1965 Il fulmine di Jair
1965 (Supersport)
Spal – Inter: Il fulmine di Jair
FERRARA – Jair Da Costa ha segnato il primo gol del suo campionato strappando dagli occhi di
Helenio Herrera la rabbia di un pareggio che non gli piaceva e l’ansia del contropiede di Muzzio.
Jair Da Costa ha colpito secco, di sinistro, e dal limite dell’area ha quasi sfondato all’incrocio del
pali la rete di Cantagallo. Jair Da Costa ha segnato stupendamente, ma il gol è almeno al cinquanta
per cento in condominio con il mancino arrabbiato di Mario Corso che con uno slalom da biliardista
aveva seminato tre avversari e aveva scagliato una bomba quasi imprendibile: quasi, perchè la mano
di Cantagallo e il paio destro respingevano la palla proprio sul piede-gol del mulatto assetato di reti.
Era il 75′: il Mago balzava in piedi, urlando euforico come lo avevo visto soltanto ai gol
« mondiali ». Era l’urlo della liberazione dalla sofferenza, perchè l’Inter giocava praticamente senza
Suarez, impreciso, svagato e deconcentrato come non mai. Perchè soprattutto i boys di Paolo
Mazza, con uno schieramento a 5-3-2 e con un ritmo agonistico vertiginoso, non lasciavano respiro
alla difesa di Picchi e costringevano Sarti ad un paio di interventi allo spasimo dei quali uno
addirittura prodigioso su una girata di Muzzio. L’urlo di liberazione di Herrera, a «+ 1 » in… media
inglese, era giustificato.
Per troppo tempo il Mago era rimasto in silenzio. E impotente. La sua Inter non c’era. Non c’era
soprattutto Luis Suarez. A lui infatti bisogna risalire subito per capire la mancanza di lucidità, di
continuità e di ordine che la « prima » Inter (quella del primo tempo) ha accusato a tratti
pesantemente. Luis Suarez non riusciva a trovare la posizione e anche quando sembrava che fosse
al posto giusto, gli mancava irrimediabilmente la misura. Ricordo un liscio incredibile su un allungo
di Corso, ricordo un lancio da fermo che finisce inesorabilmente a lato. Mancanza di posizione e di
misura. Quando Suarez è Suarez il suo livello è di altissima levatura e l’Inter respira come sa. Con il
Suarez di Ferrara l’Inter non poteva respirare anche perché Mario Corso si è trovato solo alla regia.
Si è trovato solo… con Bedin. E’ passato del tempo prima che si saldasse la « diagonale veneta »,
prima che Corso (con Bedin) capisse che bisognava fare da soli, che lo spagnolo era in giornata
negativa e che il triangolo andava provato di un vertice. Quando Corso ha capito che doveva
scambiare solo con Bedin, l’Inter è stata migliore, l’Inter è andata in gol, l’Inter ha difeso tranquilla
la vittoria. E’ stato il momento in cui Corso ha distrutto il suo marcatore: Bagnoli.
Ci sono stati quarantacinque minuti persi per entrambe, per Inter e Spal, persi perché non hanno
portato nulla. Né gol, né grandissime occasioni, né gioco. Per l’Inter, soltanto un tiro di Bedin che
concludeva al quarto d’ora una azione Corso-Mazzola e sfiorata di venti centimetri il palo destro di
Cantagallo. Per la Spal, un « set-ball » e… mezzo nel giro di otto minuti caldi (fra il 17′ e il 26’):
sul piede di Innocenti che dal dischetto centrava Sarti piazzatissimo e sul cross da destra di Capello
che Sarti intercettava stupendamente a terra addosso al piede sinistro di Muzzio. Tutto qua e poco
gioco. La partita non si trascinava nella noia, anzi, c’era tensione tremenda in campo. I boys della
Spal si battevano fino all’impossibile: contrasti, tackle, entrate, interventi sull’uomo venivano
effettuati al limite della concentrazione agonistica. Su questo piano, un piano spigoloso, che solo un
arbitraggio da manuale ha mantenuto pulito fino alla fine, su questo piano l’Inter, soprattutto la
difesa, si e battuta con forza e con carattere. Ma il gioco non c’era. Né da una parte né dall’altra.
Oscar Massei da una parte e Luis Suarez dall’altra non riuscivano ad essere gli uomini-squadra.
Massei era marcato da Facchetti e cercava di smarcarsi retrocedendo continuamente, tanto che il
terzino-cannoniere di Herrera avrebbe potuto trovare proprio contro la Spal la via facile del gol.
Almeno come posizione. « Marcherai Massei? » chiesi a Facchetti un’ora prima della partita.
« Herrera non me l’ha ancora detto, ma credo che marcherò lui ». « Allora andrai sicuramente a
rete, no? » « Nei derby ho concluso cinque volte all’attacco: spero almeno di fare altrettanto ».
Facchetti era avanzatissimo, e per quasi tutti i novanta minuti ma non ho potuto (e in parte saputo)
concludere dato il ferreo e ordinato schieramento difensivo del Mazza Football Club. Non ha
concluso, ma ha mantenuto Massei « lontano ». Non l’ha annullato ma l’ha costretto al largo, l’ha
costretto a fare il regista arretratissimo. Massei insomma è servito molto alla Spal per difendersi, le
è servito poco per l’attacco. Quello della Spal era un 5-3-2; una disposizione che, infittendo fino
all’inverosimile il centrocampo, metteva ancora più in evidenza la vena scadente di Mazzola e
Domenghini abbandonati dal cervellissimo Suarez. Più Domenghini che Mazzola per la verità, tanto
che la quasi nulla penetrazione di Mazzola è spiegata a metà dal cieco e improduttivo vagare di
Domenghini che mai una volta è riuscito a cercare e a pescare Mazzola. Una partita probabilmente
segnata dallo zero a zero se l’Inter, oltre ad avere la carica agonistica (in difesa), non avesse avuto
Bedin che deve aver percorso seicento chilometri e la classe intelligente, matura di Mario Corso.
Gli orfani di Suarez
Questi due uomini hanno sbilanciato il pari dalla parte di Herrera. Questi due uomini hanno dato
a Jair la possibilità di confermare il gol (il primo!) lo splendido stato di forma, questi due uomini
hanno dato la vittoria all’Inter. La difesa ha mantenuto lo zero, Corso e Bedin hanno creato le
premesse del gol. Bedin ha controllato Capello, lo ha mollato, gli è girato attorno, lo ha salutato, se
n’è andato ridendo, leggero, imprendibile. Ha coperto tutti i ruoli e ha legato con Corso. Il veronese,
alla metà del secondo tempo, ha acceso i ceri attorno al cadavere di Bagnoli. Ripeto: nel secondo
tempo. Dopo aver retto da solo la baracca nerazzurra nel primo (quando Suarez non c’era e Bedin
era ancora troppo difensivo), dopo essere stato l’unico dell’attacco ad essere lucido e produttivo,
Mario Corso – alla faccia di chi crede nel dogma della sua discontinuità – ha capito. Ha capito che
la carica della Spal si stava spegnendo, ha capito soprattutto che Bagnoli non ce la faceva più e gli
stava morendo tra i piedi. L’azione del gol dimostra chiaramente che Corso è uscito alla distanza
con prepotenza e freschezza. Uno scatto lungo in dribbling prolungato, uno scatto dritto, arrabbiato,
verso la porta avversaria; un’ultima finta un metro dentro l’area e un tiro fortissimo. Palo e gol di
Jair. Ma già prima, su un’azione portata su da Bedin e Corso, era nata una variante sulla sinistra per
Mazzola che evitava il portiere e sbilanciato tirava piano: Colombo salvava sulla linea bianca. I
chilometri percorsi da Bedin con il sorriso sulle labbra, la maturità di Corso, vero e unico interno
dell’Inter anti-Spal, hanno dato al Mago i punti (anzi il punto) del concubinaggio col Napoli,
spezzando l’imbattibilità casalinga di Mazza.
Einstein si ribella
La partita di Corso è stata una partita nella partita. Un Bedin immenso gli ha dato cento mani
nella polemica a distanza con Fabbri: se avesse avuto anche Suarez sarebbe stata una guerra totale.
Una guerra che è cominciata « prima » della partita.
La licenza di… giocare a Bucarest per la Coppa dei Campioni lo aveva praticamente messo in
« crisi azzurra » a metà settimana. Sono stato testimone, giovedì scorso, del trauma psicologico che
ha colpito Corso. Lo incontrai a mezzogiorno e gli chiesi: « Allora, a Napoli? » « Penso proprio che
questa sia la volta buona! » « Questa o mai più? » « Quasi! Sto bene, sono in forma, quindi è
ridicolo che in campionato debba ancora pensare alla Scozia, dimostrare che sono capace di…
giocare a calcio! » « Farai una grande partita contro Law? » « Voglio fare la più bella partita della
mia carriera! Almeno tenterò di farla e se potessi anche dedicare un gol al pubblico napoletano e a
mio amico Sivori credo proprio che impazzirei dalla gioia! » Questo mi disse Corso a mezzogiorno.
Alla sera, verso le venti, lo vidi ancora: « E’ vero che Fabbri ti ha dato il permesso di andare a
Bucarest con l’Inter? » Tacque un momento. « L’ho saputo poco fa e giustamente qualcuno mi ha
fatto notare che il permesso equivale più o meno a una… dichiarazione tattica ». « Cioè? » « E’
come se fossi riserva! Potrei magari infortunarmi, no? » « Qualcuno sotto sotto lo spera! » « Non
farmi pensare: forse ho sbagliato a pensare con tanto accanimento alla maglia azzurra ». Mario
Corso è un sensitivo, ma è veneto, delle colline veronesi: non ama le reazioni plateali, le messe in
scena. Incassa, incassa e ricorda. Spedendolo a Bucarest, Fabbri ha fatto una favore (!) a Herrera,
ma rischia di perdere per sempre il fuoriclasse di Moratti: « E’ meglio – mi aveva confessato Corso
– che pensi soltanto all’Inter, a cominciare da domenica, a Ferrara. Alla Spal interessa infatti non
perdere, gioca chiusa e in Massei ha il suo Law! Proprio come se dovessi incontrare la Scozia! ».
Fabbri ultimo avviso
Fabbri è ancora in tempo per il « repêchage » più logico e producente dell’anno: per
informazioni recentissime rivolgersi a Bagnoli, forte, ma distrutto nel finale. Un Bagnoli che ci ha
ricordato tanto i Murdoch, gli Stevenson: i mediani della Scozia, insomma. Se « questo » Corso non
è giocatore « fondamentale », se per « questo » Corso non c’è un posto fisso in Nazionale, ha
ragione Antonioni: siamo in piena alienazione. Con e senza Monica Vitti! La guerra calda tra Don
Helenio e il Drago di Ferrara, oltre ai due punti all’Inter, ha detto anche questo, proprio nella
giornata in cui il cervello e i muscoli di Corso hanno dovuto funzionare senza l’appoggio
« mondiale » di Suarez. Alla fine Paolo Mazza, echeggiando i cori di « Ladri! Ladri! », ha urlato:
« Siamo noi i vincitori morali! » e non ha detto una bestemmia. Perché la Spal si è battuta allo
stremo e bene: Sarti, al 67’, è stato strepitoso ed ha preso, imbarcandosi all’indietro, una staffilata
da pochi metri di Muzzio che era quasi gol! Muzzio, il pavese di Landriano che Alberto Cambieri
scoprì alla Guinzanese, non ha più capelli: se li è strappati tutti quando ha visto la palla in corner.
Ma Sarti come ha detto Mazza con la lingua verde, « è dell’Inter! Come la… fortuna! ». Il Mago ha
sorriso e mentre scompariva nel pullman mi ha detto felice: « Yo lascio la vittoria moral, a me
tengo i due punti, el piede de Corso e Jair che ha vinto el complesso del gol! ».