1967 aprile 4-9 Montez a Vicenza
1967 aprile 4-9
Montez a Vicenza
Scrissi due mesi fa che la situazione del Vicenza era drammatica. E proprio un mese fa Sergio
Campana, che avevo incontrato a Bassano del Grappa, mi aveva detto: « Il Vicenza non esiste! ».
Non erano espressioni disfattistiche: la classifica è lampante: il Vicenza sta precipitando in serie B.
Ricordo che a Torino, Paolo Mazza, commissario della Spal mi disse un giorno: « Il calendario del
Brescia è proibitivo: sono quindi convinto che anche il Brescia possa venir coinvolto da un
momento all’altro in piena lotta per la retrocessione: ma quella che vedo in grave pericolo è il
Vicenza. Forse perchè è una squadra che da molti anni ha perso l’abitudine a questo genere di
lotte ». Il dito espertissimo di Paolo Mazza, si posò quel giorno sulla piaga numero uno, anche se
contingente, del Vicenza. Oggi, dopo la crudele pugnalata di Puja, il dramma è totale.
Le cause remote del rapido declino della squadra di Delio Giacometti sono molte e oramai note a
tutti. Prime fra tutte:
1) La cessione di Vinicio: al Vicenza sono venuti a mancare non solo venti gol matematici, ma
soprattutto (e questo è ancora più importante) l’uomo-guida. Assieme a Savoini, Luis Vinicio era
l’« autorità », in campo e fuori. Grande campione, riusciva a smorzare le ambizioncelle di molti e ad
imporre una disciplina ferrea con il personale esempio. La serietà della sua vita privata e l’impegno
esasperato in partita, costringevano tutti all’imitazione. La personalità di Vinicio era talmente
potente a Vicenza che nessuno aveva il coraggio di discutere ordini tattici o agonistici che il
« Leone » dava in campo. Perso l’uomo-gol e l’uomo-guida, il Vicenza non riuscì a sostituirlo in
qualche maniera. Anche perchè l’assenza di Vinicio venne resa drammatica della contemporanea
cessione di giocatori come Colausig e Tiberi.
2) Qui il Vicenza, commise errore grave di presunzione e di valutazione. Via Vinicio, credette di
poter rinunciare con il sorriso sulle labbra anche ad altri cardini della squadra. Via Colausig, via
Tiberi: via il centrocampo. Avrebbe dovuto sostituirlo Benaglia che però venne acquistato senza
sospettare che fosse un vero rottame, con le ossa rotte. Di lui non si hanno più notizie. Si tentò di
ricorrere al ripari tardi, motto tardi, con l’uomo non utilizzato da Helenio Herrera: Governato. Ma
« Il Vicenza » (ciononostante) « non esiste ». Non poteva esistere. Aldo Campatelli fu subito
bruciato da queste insufficienze congenite.
Queste le cause remote, di fondo, che hanno indebolito sul nascere il Vicenza di quest’anno. Ma
oggi come oggi, ora che la squadra non è più di Campatelli, ma già da un pezzo della matricola
Toni Pin; ora che le porte della B sono spalancate, quali sono le lacune immediate, i difetti gravi, le
mancanze?
1) Ci sono giocatori che, per un certo periodo, hanno condotto vita a dir poco disordinata.
Appartamentini, macchine, poker notturni, whisky: Pin è riuscito a stroncare l’andazzo, ma intanto
si sono perse occasioni e punti. E Pin è costretto a stare con il fucile spianato.
2) Ci sono giocatori (come Maraschi) nei quali la partenza del tiranno-Vinicio ha accentuato un
certo tono « guascone » di gioco: « fasso tutto mi », senza averne le possibilità.
3) C’è gente all’attacco che non si passa (volentieri) la palla: accadeva esasperatamente con il
« complessato » Ciccolo. Accade anche oggi.
4) C’è gente che combatte le proprie guerre personali: lo spirito del Zoppelletto, del De Marchi,
del Campana, del Savoini è perduto.
5) C’è gente che l’anno scorso lottava per il posto in squadra e che quest’anno si sente arrivata:
non ha più voglia di soffrire. Potrei fare nomi.
6) E c’è la paura, tanta paura, il terrore. Me lo hanno confessato tutti: dirigenti, allenatore,
soprattutto i giocatori. Quando prese in mano la squadra Pin, ci fu una serie di risultati positivi: tutti
si illusero. Il ragionamento fu: « allora la squadra c’è: ci salviamo quando vogliamo ». Poi ancora
zona retrocessione, ancora dramma, ancora paura. Ora la squadra ha i nervi a pezzi. Pin non ci
spiega perchè il Vicenza abbia perso punti e punti negli ultimi minuti di almeno quattro partite già
finite: è la paura. Di perdere, di retrocedere, di non farcela più. Paolo Mazza ha ragione: « Non sono
più abituati ad un certo genere di lotte! ». Lerici, Scopigno, Campatelli: non dimentichiamo che il
Vicenza è riuscito ad essere per anni squadra-modello fra le provinciali. Capace anche di risultati
tecnici strabilianti: compreso Vinicio… capocannoniere!
Ed ora? Che rimane da fare al presidente Delio Giacometti?
So che a Roma, molto tempo fa, in occasione della trasferta del Vicenza, qualcuno fece a
Giacometti il nome di Oscar Montez per tentare di risolvere la crisi. Forse influenzato dai ricordi
«padovani » di Montez (magari dal dirigente del Padova Chinea, con il quale Montez era venuto a
suo tempo ai ferri corti), Giacometti non accettò. Ma non è detto che, a questo punto, quando non
c’è più un minuto da perdere, Giacometti non si decida ad un passo che sembra di necessità vitale.
Mi spiego: non è che Toni Pin abbia colpe specifiche in questa situazione. Anzi: come matricola, ha
sostenuto il difficilissimo battesimo con grande dignità, con coraggio e bravura. Per lui la carriera è
ufficialmente iniziata. Ma Pin, a Vicenza, in questo momento, non è un uomo da « salvezza ». Ci
sono giocatori al quali dà del « tu » perchè giocavano con lui fino all’altro ieri; c’è un ambiente che
lo sente troppo di famiglia, di casa. In queste condizioni, forse servirebbe un personaggio che viene
da fuori; che raccoglie tutto quanto c’è da raccogliere, con disciplina fino alla ferocia, con
temperamento, con carattere che scuota e che riesca, rompendo il tono di un ambiente, a togliere di
dosso al Vicenza la paura. Toni Pin può restare, ma al suo fianco si sente l’esigenza di qualcuno che
riesca a impostare un clima di battaglia che lui il « casalingo », non può inventare a casa sua. Oscar
Montez (oppure Ettore Puricelli) potrebbe essere davvero l’uomo giusto. Montez che venne in Italia
nel 1961, a parte il rapido licenziamento mantovano, ha ottenuto ovunque risultati di un notevole
livello tecnico: in serie A fece 38 punti; con il Padova 45; con il Cosenza l’anno scorso, 49! E la
vittoria in campionato fu legata fino all’ultimo momento ad un giudizio della Lega. Montez, che
conosce motto bene il Vicenza, è un uomo di forte temperamento, combattivo. Sarebbe l’uomo
giusto. Dicono: sì, Montez vale come tecnico, però è troppo caliente, a volte esaspera un ambiente.
Molta acqua è passata sotto i ponti da allora: Montez ha capito. Ha capito l’Italia e soprattutto ha
capito di aver sbagliato a forzare i toni. In queste nuove e maturate condizioni psicologiche, credo
che il Vicenza non dovrebbe pentirsi di sceglierlo subito. Il discorso vale per Montez ed anche per
Ettore Puricelli. Dopo il blocco sugli allenatori stranieri, la posizione di Oscar Montez è stata
incerta. Ma Montez non è « straniero ». E’ oramai pienamente integrato. Dal 1961 non ha mai
abbandonato l’Italia. Ha famiglia e residenza in Italia. E’ più che mai uno dei « casi speciali » ai
quali aveva accennato, in occasione del blocco, il Presidente della FIGC Giuseppe Pasquale. « Io ho
sempre sperato, — mi ha confessato Montez — in una specie di caso di coscienza ». Se Giacometti
decidesse di sceglierlo subito, ci sono nove probabilità su dieci che la Federazione dia l’immediato
benestare (come to avrebbe dato alla Salernitana). Il pubblico vicentino ha oramai il nodo alla gola:
aspetta soltanto che Giacometti prenda misure estreme. Il Vicenza non può, non « deve» andare in
B.