2000 marzo Il Veneto ritorna finalmente a Roma
2000 marzo ? – Il Veneto ritorna finalmente a Roma
Con Antonio D’Amato al vertice di Confindustria cambia qualcosa; con Nicola Tognana,
vicepresidente, cambia di più. È vero: forse, come segnalò lucidamente Mario Carraro, un po’ di
retorica e un po’ di enfasi andavano risparmiate. È vero: il «modello veneto» non aveva realizzato la
sua presa della Bastiglia confindustriale. È vero: D’Amato non rappresenta un padroncino di primo
pelo, ma un fior di imprenditore di seconda generazione, che bazzica da anni nella stanza dei bottoni
industriale. Tutto vero, però. Però qualcosa di importante è accaduto, innegabilmente e con grande
chiarezza: soprattutto dal punto di vista simbolico. Il problema è di vedere adesso se i simboli si
trasformeranno in novità, questo resta tutto da vedere e desta aspettative, come segnalerà questo
pomeriggio l’assemblea di Unindustria di Treviso, tradizionale appuntamento di massa del capitalismo
ultradiffuso. Confindustria ha i suoi statuti, i suoi riti, i suoi equilibri: Confindustria è istituzionalmente
potere, fa politica industriale, concerta anche quando sembra prendere le distanze dalla concertazione
continua. Se la Giunta ratificherà a Roma la nomina di Tognana, anni 47, a una delle tre vice-
presidenze, il senso della scelta di D’Amato alla presidenza si fa palese: un po’ come se il segnale
diventasse squadra. Bisogna stare attenti agli equivoci e alle ingenuità. Non è che il Veneto manchi di
rappresentanza in Confindustria, basti pensare alla presenza costante, da ben 18 anni, di Pietro
Marzotto, membro di una delle poche grandi famiglie del capitalismo familiare, di quinta generazione.
Non è una questione di poltrone né di persone: piuttosto, di selezione degli interessi, se così posso dire
alla buona. Treviso, con Tognana, ha camminato alla svelta in questi anni, mai in retrovia, appellandosi
anche alla «politica» regionale ma senza ficcare il naso nella mischia «partitica». Da neo-presidente di
Industriali Veneto, è riuscito a far diventare unanime l’appoggio alla candidatura D’Amato che, in
anticipo su tutti e a titolo personale, era stato espresso da Luciano Benetton. Voglio dire la vice-
presidenza di Tognana, a fianco di D’Amato, sembra quasi una carica collettiva più che ad personam,
una scelta di campo più che una cooptazione. Non fosse questo, sarebbe deludente, come dire tanto
rumore per nulla. Un mesetto fa, al via della campagna elettorale per le regionali, Tognana ha firmato
27 pagine di proposte per il futuro presidente del Veneto, cominciando con il dire che il federalismo e
l’autonomia sono necessari perché «utili», non spartitori. Anche il mondo del capitalismo familiare (la
proprietà delle aziende qui è in mano per oltre otto decimi a persone fisiche!) si appresta secondo
Tognana a grandi cambiamenti. Non l’ha detto, ma lui sa meglio di noi che anche Confindustria ha
bisogno di togliersi di dosso un po’ di apparati, di burocrazia, di centralismo: non soltanto a Roma,
anche in periferia, come mi raccontò un giorno Ivano Beggio. Se porta con sé questo sottosuolo
imprenditoriale, in Confindustria e con la delega della politica industriale, il Veneto avrà ottenuto un
doppio risultato. Si sentirà un po’ meno «nano» e, soprattutto, accanto ai Tronchetti Provera potrà
rappresentare un’altra faccia del capitalismo, tutta export e distretto, forse ruspante e poco introdotta,
ma più che mai viva. Quanto al Veneto, per il dopo-Tognana c’è tempo di far le cose per bene. Piazze
come Padova e Vicenza hanno ceto già pronto.
marzo 2000