1999 Maggio 8 Citazione

1999 Maggio 8 – Citazione

“Io resto attaccato ad un’idea di poesia che si rivolge a tanti, a anche ad uno solo. Sono legato alla
necessità che la poesia guardi un orizzonte che non ha limiti, che parta da dietro siepi leopardiane per
incontrare i singoli, ma anche il niente. A un’idea di poesia tramata di silenzio. Anzi per usare
un’immagine di Nicolas Sot, alla poesia come il Dio che appare ad Elia: facendo a meno di tuoni e
roveti ardenti, ma presentandosi come brusio di un sottilissimo silenzio. Questa, per me, è la chiave
dell’essenza poetica (…) La poesia può essere molte cose: può essere potentemente detta, come ha
dimostrato Carmelo Bene con le sue cantillazioni di Dante. Potrebbe essere calata dentro
performances che possono renderla corporea e corale. Può essere la solita bottiglia calata in mare.
Cert, non è mai estranea al momento in cui si verifica: trascina istanti che vengono dalla realtà storica,
che a sua volta è fatta da un insieme di gesti, idee, coraggi, viltà dei singoli. Però è difficile pensare
al poeta come vate, posto che i vati, gli angeli di una nazione, siano davvero esistiti: oggi anche i
poeti più socialmente impegnati sanno di non essere vati, ma al massimo pifferi. E allora la Storia
entra nella poesia come un’irruzione improvvisa: parlare del sociale necessità di uno sprofondamento
negli abissi del tempo. Così entra nei miei versi la realtà, la realtà italiana, quella che ho chiamato “la
miseranda pro loco italiana”. Come un’eco stonata: soffocata dentro l’erba morta al fieno. (Andrea
Zanzotto, poeta, Pieve di Soligo 1921, da una conversazione con “Venerdì” di Repubblica