1965 “Corso è il mio erede” – intervista
1965 (non datato)
“Corso è il mio erede”
Qualche giorno fa chiedemmo ad Helenio Herrera: « Si parla tanto di nuovi schemi di gioco, di
spettacolo, di fluidificazione: anche l’Inter dunque cambierà strada e formula? ». Il Mago ci guardo
con disprezzo, a sopracciglia incrociate « Questi sono problemi de chi perde, non de chi ha vinto
todo come noi! E anche yò digo che Inter de adesso è Inter de Suarez, de Corso e de Picchi: quando
non ci sono più questi giogadori allora è un’otra Inter e se può cambiare. Adesso no! ».
L’unità dell’Inter, la sua continuità, sono sottolineate dalla personalità e dalla responsabilità dei
tre giocatori indicati da Herrera, ma soltanto uno di questi ha l’autonomia e la solitudine del grande,
il potere cioè di condizionare in qualsiasi momento il rendimento di tutta la squadra: quest’uomo è
Luis Suarez. Alle sue spalle Picchi lo garantisce, ma il gioco di Suarez nasce in simbiosi con Mario
Corso. Di lui lo spagnolo di La Coruna ci ha detto: « L’Inter non avrà mai problemi di regia, perchè
quando io uscirò dalla scena, Corso sarà già grandissimo. Solo lui è il mio crede e nessun altro! ».
Questi due uomini soprattutto condizionano l’Inter di oggi con classe, esperienza e forza.
Riusciranno a mantenere se stessi e l’Inter al vertice? E’ quello che abbiamo chiesto a Luis Suarez!
« Noi lo tenteremo, ma è un compito estremamente difficile, perchè quando una squadra riesce a
raggiungere traguardi straordinari, tutti gli altri si muovono e le danno addosso insieme. Tentano
insomma di distruggere il mito prima diventi troppo grande! ».
« Magari con Altafini? ».
« Non è questo! La squadra c’è per poterlo fare: serve soltanto che tutti, dico tutti, si mettano in
testa di prepararsi alle difficoltà e a grandi sacrifici ».
« Quindi non manca niente, è solo questione “de moral”, come dice Herrera! »
« Naturalmente manca qualcosa, ma non solo all’Inter! A tutti manca qualcosa: non è mai esistita
la squadra perfetta. E’ proprio per questo che sono decisivi il morale, la volontà di vincere, il
sacrificio ».
« Ad un certo punto Di Stefano è stato il Real Madrid come Pelé è il Santos o Eusebio il Benfica:
lei in che maniera sente la responsabilità di un’Inter di Suarez? ».
« E’ una questione di abitudine che nasce a poco a poco senza procurare drammi. E poi non
bisogna dimenticare che Di Stefano come Pelé come Eusebio valgono anche per i giocatori che
hanno vicino. Questo vale anche per me: è difficile essere grandi… da soli! ».
« Ma come sta un fuoriclasse prima di una partita? ».
« Quando uno ha raggiunto una certa fama, tutte le partite sono difficili per lui. Non dipende cioè
dall’avversario: io penso ai miei tifosi e ai tifosi della squadra, a quelli insomma che si aspettano da
te sempre grandi prestazioni. E’ questo pensiero che inseguo prima di ogni incontro ».
« E durante? ».
« Eh, durante la musica cambia, perchè allora è la partita stessa che ti influenza. Una volta nasce
tutto bene e non ci sono problemi, un’altra volta sembra che non si riesca a raddrizzare
assolutamente una tendenza: io credo che proprio in queste circostanze disperate venga fuori il
campione ».
« A volte però invece di venir fuori il campione se ne va… ».
« Oh sì, a Barcellona è stato terribile. Forse con un altro pubblico avrei resistito a qualsiasi
tortura, ma con il ” mio ” pubblico, quella gente che mi ha visto venir su e che non mi perdonava
niente, che mi riempiva di fischi.. non so, è stato più forte di me ».
« Ma come mai era così nervoso? ».
« Perchè io ho il difetto di.. voler vincere sempre. Fuori credo di essere il tipo più tranquillo del
mondo, ma ” dentro ” divento diverso perchè il calcio è la mia vita e ho sempre avuto l’ambizione
di sfondare io nella vita. A Barcellona era una partita amichevole, con niente di importante in palio,
ma naturalmente per me che ci ho vissuto era una specie di… finale mondiale ».
« Ammette di aver avuto torto? ».
« Beh, sì! Non avrei dovuto arrabbiarmi in quel modo, anche se mi stavano offendendo, ma
quando sono in campo io penso e ragiono in un modo diverso. Mi innervosisce tutto. Per esempio,
quando vedo uno che ha la palla e la potrebbe dare al compagno libero a cinque metri e invece la
perde per fare una cosa complicata, allora guai comincio ad arrabbiarmi ».
« E lo dà a vedere, no? ».
« Sono cose che mi danno fastidio, sia che le faccia un difensore o un attaccante e lo faccio
vedere perché il mio scopo è di vincere, non di far notare i difetti agli altri! Se uno mi dice che ho
sbagliato non mi arrabbio affatto ».
« Ne è sicuro? ».
« Certamente! La tensione che c’è in campo dura mezz’ora, un’ora dopo la partita, poi subentra
la tranquillità e allora si prendono in considerazione gli errori. Dopo un paio di giorni è ancora
meglio! »
« Gli anni italiani hanno cambiato qualcosa in lei? ».
« Ho più esperienza, più tranquillità, e conosco meglio il gioco italiano. Una volta per esempio
non concepivo di stare tanto arretrato, adesso ho bene in testa qual è la posizione giusta ».
« E nell’Inter cos’è cambiato? ».
« Io sono convinto che l’Inter è più o meno quella di quattro anni fa! Adesso c’è più classe, le
cose si sono perfezionate a poco a poco, ma non ci sono grandi novità ».
« Può migliorare ancora il suo gioco? ».
« Non credo che l’Inter possa giocare meglio di così! Con l’impostazione difensiva che c’è in
Italia, o si fa un gioco veloce o non c’è niente da fare. E’ quello che facciamo noi e ormai lo hanno
capito in tutto il mondo che bisogna anche lasciar perdere il gioco bello pur di vincere ».
« Data la situazione qual è il compito principale di un regista? ».
« Soprattutto la regolarità, ma non la regolarità in una partita: in un anno. ».
« E’ forse questa la differenza che c’è ancora fra lei e Corso? ».
« Ogni giocatore nasce con le sue caratteristiche. Corso è giovane: fra due o tre anni, lasciandolo
maturare in tranquillità, sarà grandissimo. Lui è l’uomo ideale per prendere il mio posto, il mio vero
erede: l’Inter non ha nessun problema per questo ».
« Lei ha conosciuto un ” altro ” Suarez? Uno che le assomigli? ».
« Nel mio ruolo credo di non aver mai visto un giocatore come me: naturalmente io sono
innamorato del mio gioco. Solo Corso mi entusiasma ».
« Perchè? ».
« Per quelle giocate improvvise che solo il fuoriclasse ha, quelle che nemmeno il compagno
riesce a capire, ma che decidono una situazione e spesso una partita. Corso le possiede ».
« Suarez ha difetti? ».
« Non posso dirlo, perchè un giocatore difficilmente vede i propri difetti: sennò li
eliminerebbe ».
« Qual è il suo problema quotidiano di calciatore? ».
« Tentare di adeguarmi al momento per essere sempre in forma ».
« E ci riesce? ».
« Discretamente! ».
« Quali sono stati i suoi modelli? ».
« Quando ero bambino, due mezzale spagnole: Cesar e Panizzo. Poi quando sono cresciuto e
maturato, Di Stefano che io considero il più grande giocatore del mondo soprattutto per il
rendimento favoloso ».
« C’è un segreto per mantenere un plafond per anni? ».
« La classe più la preparazione: non c’è nessun segreto! ».
« Segreto per segreto, in una squadra è più importante l’allenatore o il presidente? ».
« I giocatori! ».
« Rispetto al campionato precedente giocatori, allenatore e… presidente dell’Inter non sono
cambiati: anche la preparazione è rimasta la stessa? ».
« Uguale! L’unico problema è sempre quello di doversi preparare in fretta per gli impegni
fortissimi. L’anno scorso abbiamo scontato questa situazione con una serie impressionante di
infortuni ».
« Con l’Independiente sarà una passeggiata? ».
« Vuole scherzare! Io e i compagni abbiamo fiducia, ma sono traguardi che costano molti
sacrifici ».
gol, come sempre ».
girone di ritorno ».
« Sarà forse più facile perchè conoscete l’avversario, no? ».
« Perchè loro non conoscono noi! Siamo pari, mi sembra. Sarà una partita combattuta con pochi
« Come sempre anche in campionato? ».
« Come sempre, con la solita partenza delle solite cinque e la perdita di terreno di qualcuna al
« L’Inter cambierà qualcosa? ».
« Per far piacere agli avversari? Una squadra media può fare esperimenti, non l’Inter! Se l’Inter
cambia e non vince succede la fine del mondo: all’allenatore poi nessuno perdona niente ».
« E’ questo che la infastidisce in Italia? ».
« Non c’è niente che non mi piaccia in Italia! ».
« Quanti anni giocherà ancora? ».
« Tre anni di sicuro e bene: poi deciderò se chiudere o no ».
« Farà l’Herrera-bis? ».
« Vorrei fare l’allenatore, ma dilettante! Di Herrera ce n’è uno! ».