1969 dicembre 1 I troppi errori del Verona puniti da un brutto Cagliari all’85
1969 dicembre 1 (Il Gazzettino)
I troppi errori del Verona puniti da un brutto Cagliari all’85
Verona – Cagliari 1-1
MARCATORI: 1.t.: 21′ Domenghini (C) aut.; 2.t.: 40′ Greatti (C).
VERONA: Pizzaballa, Ripari, Sirena, Ferrari, Batistoni, Stenti, D’Amato, Maddè, Clerici, Orazi,
CAGLIARI: Albertosi, Martiradonna, Zignoli, Poli, Nicolai, Tomasini, Domenghi, Nenè, Gori,
Bui (13. Toro).
Greatti, Brugnera (13. Mancin).
ARBITRO: Lattanzi.
NOTE: Fondo pesante, ma non proibitivo. Giornata fredda. Ammoniti Poli, D’Amato e Clerici
(quest’ultimo per simulazione proprio mentre Nenè gli stava chiedendo scusa per un intervento
falloso! Lattanzi non era in forma, chiaro). Spettatori paganti 13.635 per un incasso di milioni
25.001.700. Sorteggio antidoping negativo.
(DAL NOSTRO INVIATO)
Verona, 30 novembre
Mancano esattamente cinque minuti alla fine della partita. Il Verona si sta « mangiando », una
dietro l’altra, almeno quattro palle-gol, più difficile sbagliare che segnare. Scopigno, giaccone di
pelle tinta foglie d’autunno, ha la faccia rossa, in panchina: il Cagliari da scudetto sta perdendo uno
a zero e il fantasma di Gigi Riva, della sua gamba ingessata, allunga una ombra lugubre. In tribuna
Andrea Arrica, vicepresidente sardo, fuma l’ultima di trenta sigarette. Il match sembra chiuso. Ma
Annibale Frossi, ieri allenatore, oggi giornalista, sussurra con la vocina di sempre: « State attenti,
Scopigno è fortunato! ».
Non c’è tempo per sorridere: Domenghini, con il destro mezzo zoppo, batte un corner. Pizzaballa
salta alto, su un mucchio di sei-sette giocatori; sembra avere intercettato giusto, ma sul contraccolpo
(lui parla di carica, Nenè dice di avergli rubato la palla di testa) perde il controllo; palla alla destra,
per Greatti smarcato, che sistema un sinistro agevole, in porta.
Solo adesso il match è chiuso, uno a uno. Scopigno riprende la cera normale, Arrica comincia a
passeggiare come un ossesso; e Frossi chiede: « Avevo ragione o no? ».
Il pubblico, fuori dello stadio, circonda il pullman del Cagliari e ritma un tam-tam secco:
« Ladri! Ladri! ». Scopigno pensa ad una cosa soltanto: alla media inglese rispettata e ai risultati
degli altri: « Mi stanno bene tutti, soprattutto quello della Fiorentina. Che l’Inter vinca in casa,
contro la Lazio, è normale ».
A Verona si sono viste non una, ma due partite, nettamente distinte, nemmeno parenti: cioè il
primo e il secondo tempo. Raramente mi è capitato di controllare uno stacco tanto sostanzioso. Il
Verona non aveva Mascetti; al Cagliari mancavano Cera (facciamo pari, come incidenza, con
Mascetti) e Riva. E qui su Riva, il pari non lo potrai mai fare, con nessuna sostituzione.
Se n’è accorto pure Scopigno, fino a sabato propenso a scegliere l’ala pura Nastasio e, poi,
ripiegato, invece, su una formazione di tutte mezze-punte: Greatti è, infatti, centrocampista nato,
Gori mezz’ala, non centravanti, Domenghini un’ala da retrovie e contropiede. Nenè quasi un
mediano, Brugnera un jolly a tutto campo.
In queste condizioni tattiche, era inevitabile che ne uscisse una partita « di centrocampo » con
spazi fitti, intasati, ragnatele mastodontiche. Mai azioni verticali, con aperture larghe.
Il Verona era l’antitesi netta del modulo-Scopigno: Lucchi, infatti, aveva schierato tre punte
autentiche e il mediano Ferrari, dovendo controllare l’arretratissimo Nenè, finiva con l’essere ciò
che abitualmente è: mezz’ala, con rapide conversioni offensive. E’ stata, però, la ragnatela ossessiva
del Cagliari a condizionare il Verona, non viceversa. Ne è uscito un primo tempo brutto, noioso,
confusionario, con pacchetti di giocatori che sembravano concentrati sulla mischia e basta. Il
Verona non sembrava il «grande Verona» reclamizzato, poi, con affetto, negli spogliatoi da Garonzi
e Di Brino; il Cagliari era la copia incolore della squadra che sta tentando il primo scudetto non
continentale del calcio italiano.
Nessuno dei due portieri toccò mai palla; nessuna vera conclusione. Il gol poteva uscire soltanto
dal caso, dall’incidente grossolano.
E infatti fu così, con logica ferrea: un’autorete di Domenghini, dopo ventun minuti. Martiradonna
aveva agganciato Clerici mezzo metro entro l’area di rigore. Lo arbitro Lattanzi (un tipo dall’aspetto
autoritario, ma in realtà molle, contraddittorio, poco preciso) retrocesse il calcio di punizione al
limite. Barriera di tre giocatori, calcia D’Amato, basso e tagliato verso Domenghini e Bui, a non più
di quattro metri dalla linea di porta. Domenghini blocca di spalle Bui, ma, allargandosi in spaccata
per tentare di mettere in corner, tocca di mezza punta, invece che di interno, e devia netto in porta,
vicino al palo destro di Albertosi, choccato.
Molti avevano visto il gol di Bui. Lo stesso Garonzi, nello spogliatoio, tentò di convincere Bui
che il gol era… suo! Ma Bui, con la consueta signorilità, ha tagliato corto: « Io la palla non la ho
nemmeno toccata! », confermando in pieno l’autorete, nonostante che la moviola in Tv abbia quasi
offerto la sensazione che prima del tocco finale di Domenghini lo stesso Bui avesse a sua volta
toccato la palla. Ma evidentemente si è trattato di una falsa sensazione ottica.
Nel secondo tempo è cambiato tutto. Il Cagliari non poteva mica star lì a difendere la sconfitta.
Pur in totale disordine, con Domenghini, Poli e Brugnera che interferivano in zona, ammazzando
ogni geometria, la squadra allungò le distanze cercando il pareggio. A questo punto è uscito il
« grande Verona ». Disimpegni rapidi, slancio, spazi larghi, contropiedi esaltanti.
Al 12′, 27′ e 28′, Clerici, smarcato stupendamente prima da D’Amato, poi da Sirena, infine da
Orazi, sbagliava tre clamorose palle-gol facili facili (una soltanto veniva deviata da Albertosi). E al
38′ su errore di tocco di Zignoli, D’Amato metteva sul piede di Bui una palla che l’anno scorso Bui
non avrebbe sbagliato nemmeno per scommessa.
E’ vero che il Cagliari (al 16′) aveva colpito in pieno una traversa, con Pizzaballa in ritardo, ma
per tutta la ripresa era stato proprio il Verona a giocare, a impostare, a controllare con rabbiosa
pericolosità la partita. Nemmeno Scopigno avrebbe impegnato qualche lira sul pareggio. Anche
perché, quando manca Riva, il despota, tutti gli attaccanti del Cagliari si sentono « personalmente »
chiamati a sostituire Riva, a non farlo rimpiangere, a segnare ugualmente. Raramente scambiano,
dialogano; quasi sempre partono in lunghi, problematici dribbling che cessano all’ultimo difensore.
E, quando dettano il passaggio, lo fanno tardi, proprio perché non intravvedono altre possibilità
personali.
Se il Cagliari ha pareggiato deve ringraziare più che Greatti, il Verona, con i suoi errori di
conclusione, subito pagati. Quando si sprecano tante palle-gol quasi sempre finisce così. Se non
peggio: e infatti, negli ultimi quattro minuti, chi ha avuto paura, ma paura grossa, autentica, di
perdere, è stato Pizzaballa, non Albertosi. E’ stato Di Brino, pallido in tribuna, accanto ad Arnica
sempre più rilassato ed euforico mano mano che gli ultimi secondi del match se ne andavano.