1999 Marzo 7 Venezia dolceamara
1999 Marzo 7 – Venezia dolceamara
Ignoro se Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, si candiderà al parlamento europeo ma, se
decidesse in tal senso, farebbe benissimo a presentarsi altrove, fuori del Nordest. Le ragioni sono
fondate.
La prima. Tra “Centocittà” e “Nordest”, è palese che Cacciari ha ora a cuore e in testa il primo dei
due movimenti: ha mollato il territorio per il ruolo nazionale, e quindi troverei giusto che su
quest’ultimo si misurasse. Vinca o perda di brutto, sarebbe per lui una notifica in ogni caso utile,
per la prima volta sradicata da Venezia. Poiché gli capita a volte di cedere alla libido di
abbandonare strada facendo le sue stesse intuizioni, Cacciari avrebbe tutto da guadagnare e
pressochè nulla da perdere dall’ultimo strappo: via dal Nordest a vantaggio di un collegio europeo
“altro”, direbbe il filosofo.
La seconda. Mettersi in lista con Prodi & Di Pietro, significa per un socio fondatore come lui fare
una campagna antagonista – “competitiva” nel frasario di Prodi- rispetto ai Ds, ai Popolari e ai
Verdi, per non parlare di Rifondazione. Cacciari lo può fare, beninteso, ma farlo qui, nel cuore del
Nordest, diventa davvero molto imbarazzante. Basti pensare che, da eurocandidato, a Venezia
dovrebbe chiedere i voti che ha ottenuto come sindaco, ma non più da alleato dei partiti che da sei
anni gli e li procurano! No, a Venezia non s’ha da fare, non deve farlo. Già Cacciari detesta fino al
furore la risacca del consiglio comunale; figuriamoci quando vi rientrasse dopo una campagna
elettorale che fin d’ora mette malumore alla maggioranza che lo sostiene. E poi, gli capiterebbe di
battersi per l’Europa contro il suo amato pro-sindaco Bettin, in lizza con i Verdi, o magari contro il
cartello venetista di Rigo, che sta con Cacciari fin dai primi fuochi del Nordest. No, molto meglio
che il sindaco delocalizzi.
La terza ragione. Tra i sindaci di “Centocittà”, Bianco presidia il Sud, Rutelli Roma. A Cacciari
tocca per forza il Nord, dove si gioca la partita vera con Bossi e Berlusconi sulla questione
settentrionale, ma anche con D’Alema sul fronte interno al centrosinistra. Se la madre di tutte le
lacerazioni abita tuttora a Nordest, con un’oncia di federalismo anche Milano sarà destinata ad
aumentare il peso politico nel sistema lombardo- veneto. Fra l’altro, nella diocesi del cardinal
Martini, da lui stimato quanto il patriarca Cè, Cacciari si muoverebbe come un pesce in acqua con
la sua idea di Europa “arcipelago” di culture. Un collegio elettorale tagliato su misura, si direbbe,
anche per bilanciare il rutellismo di “Centocittà”.
Così stanno le cose. Ammesso che si candidi e che ce la faccia, Cacciari avrebbe a quel punto
davanti a sé cinque anni da eurodeputato combinati con altri due da sindaco. Ora, se Bassolino
amministra Napoli e fa contemporaneamente il ministro del Lavoro, è chiaro che ogni altro cumulo
diventa piuma. Nulla però vieterebbe a Massimo Cacciari di dichiarare egli stesso
un’incompatibilità che per legge non c’è e, se proprio gli gira, dimettersi. Non sarebbe la prima
volta che Venezia fa politicamente tendenza.
Oltretutto, Venezia prevede per destino una partita sempre doppia tra costi e benefici. Lo sapeva
bene Gabriele D’Annunzio, il giorno in cui si innamorò di Eleonora Duse, quando annotò sul
taccuino, dalla stanza dell’Hotel Danieli: “Dolori et amori”. Come Venezia, appunto.