia sbagliata.

Berlusconi sogna di fare il pieno dei “moderati”, lavora in testa sua per il partito unico, il suo, il centro
sono io, se non è la nuova dc, poco ci manca, con le televisioni al posto delle canoniche. Fini per
primo, ma lo stesso Bossi e anche la Bonino, appaiono agli occhi di Berlusconi come dei riservisti,
cioè potenziali serbatoi di consenso. In democrazia è legittimo, ma ciò rende scomoda la posizione di
Fini nel Polo. Se si smarca di un passo sulla destra, per identificarsi meglio, Fini teme di ripiombare
nell’isolamento dopo aver fatto le capriole per uscirne. Se insegue Berlusconi al centro, per
opportunismo, Fini fa di An la fotocopia di Forza Italia. Esattamente ciò che gli sta capitando.

A dire il vero, Fini puntava a riequilibrare il Polo, con An più forte e Berlusconi meno dominante. E’
accaduto il contrario: se il “centrodestra” diventa un “centro a due piazze”, i suoi elettori optano per

Berlusconi (più sperimentato) non per Fini (centrista dell’ultima ora). Senza contare che Arcore
sembra la sede più antagonista dei “comunisti” tenuti in vita dal solo Berlusconi.

Fini è troppo appiattito su Berlusconi, non troppo poco come sostengono i suoi contestatori! Il torto
di Segni è di aver contribuito a rendere An ancor più né carne né pesce mentre Fini, per distinguere
il suo prodotto politico all’interno del Polo berlusconiano, ha bisogno di dire qualcosa di destra, una
destra europea, sociale, moderna finchè si vuole ma destra, una destra senza fascismo ma non una
destra dorotea.

Sennò perché mai chiamarlo “centrodestra”? Non per nulla Donna Assunta Almirante, vedova dello
storico segretario del Msi, ha detto al “Giornale”: “Se alle prossime elezioni si presenya un bel
cervello di sinistra, io il mio voto gli e lo do: tanto ormai i partiti sono tutti uguali”.

Tiè.