1999 Novembre 27 La citazione
1999 Novembre 27 – La citazione
“La ragazza raccontò di campi di concentramento improvvisati, zeppi di prigionieri fascisti, delle
vere bolge. I partigiani scendevano dalla montagna e venivano a cercarsi lì dentro delle facce note, a
riconoscere qualcuno ritenuto responsabile di una sofferenza inflitta o di un torto fatto subire. Se lo
incontravano, lo portavano via. E, prima di ucciderlo, lo picchiavano, lo tormentavano, lo
torturavano.
In alcuni di questi mattatoi, i prigionieri venivano pestati ogni mattina, poi condotti su uno spiazzo,
obbligati a cantare gli inni del Duce e quindi a ballare il ballo dell’orso, sotto i colpi di frusta o le
bastonate con verghe di ferro. Quasi tutti erano senza scarpe, a piedi nudi. Qualche volta i carcerieri
li costringevano a saltellare sopra un tappeto di vetri rotti. Il terreno si copriva di sangue. Ma i
maestri del coro e delle nerbate seguitavano a urlare: su, da bravi, continuate a cantare
“Giovinezza”, tenete le braccia alzate e ballate come fanno i nostri compagni russi!
Qualcuno era costretto a ingoiare le mostrine e i distintivi metallici strappati alle divise: forza!,
mandate giù che vi facciamo fare la santa comunione! Altri erano costretti a mangiare vecchi
giornali fascisti e tedeschi. Quando avevano la bocca gonfia di carta, c’era chi gli dava fuoco: un
bel falò in onore del vostro duce, Benito Mussolini!
Divenuto adulto, Giuseppe si domandò se quei racconti della Carmen fossero veri. E accertò che
purtroppo lo erano, che esisteva almeno un posto dove tutto questo era avvenuto: una cartiera vicino
a Treviso, forse il luogo più infame fra i tanti che, nell’Italia del Nord, avevano visto la resa dei
conti fra vincitori e vinti. Ebbe tra e sue mani anche molte fotografie: non della cartiera s’intende,
ma pur sempre reperti muti della ferocia di quei giorni”.
(Gianpaoo Pansa, da “Il bambino che guardava le donne”, Spering & Kupfer editori).