1969 novembre 4 All’ombra di Riva azzurri senza paura

1969 novembre 4 (Il Gazzettino)

All’ombra di Riva azzurri senza paura
CERA: un’occasione perduta – Valcareggi: parlare più chiaro – Galles: giocatori contati –
Paura: il tarlo di sempre – Albertosi: atto di coraggio

(DAL NOSTRO INVIATO)
Roma, 3 novembre
Mandelli e Valcareggi hanno sempre sostenuto che la nazionale nasce fedele a due criteri: uno
disciplina interna, due forma fisica. Il primo criterio ha rischiato pochi giorni fa un duro attentato
quando Riva, per uno stiramento muscolare si sottrasse alla visita fiscale e obbligatoria di
Coverciano dribblando il raduno collegiale. Riva espresse un sacco di ragioni valide e, fra l’altro,
curandosi intensamente a Cagliari, risolse in anticipo proprio i problemi di Valcareggi oltre che di
Scopigno. L’episodio fu insabbiato con molta « realpolitik », lasciando però grondante un
interrogativo di costume: fosse toccato ad altri, diciamo a Puja invece che a Riva, quale la reazione
ufficiale? Abbozzo ipotesi facile: depennamento dall’elenco dei diciotto.

Sarebbe d’altra parte estremamente ingiusto e inesatto negare che, sul piano disciplinare, il clan
della nazionale abbia progressivamente meritato una fedina pulita, di tutta dignità. Dove invece
l’impegno programmatico si incrina è a proposito di « forma fisica ». Stando a tale indicazione,
dovrebbe essere il campionato a dettare la formazione azzurra. Valcareggi dice pochissime cose, ma
una delle più ripetute promette: « Non ci sono preclusioni o preferenze, scelgo i giocatori che
rendono di più in un certo momento ». Invece spesso non accade, tanto che la formazione, dopo
incertezze pirandelliane, offre quasi sempre un parto scontato, senza intervento. In sostanza,
Mandelli e Valcareggi battono la stessa strada di Edmondo Fabbri, tanto innamorato della « sua »
nazionale (contro il campionato, cioè, allora, contro l’Inter) da impostare la « World Cup ’66 » su
Rivera con pressione sanguigna a novanta e da usare, per mancanza di convinte varianti, Bulgarelli
con il ginocchio scassato.

Valcareggi, una volta per sempre, dovrebbe chiarire: « Il campionato non fa testo. La nazionale
funziona da entità particolare, per la quale può star meglio un Bertini discusso all’Inter che un Cera
spettacoloso nel Cagliari ». Ecco, mi pare che la lacuna della formazione anti-Galles, stia qui. Il
Galles è sceso dal jet con i giocatori contati; uomini importanti gli sono stati negati dai club inglesi.
Manca la spinta più efficace, cioè la probabilità magari minima di reinserirsi per la qualificazione.
Hanno lasciato una temperatura già rigida, con la nebbia che assesta brividi d’inverno. E si ritrovano
a Roma, la Roma più tepida e colorata che un novembre possa regalare.

I gallesi hanno orgoglio da vendere, ma può la spinta nazionalistica fare i gol, da sola?
Nemmeno a Cardiff, in una gelata sera d’ottobre, densa di whisky e raganelle, riuscirono a
concretizzare rush arrembanti, ad attacco tutto aperto, sui centottanta gradi. Se questo è il Galles, se
in trasferta qualsiasi squadra britannica perde almeno il venti per cento dell’aggressività, era questa
la partita giusta, importante ma non rischiosa, per scoprire come Cera può risolvere le perenni
incognite del ruolo.

Il catenaccio costringe il mediano moderno a moltiplicarsi atleticamente e a funzionare da
condensato (marcatore, regista difensivo, uomo di spinta, variante sotto rete). La Nazionale lo ha
sempre cercato. Ha creduto di trovarlo in Bertini, un petardo muscolare, « capace di spaccare i
pali », ma discusso ieri alla Fiorentina, discusso oggi all’Inter. Discusso perchè brado e non è ancora
nato chi riesca a salirgli in groppa e obbligarlo al morso, cioè alla disciplina, alla geometria tattica.

Cera fotografa invece pienamente il momento di equilibrio del Cagliari; funziona quasi da sintesi
dell’impostazione di « Pitagora » Scopigno. Era questo il momento, non dico del coraggio (non
sprechiamo una parola tanto importante), ma dell’opportunismo, del calcolo tranquillo. Senza
contare che in fronte a Cera sta Riva e, alla sua, destra, Domenghini. Un triangolo tutto Cagliari. Il
criterio della « forma », dunque, non conta o conta poco per Valcareggi.

Un progresso però c’è stato: la scelta di Albertosi: non tanto perché creda ad un Zoff in crisi, ma
perché la preferenza a Zoff era sostenuta solo da una data: 22 novembre, Italia – Germania Est, a
Napoli. E Zoff è Napoli. « Per non urtare il campanilismo del pubblico napoletano — si sosteneva
da più parti — è opportuno far giocare Zoff anche a Roma ». Geopolitica pura, a livello infantile. E
questa volta il Ct l’ha buttata nel cestino preferendo Albertosi. Un onesto precedente perché la
geopolitica applicata al calcio ha sempre suggerito nel passato storture folli. Qui a Roma, ho
raccolto comunque una tesi secondo la quale la scelta di Albertosi sarebbe stata invece decisa
all’ultimo momento per « dispetto » ad un autorevole quotidiano che da giorni aveva dato per certa
la scelta – Zoff. Ma voglio non credere ad un retroscena del genere: sennò sarebbe veramente tutto
da ridere.

Chi non ride invece è la squadra italiana. Salvadore, esprimendo l’atteggiamento di alcuni
giocatori, ha confessato: « Non abbiamo mai avvertito tanto nervosismo ». Il tarlo di sempre, la
paura, nevrosi per qualsiasi avversario. E dovresti chiedere a Freud o a Jung dove nasce, perchè non
esiste ragione tecnica accettabile. Un male oscuro che è (forse) il male di ragazzi diventati divi
troppo presto con il conto in banca pingue, la Tv addosso, i giornali, il successo. Ma non
sufficientemente torchiati, maturi, per sostenere la responsabilità di una maglia azzurra che non è
professionistica ma che si trascina dietro il tifo, amore e insulti di tutto il Paese.

Il Galles può dunque rovinarci pomeriggio all’Olimpico? No, anche perchè, accanto ai Salvadore
di turno, c’è Luigi Riva, classe 1944, immunizzato alla paura, un atleta che la pianura lombarda ha
innestato nei tremori ancestrali della nazionale post-bellica.