1969 febbraio 19 Codice penale giudice sportivo e teppismo

1969 febbraio 19 (Il Gazzettino)

Codice penale giudice sportivo e teppismo

Bisogna leggere con urgenza il Codice penale:

— art. 581: « chiunque percuote taluno (…) è punito, a querela della persona offesa, con la

reclusione fino a 6 mesi, o con la multa fino a lire 120.000 ».

— art. 582: « chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale deriva una malattia o

nel corpo o nella mente (anche di pochi giorni, n.d.r.), è punito con la reclusione da 3 mesi a 3
anni ».

— art. 594: « chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente, è punito con la

reclusione fino a 6 mesi, o con la multa fino a lire 200.000 ».

— art. 635: « chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili cose
mobili o immobili altrui, è punito, a querela della parte offesa, con la reclusione fino ad un anno o
con la multa fino a 120.000 lire. La pena è della reclusione da 6 mesi a 3 anni e si procede d’ufficio,
se il fatto è commesso (…) su edifici pubblici o destinati ad uso pubblico… ».

Dunque, il Codice penale prevede mesi e anni di reclusione per questi reati: percosse, lesioni,
ingiurie, danneggiamenti del patrimonio. Tutti reati che accadono oramai con « normalità » sui
campi di calcio. Poniamo al pubblico una domanda: è onesto scandalizzarsi quando il Giudice
sportivo squalifica giuocatori o campo? Rispondiamo no. E speriamo che l’avvocato Barbè cancelli
dalle sue valutazioni qualsiasi « attenuante »; che usi la parte di potere discrezionale per colpire
sempre più duramente, giuocatori e teppisti. Occorre far perdere il vizio di rovinare le partite.
L’indulgenza, non la severità, è dannosa ora che il clima di violenza e di intimidazione si allarga a
macchia d’olio. Prima Bergamo. Immediatamente dopo, Torino e Milano.

E citiamo soltanto i casi più corposi. Ma su tutti i campi, grandi e piccoli, al Nord e al Sud,
l’isteria o la malafede di una minoranza sta rendendo irrespirabile l’atmosfera del più popolare degli
sport.

Le Società sperano sempre nel servizio d’ordine, ma questo si limita a fare scudo passivo:
raramente la polizia ha le « possibilità » di prendere l’iniziativa denunciando, nome e cognome, chi
si barrica dietro l’anonimato teppistico-sportivo. Il mondo del calcio è quindi costretto a tentare di
curare con i propri mezzi l’azione di grave disturbo di una minoranza. Come? 1. applicando con
rigore assoluto il massimo delle pene e, se il massimo è debole, modificando il codice calcistico; 2.
sensibilizzando il pubblico, la grande maggioranza, quella che paga il biglietto e tifa civilmente,
perchè difenda il diritto a non essere privata dello spettacolo da incidenti e squalifiche del campo. In
prima linea per questa specie di « servizio d’ordine interno » dovrebbero essere i Clubs di tifosi,
quasi sempre finanziati dalle Società.

Nel comunicato n. 26 (13 febbraio scorso) del Comitato Regionale Veneto, che riporta le
delibere del Giudice sportivo, abbiamo letto una sentenza contro una squadra di Seconda Categoria
della provincia di Treviso. La motivazione diceva fra l’altro: « l’arbitro veniva spinto (dai
giuocatori. n.d.r.) verso la recinzione del campo dove veniva colpito da parte del pubblico, con
calci, pugni alla testa e ricoperto di sputi »… « durante i fatti suddetti all’arbitro veniva strappata la
camicia, la maglietta, il giubbetto ed inoltre venivano a mancargli la catenina d’oro e l’orologio
cronometro da taschino ». Al termine della partita, l’arbitro « usciva dallo spogliatoio, veniva
aggredito da una trentina di persone.., e nuovamente colpito con calci e zolle di terra ». Sapete qual

è stata la delibera del Giudice Veneto, per la parte riguardante il pubblico? Due, e sottolineiamo
due, giornate di squalifica al campo!!! Letta la motivazione, un anno ci sarebbe parso poco.

No, signori: è proprio con punizioni durissime che si può ottenere la reazione del pubblico
entusiasta ma civile contro il teppista in pianta stabile. Sennò, la gente che ragiona non avrà « argo-
menti ».