1965 Gipo: Rocco xe un fabbro

(non datato) – Supersport

Gipo: Rocco xe’ un fabbro!

Il duello rusticano tra i due maghi veneti è finito alla pari dopo 90′ minuti di gioco aspro e
contesissimo. Un leggero vantaggio semmai lo può contare paron Nereo Rocco di Trieste che ha
strappato un punto revanchista sul campo della super volpe di Neversa, Gipo Viani. C’era molta
attesa per questo scontro « personale » e polemico tra « el paron poareto » e il « mastro
miliardario », ma il campanello d’allarme per l’elettrizzante guerra finale era suonato già prima
dell’inizio della partita, quando si vide che mastro Gipo evitava il contatto di gomito con la
panchina dell’odiato triestino piazzandosi diplomaticamente in tribuna esattamente alle spalle di
Rocco. Prima di sedersi Nereo inarcò le ciglia e diede un’occhiata dal basso verso l’alto e in quel
preciso istante deve aver pensato: « Sta lassù come un falchetto pronto a far fuori la gallina ex-
padovana, ma io non sono un pollo e alla fine può darsi che io continui a razzolare indisturbato! ».
A Gipo fischiarono le orecchie, ma era troppo in alto, lui che non allena il Milan, ma è… quasi il
Milan.

Al fischio d’inizio cominciarono gli scambi di cortesie, le pacche sulle spalle con guanti di
piombo e si capì subito che le squadre erano state personalizzate a misura dei due grandi capi: da un
lato la voglia matta di Rocco, dall’altra la superiore attesa di Viani. A fine gara gli spogliatoi erano
in fiamme. La guerra aveva lasciato segni profondi dal punto di vista clinico e verbale.
Incontrammo per primo il presidente del Torino Comm. Pianelli. La sua era stata una battaglia
privata solitaria. « Debbo dire con amarezza che in tanti anni non ho mai assistito ad una gazzarra
incivile e ignobile quale è avvenuta oggi in tribuna d’onore. Figuriamoci, in tribuna d’onore! Sono
rimasto seduto tranquillo, senza fare commenti per tutta la durata della partita. Ciononostante sono
stato sputacchiato, minacciato assieme alla moglie e alla figlia. Ho rischiato di essere preso a pugni
più di una volta per il solo fatto di essere torinese. Non posso ancora crederci e capire i motivi di
tanta inurbanità. Giuro che se ritornerò a San Siro, andrò nei popolari! ».

In effetti quando il Torino passò in vantaggio con la rete di Simoni in tribuna successe il
putiferio. Intervennero anche le forze dell’ordine a sedare gli animi e le mani, ma più tardi ci
spiegarono che la scintilla era stata provocata da un « dissidente » abitudinario del Milan e che si
trattava in fondo di una guerra di fazioni fra una « riva » e l’altra. Pianelli si trovò coinvolto ed ora
faceva la guardia all’infuocato stallo del « Toro ».

Attendiamo un po’, ma Rocco si sta forse facendo una doccia rilassante. Andiamo da Mastro
Gipo. La porta si apre senza scricchiolare. In mezzo alla stanza campeggia la sua figura e la voce
inconfondibile non tarda a venire. « Sono dei fabbriferrai! — esordisce tranquillo e sereno — E’
inconcepibile che si possa giocare con tanta animosità. Ogni entrata denotava astio, desiderio di far
male, all’insegna del peggior “bala o gamba”. Qui sembra di essere in un centro di raccolta feriti
durante le cinque giornate di Milano! L’arbitro ha cercato di tener in mano le redini dell’incontro,
ma non si può pretendere i miracoli in una situazione del genere. Basta che faccia un giro e vedrà
con i suoi occhi. Bisognerà chiamare qualche medico: i nostri da soli non ce la fanno più ».
Facciamo il giro.

Mora trascina una gamba e borbotta sottovoce « Sono dei macellai! Non si può giocare così. A
parte il calcione che Rosato mi ha rifilato in arca lasciandomi tre punti sullo stinco a eterna
memoria, tutta la partita è stata un’indecenza. Qui i casi sono due: o si stronca subito il malvezzo o
buonanotte, è meglio cambiare mestiere ». Gli facciamo discretamente notare che neanche lui con

gli arbitri… ma è troppo preso dalle sue garze. Ferrario è disteso sull’ultima panca. Non parla. Sa di
non aver disputato una bella partita e se ne rammarica: « Non sto ancora bene. Questa è la verità. La
caviglia mi fa ancora male e quindi la preparazione ne risente. Oggi poi non trovavo la posizione
perchè i troppi passaggi laterali mi spingevano in avanti col risultato di rimaner spesso tagliato fuori
dal dialogo. Poi ho preso il mio calcione e non ho fatto molto tolta l’azione che ha portato al
pareggio ».

Fortunato, l’autore del gol, è lì vicino e aggiunge: « La punizione di Amarildo è stata molto abile,
l’amico Paolo ha toccato eludendo l’uscita disperata di Vieri e ho potuto insaccare facilmente. Dico
una cosa: su 11 giocatori siamo in 11 a portare il segno. Non occorrono commenti ». Il coro di
protesta è generale e Viani sintetizza il tutto affermando con decisione:

« Non mancano che le rivoltelle e il pugnale in bocca! Il fatto è che la gente non bisogna mai
trattarla bene, ma a pesci in faccia. Allora ti rispettano. La partita? Una cosa perfida, una battaglia
che non fa onore. I nostri hanno dato una dimostrazione di carattere e di serietà: per questo il
pareggio ci soddisfa. Con mezza squadra azzoppata e l’altra metà intimidita non si poteva fare di
più. Con quel sistema si distrugge non soltanto il gioco, ma anche le gambe ». « Il Milan però non
ha fatto una grande partita ».

« In casa non riusciamo ancora a trovare il filo ». « Si chiamerà Rivera questo filo? » « Lo

spero », ribatte mastro Gipo. Saluto e fuggo come un razzo: si è aperta finalmente la porta dei
torinesi. Rocco porge un sorriso ineffabile e regge con la destra un mazzo di gladioli rossi.
Speriamo che questa volta parli. Ma non c’è niente da fare: « Il Presidente mi ha pregato di non
rilasciare dichiarazioni. Xe tuto! ». Tentiamo la carta della provocazione: « Viani ha detto che la
partita è stata una caccia all’uomo rossonero ». « Dica a Gipo che non racconti storie. Mora,
Amarildo e Fortunato hanno fatto falli da codice penale. Non sono ebete e… nemmeno argentino,
sono soltanto mezzo slavo! ». « Mastro Gipo ha anche detto che voi distruggete e basta ». « Caro
signore noi distruggendo abbiamo costruito 5 palle gol; loro con il gran gioco hanno rimediato un
golletto fortunoso e Vieri si è preso soltanto… i reumatismi ». Qualcuno chiama paron Nereo.
« Spetta che vegno! » risponde e se ne va mangiandosi le unghie per il decreto catenaccio
impostogli da Pianelli. Un punto al Mago di Nervesa l’aveva pur portato via avrebbe preferito far
quattro « ciacole » sostanziose e meditabonde, magari in presenza di un buon bicchiere di merlot
rosso. Usciamo anche noi, tanto i giocatori se ne vanno alla spicciolata senza profferir verbo. Alla
fine del corridoio mastro Gipo sta chiudendo la porta per andarsene. Lo riprendiamo un secondo
« Rocco dice che i picchiatori torinesi non li ha visti e che… ». « Nella vita, l’ho sempre detto, ci
vuole coraggio! » ribatte Gipo spalancando le braccia. E se ne va.

La battaglia è finita, ma la grande guerra continua. Sul fronte Nevesa-Trieste l’artiglieria pesante

continua a sparare.