1969 maggio 28 Soltanto tre i superstiti di Wembley
1969 maggio 2 – Soltanto tre i superstiti di Wembley
La continuità di uno stile garantita da Rivera Trapattoni e Rocco
Ricordo di Viani – Incassi sicuri – Stacco tecnico con gli olandesi
Wembley 1963, Madrid 1969: sei anni dopo il Milan torna “europeo”? Per il club
di Franco Carraro non è obbiettivo di prestigio e basta. Battere stasera i «semipro»
dell’Ajax significa «restare nel giro» ad alto livello. Significa mimetizzare i grossi
errori d’impostazione (campagna acquisti) che stanno alla radice dello scudetto
perduto. Significa una terza stagione consecutiva attiva in bilancio: gli incassi di
Coppa-campioni sono infatti incassi sicuri, sempre a livello record, fatti apposta
per coprire gli altissimi costi di gestione di una Società di calcio.
In sei anni, il Milan ha cambiato pelle: i «superstiti» di Wembley, i personaggi che
garantiscono la continuità di «stile» sono Rivera, Trapattoni e Nereo Rocco. Il
primo era allora soltanto il «golden boy»: oggi la crisalide si è fatta farfalla, il
ragazzo d’oro è regista maturo, personaggio senza frontiere. Il Trap nobilitava in
eleganza e costruzione il ruolo di mediano, prima di assorbire una lenta discesa
nello standard. E Rocco? Il Pàron si portava addosso il marchio «padovano», di
stretto provincialismo, privo ancora della furbesca routine milanese. Allora Rocco
era il «braccio» di Gipo Viani, l’insuperabile cervellissimo del calcio italiano. E
non a caso, in quel favoloso pomeriggio londinese, la mossa-chiave per battere il
Benfica, fu una scelta tattica del Gipo: Pivatelli riesumato per «marcare» (in tutti i
sensi…) Coluna, il giocatore più determinante.
Sei anni nel calcio sono un secolo: il «vianema» è sepolto nell’evoluzione
catenacciara che non è solo del Milan, ma di tutti i nostri Club. Persino i valori
europei hanno cambiato connotati: Benfica, Real, Inter, squadre che hanno fatto
testo, legando le proprie performance alla «storia» del football, hanno dato forfait.
Ognuna per ragioni particolari, ma tutte riassumibili allo stesso comun
denominatore: l’usura del tempo, l’assuefazione agli assi, il decadimento che sta
legato ad ogni fatto umano, ma con estrema rapidità, ad ogni fatto sportivo.
Il limite tecnico-ambientale della finalissima di Madrid sta nell’avversario del
Milan: l’Ajax, per quanto in forma possa trovarsi oggi, è squadra estemporanea,
che non lascerà traccia, né «farà scuola». Che il Milan sia questa sera Campione
d’Europa ’69 è perciò non solo esigenza collettiva degli sportivi italiani, ma anche
speranza di una esatta «selezione» tecnica.
G.L.