1967 gennaio 9 15 La pazienza di Carraro
1967 gennaio 9-15 (Supersport)
La pazienza di Carraro
IL GHIACCIO DISTRUGGE SAN SIRO • PERCHE’ RIVERA SEGNA • ROSATO NON
FERMA NEMMENO COMBIN • IL DRAMMA DELLE TRASFERTE AVEVA AIUTATO IL
MILAN • AMARILDO E’ ANCORA ROSSONERO? • SILVESTRI E LE RISERVE • SORMANI
SI ALLENA MA IL FANTASMA DELL’ERNIA AL DISCO VOLA SU MILANELLO • LO
STRAPPO DI MORA • LA SPERANZA DI LODETTI NON E’ FOLLIA.
« Bisogna avere pazienza, tanta pazienza! ». Luigi Carraro scendeva dalla tribuna con lo sguardo
lontano. Diceva poche, pochissime cose. Si sentiva che era assente. Che il suo era un discorso non
immediato, ma retrospettivo e proiettato in avanti. La pazienza di Carraro è il volto di questo Milan
che ancora non è stato mai, profondamente, veramente se stesso. E’ la pazienza del neofita. Ed è per
questo che abbaglia, sorprende più di ogni altra. Il pareggio con un Torino affatto rinunciatario e
fragile, non è risultato tragico. E’ soltanto risultato « inopportuno ». Risultato che smorza, che
impallidisce, che frena. Perché è venuto nel momento psicologicamente sbagliato. Se il Milan
accarezzasse ancora calcoli di classifica, sarebbe fuori tono, fuori misura. Il Milan, alla fine del suo
campionato, deve avere un solo traguardo: il Milan.
Ritrovare un volto, una squadra, una personalità che, ancora quindici giorni fa, sembravano
perduti nella notte dei tempi. Concedere un punto a Nereo Rocco, prima della partita con il
Bologna, significa appunto soltanto questo: aver perso ancora una domenica alla ricostruzione della
identità del Milan. Sembrava che in sette giorni di rabbia a lungo repressa, il Milan avesse
cancellato tutto della sua crisi. L’altra settimana aveva davanti a sé tre trasferte consecutive,
proibitive a Torino contro la Juventus lanciatissima di Heriberto: il mercoledì a Ferrara contro la
Spal in un ricupero « difficile »; tre giorni dopo, a Roma, in casa dell’euforico e caricatissimo
Oronzo Pugliese.
Dati i precedenti, il Milan, avrebbe potuto, alla fine della settimana, trovarsi tranquillamente a
contatto di gomito con il Foggia. Ma in quella settimana, smentendo tutti i pronostici e tutte le
previsioni, il Milan ricuperò. Fece quattro punti, finendo la partita contro la Roma in nove uomini.
La crisi aveva accusato un antidoto violentissimo e positivo. Ma non definitivo. Non bastano infatti
sette giorni per cancellare mesi di sbandamento incolore. E il Torino, per un giorno capace di
sfruttare fino in fondo le sue modeste possibilità, ha preso a San Siro il minimo che potesse
prendersi. Perchè, se è vero che per tutto il secondo tempo, a pareggio raggiunto al quarantesimo
dallo splendido Rivera, il Milan ha imposto il suo forcing, è pur vero che la compostezza difensiva
del Torino lo ha contenuto senza eccessiva difficoltà, non solo, ma ha permesso agli attaccanti di
Rocco di sfruttare fino in fondo il contropiede. Se il Milan non ha perduto, la ragione c’è: un
pallonetto sciaguratamente alzato troppo sopra Barluzzi dall’esordiente trevigiano Varnier e un tiro
di Meroni che era difficile calciare… fuori. Per questo il Milan non ha perduto, e per… Rivera.
« E’ ammirevole fino in fondo! », ha detto Carraro di Rivera. Lo diceva con tale trasporto che
sembrava un’ammirazione intinta nella polemica, nella recriminazione. Per quello che gli altri non
danno nella stessa misura: « Rivera è l’uomo più di classe e nessuno chiede agli altri uguale classe:
io parlo d’impegno. Anche su questo piano è il rimo è qualche volta non imitato ». E’ davvero
impressionante questo Rivera ricostruito, ritrovato meglio, più forte, più sicuro, più produttivo di
prima. Il merito deve anche essere di Silvestri. Non so in che misura, perchè una grossa componente
di questo ritrovamento psico-fisico risale sicuramente ai mondiali. Dopo Londra Gianni Rivera, in
un certo senso, era diventato « uno qualunque ». Uno del naufragio; un generico. Lo choc, per lui
soprattutto, deve essere stato incisivo. Ma gli è servito, più che a chiunque altro. Ricominciando da
zero ha ritrovato più in fretta tutto il meglio di se stesso. Tutto ciò che un’incrostazione tattico-
pubblicitaria gli aveva tolto mischiandolo con divismo, fabbrismo e una certa aria almeno
apparentemente presuntuosa. Oggi Rivera non è più un argomento polemico: è ritornato giocatore,
restituito a tutta la sua grande personalità. Ha già fatto sette gol. E’ quarto ex aequo nella classifica
cannonieri. Non sono favole, è realtà. Ricordate i tempi in cui era luogo comune chiedersi:
« Quando segnerà un gol Rivera? ». Quello che succede oggi con… Meroni. Ho chiesto a Rivera
come spiega questa esplosione. « E’ vero che vuol vincere la classifica cannonieri? ». « Con quei
due, là davanti, che segnano ogni domenica, sarebbe impossibile. E poi non ci penso, anche se
segnare mi procura una soddisfazione enorme ». « C’è una ragione tattica a questi gol in più sullo
standard? ». « In parte sì: gioco più avanzato, con una maggiore libertà: ho insomma più occasioni
per trovarmi in zona-gol. Ma questo è solo un motivo e, a mio parere, non il più importante. Credo
che i gol in più siano frutto di una maggiore sicurezza, di una maggiore serenità e freschezza.
Quando ho la palla a portata di piede non ci penso su due volte: tiro e aspetto. Questo, una volta,
non mi succedeva: c’era sempre qualche cosa che mi frenava ». Psicologicamente Rivera è
« pulito »: tutto gli riesce facile anche in condizioni difficili. Difficilissime come quelle di
domenica, su un terreno ghiacciato (soprattutto l’area Sud di San Siro) che costringeva a planate
incredibili: « E’ il peggior campo che ci sia in Italia – ha commentato Rivera — e domenica, contro
il Bologna, sarà la stessa storia. Con un terreno del genere, qualsiasi partita può aver falsato il
risultato ». Terreno a parte (« E’ una battaglia senza speranza — ha detto Franco Carraro — perchè
la zona è impregnata d’acqua: non c’è niente da fare »), l’obbiettivo del Milan è già spostato sul
Bologna. Lodetti ha sussurrato ieri: « Io sono convinto che ci serva proprio un’altra partita difficile
per riprendere tutto quello che non siamo riusciti ad avere dal Torino! ». La speranza di Lodetti non
è follia, se non altro perchè il Bologna, a sei punti dall’Inter, deve essere oramai ai limiti dello choc.
Ma l’ottimismo non è giustificato da ragioni « interne ».
I problemi di Silvestri sono più di uno. 1) La tensione drammatica delle trasferte aveva aiutato il
Milan, dandogli la netta sensazione del « fondo » e l’orgoglio di risalire. Ritornare a giocare in casa,
in condizioni ambientali e di serenità migliori, potrebbe essere insidioso anche contro il Bologna:
non avendo ancora ritrovato se stesso, il Milan ha bisogno di dramma per esaltarsi. Incredibile ma, a
mio parere, vero. 2) La crisi di Rosato è tutt’altro che superata. Contro Combin ha tirato per la
maglia, fermato la palla con le mani, scalciato a vuoto: e non lo ha fermato affatto. Che cosa farà
con Nielsen o con Haller (!). 3) Amarildo, il simpatico garoto è rattrappito dal freddo e non solo da
quello. A volte sembra tanto avulso dalla squadra, distratto e disinteressato che vien da chiedersi se
sia ancora del… Milan. 4) Il problema-Amarildo è aggravato dal fatto che Sormani continua ad
allenarsi, ma non a guarire. Ho chiesto a Tresoldi di confermare o meno le voci sempre più
insistenti di un’ernia al disco: « E’ nelle mani di due specialisti », ha risposto. Più passa il tempo e
più il pessimismo cala attorno allo sfortunato brasiliano. 5) Lo strappo di Mora (gamba sinistra) non
è proprio molto profondo, ma è assai pericoloso. Dovrà restare ancora a riposo. 6) Silvestri avrà
Noletti al quale è stata tolta la giornata di squalifica. Silvestri respirerà almeno con Noletti, perchè a
riserve, il Milan, non è che stia male, teoricamente, ma è un fatto che, chiamate in prima squadra,
fanno pena (leggi Innocenti, Fortunato ecc.). Questi sono i problemi di Silvestri. Il Bologna in crisi
è avversario da prendere con le pinze. Il Milan comunque ha una impagabile fortuna: la pazienza di
Carraro veglia su di lui. Con i tempi che corrono, è un privilegio raro.