1969 luglio 11 Altafini è sempre più forte
1969 luglio 11 (Il Gazzettino)
Pesaola aspirante mago
(70 milioni di ingaggio + 20 di premio)
Altafini è sempre più forte
Combin vale tre giocatori
(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)
Milano, 10 luglio
Per San Tommaso d’Aquino la magia è possibile, ma solo con l’aiuto dei dèmoni; non è dunque
miracolosa e non proviene dall’aiuto delle stelle. Il calcio italiano ha un Mago ufficiale, Helenio
Herrera. Che « l’andaluso da cento milioni », fiero come un espada, rechi un segno demoniaco (nei
capelli a ondulazioni secche, nel monologo asciutto, nell’amore per il polemico) corrisponde ormai
perfettamente al ritratto letterario del personaggio. Ma il calcio italiano propone oggi un aspirante-
mago; un tecnico che ha fatto di questa irrazionale magia-1969, pagata a decine di milioni, il nuovo
terminal professionale: Bruno Pesaola, anni quarantatré, argentino di nascita, nato da genitori
marchigiani (Macerata).
Contende a Fabbri Edmondo il primato della statura più bassa. Porta una faccia a nespola;
sopracciglia larghe; occhiaie di carbone; settanta sigarette al giorno; sorriso a ventaglio tutto aperto;
pelle scura. Dopo Helenio, è il tecnico che costa di più. Lasciò a Napoli (« terra di baluba,
tatticamente parlando », come lui sostiene, un secondo posto finale in classifica. Ha riportato a
Firenze le giornate radiose della gestione-Bernardini.
Baglini, il suo presidente toscano (industriale degli inchiostri da stampa, sede a Milano), ha
l’hobby di capire il calcio; crede e spiega come un allenatore conti nel rendimento di una squadra; si
è sempre piccato di essere il più grande affarista del Gallia hotel. Un mese fa, al ristorante, diceva:
« Se Pesaola vuole andarsene, se ne vada. Ne troverò un altro ». Solo che, per tenere Pesaola a
Firenze, fece alla fine un paio di cose importanti: 1) pagò al Napoli l’anticipo di trenta milioni che il
Napoli aveva versato a Pesaola; 2) minacciò Pesaola, dopo una specie di gentlemen’s agreement con
lui, di denuncia (e squalifica) se avesse accettato le appiccicose offerte dell’Inter.
— Il clima di propaganda è finito: dimmi perchè hai vinto lo scudetto.
« Squadra regolare, — spiega Pesaola — non si è mai imbastita psichicamente. Non avevamo
responsabilità, perchè il traguardo non era lo scudetto ».
— In che senso non lo era?
« Un programma solo dignitoso. La Fiorentina infatti aveva venduto Brugnera, Albertosi,
Bertini! L’ambiente era deluso ».
— Però hai lavorato in pace. Differenza con Napoli?
« A Napoli… fa sempre caldo, ambiente passionale, e tutte le passioni ti fanno perdere
l’equilibrio. Il pubblico di Firenze è maturo; ha cominciato a veder vincere, vincere… Per un anno la
città ci ha seguiti, anche fuori casa, come per vedere che cosa stava succedendo: ma ha sempre
tenuto i piedi per terra, capisci? ».
— Gli arbitri ti hanno dato una mano? Qualcuno diceva: Franchi, presidente federale, è anche lui
di Firenze, da sempre buon amico, anche se discreto, della Fiorentina: qualche arbitro non avrà
avvertito inconscia sudditanza federale?
« Di chi vince si è sempre detto questo! Ricordi? Il Milan, l’Inter, l’anno prossimo di chi vincerà.
Nel caso poi nostro tanto stampa che pubblico hanno riconosciuto che la Fiorentina giocava il
miglior football ».
— Sarà dura tentare il bis?
« Molto dura. Non ti puoi più mimetizzare e tutte le squadre ti vogliono battere perché sei
campione ».
esperienza, maturità?
fatto nessuno sforzo ».
— Sei uscito dalla cornice napoletana. Vincendo hai choccato; prima eri sottovalutato. Cos’è,
« Dicono che sono uno psicologo, un diplomatico: ma mi sembra tutto naturale, innato. Non ho
— Parli come Merckx! Hai detto psicologo eccetera, però nessuno ha sottolineato in rosso la
parola preparazione. Io ho osservato che da anni le tue squadre tengono ritmo distribuito, senza
crolli: sei un mestierante o studi qualcosa?
« Esperienza personale, lunga, come giocatore. Ma ho cercato di migliorarla assimilando
un’infinità di trattati. L’hai detto tu, ed è esatto: da sette-otto anni i miei giocatori conoscono
rarissimamente strappi e stiramenti; e la squadra finisce sempre in crescendo ».
— La medicina sportiva è un mistero per te?
« Sei matto? Qualunque movimento che faccio fare, so perchè va fatto, so quale muscolo fa
lavorare ».
— Ti senti italiano?
« Sempre, fin dal primo giorno che venni in Italia. E poi sono figlio di italiani »
— Sicché la definizione di allenatore straniero non la accetti?
« Nel modo più assoluto ».
— Eppure, anche se a Napoli, nonostante le quattro punte, passavi per difensivista, le tue
squadre recano un segno tattico personale: è lì che ricompare la tua nascita argentina, non credi?
« Ho potuto contare su un vantaggio: la fortuna di aver vissuto in Sudamerica all’epoca d’oro del
calcio più favoloso del mondo, quella dei Pedernera, Della Mata, Martino, Henrico. Quando poi
sono venuto in Italia, nel 1947, si giocava il metodo. C’è in me la traccia di tutta una evoluzione dei
gioco, ed ho conservato nel palato il gusto delle partite giocate bene ».
— Ma tatticamente ti senti inventore di qualcosa?
« Lo sai, perchè me lo chiedi? Credo di aver creato qualcosa: quando si parlava di
fluidificazione, di libero mobile, io ce l’avevo già: Ronzon. E sono stato uno degli artefici delle
quattro punte in casa ».
— Credi di possedere sufficiente esperienza per la Coppa Campioni?
« Tre Coppe fiere e una Coppa coppe ».
— Solo la Coppa campioni ha grandissimo prestigio: che effetto ti fa?
« Mi entusiasma, mi esalta. Anche per questo sono rimasto alla Fiorentina ».
— Sì, ma la Fiorentina è matura?
«E’ un’incognita. Perciò accettai la tournée in America: incontrammo due squadroni come
Rangers e Tottenham, vincendo la Coppa Toronto. Perciò anche ci credo. Certo che la squadra non
ha l’esperienza del Milan ».
— A proposito del Milan, è vero che non leghi molto con Nereo Rocco?
« Ci siamo appena salutati! ».
— Ci credo! Ma proprio ieri mi diceva di te che hai « fatto l’argentino » durante il campionato.
« Vinsero a Pisa con un autogol, dissi che era stato fortunato. Mi è dispiaciuto che se la sia presa,
ma era una cosa da nulla. Io di Rocco ho grande stima e credo anche di avere qualcosa in comune
con lui, sul piano dei rapporti umani con i giocatori ».
— Qui al Gallia nessuno ha tentato di farti fesso commercialmente parlando?
« Il Cagliari voleva che prendessi Hitchens! Trentasei anni e in più l’interprete! ».
Reif: Boninsegna trema
— Perchè ti piace tanto Josè Altafini?
« Per la Coppa Campioni e perchè e sempre il più grande centravanti del mondo. A Napoli non
rende, e perciò il pubblico ha un po’ mollato, perchè Josè è un tipo particolare, bisogna vedere con
chi lavora: se non lo sai trattare, si smonta ».
— Ferlaino, per non dartelo, chissà cosa avrebbe fatto.
« Chiaro: ha una gran paura che con me ritorni ciò che vale. Il pubblico lo impiccherebbe ».
— Perchè hai acquistato Longoni?
« Quest’anno a Firenze avremo squadre tutte chiuse, senza un’ala: avevo bisogno di un nuovo
modulo, un terzino che sappia salire e crossare per Amarildo. Longoni l’avevo chiesto anche quando
stavo al Napoli ».
— Secondo te, chi ha fatto l’affare nello scambio Boninsegna per Domenghini, Gori, Poli e
milioni?
« Tutti e due. L’Inter aveva bisogno di un centravanti da affiancare a Mazzola, e l’ha avuto. Il
Cagliari avrà Riva e Domenghini, le due è un ottimo elemento e Poli, Scopigno lo conosce molto
bene, vale ».
— Giudica Combin al Milan.
« E’ come se il Milan avesse comperato tre giocatori! Combin, di per se stesso, perchè è un
grandissimo giocatore; e Sormani-Prati che, con maggiore libertà di marcatura, aumenteranno tutti e
due il rendimento ».
— Che ne pensi di Vieri, quota 800 milioni alla Juve?
« Uno dei più forti giocatori degli ultimi anni. E non credo che sia solo rifinitore: può fare anche
il centrocampista puro ».
— Dammi un oroscopo per Reif.
« Possibilità enormi! Sul serio. E’ la spalla ideale per Mazzola che ha sempre sognato un altro
sfondatore come Milani, Cappellini, Hitchens, gente che va dentro. Forse l’Inter ha pensato che non
sia ancora maturo per sostenere il ruolo: ma alla fine ci potrebbe essere una sorpresa: lui la vera
spalla di Mazzola al posto di Boninsegna! ».
— A proposito di spalle, un’ultima domanda, ma cerca di essere il più possibile sincero: è vero
che tu e Babasta?
« Si parla, si dice, leggo un sacco di cose. Guarda, scontri con lui non ne ho mai; non mi ha mai
chiesto la formazione; io non sopporto interferenze. E’ accaduto invece qualcosa di paradossale: lui
compera Stanziai e io non lo faccio mai giocare; vede Merco mediano e io lo ritengo e lo faccio
giocare mezzala; vede Rizzo mezzala e io lo sistemo all’ala; Chiarugi è definito il suo pupillo e lo
lascio fuori mezzo campionato. Sembrava proprio che gli facessi i dispetti! Ma i risultati mi hanno
dato ragione ».
Una ragione pagata con un assegno di 150 milioni! Venti milioni di premio-scudetto a Pesaola
Bruno e 130 divisi tra una rosa di diciotto giocatori. Se questa non è « magia demoniaca », allora
San Tommaso non ha capito nulla.