1971 novembre 28 Bigon apre e chiude
1971 novembre 28 – Bigon apre e chiude
Un derby è sempre un bestseller perchè lo devi leggere fino all’ultima riga. E ti chocca proprio
quando ti pare finalmente logico e appagato. Il football oltre che spettacolo razionale, è mistero. Ne
sa qualcosa l’Inter che si vede battuta da Paolo Bigon, di Padova, al primo derby della carriera.
In vita sua Bigon aveva incontrato due volte Giubertoni stopper, nel Palermo: contro Giubertoni
Bigon non aveva mai segnato. Oggi a San Siro, il primo e il terzo gol sono di Bigon, marcato da
Giubertoni appunto. Ma il mistero non sta nel dettaglio statistico: si riferisce piuttosto alla
stranissima partita di Bigon, match – winner. Lo stilista di Rocco ha segnato la prima volta dopo
due minuti di nuca, con le spalle girate alla porta ( un gol “ alla Boninsegna”); ha segnato la rete
decisiva al 43′ della ripresa, facendo da paracarro preterintenzionale su una ribattuta di Burgnich.
Tra i due gol ottantasei minuti abbastanza mediocri dove protagonista era stato non lo stilista Bigon
ma il ruvido Giubertoni.
Tecnicamente parlando, doveva essere 2 a 2 da qui all’eternità. Mai un derby m’è infatti sembrato
tanto distribuito nel 2 a 2. Come se fosse stato scritto in versi, con la rima: gol di Bigon, pareggio di
Ghio, rigol di Rivera ripareggio di Boninsegna. Tutto in un wagneriano primo tempo, giocato con
cingoli, dove non soltanto i gol s’erano pareggiati con esattezza: al 13′ Cudicini caccia via d’istinto
un destro stupendo di Bedin; al 20′ Bordon contorce le reni per alzare sulla traversa un preciso
destro di Sogliano. E poi, al 57′, pestando Bertini, Biasiolo ruba d’un centimetro il probabilissimo 3
a 2 per l’Inter; al 60′ Rivera (servito da Giubertoni di testa!) sonnecchia e spreca addosso a
Burgnich.
Conclusioni alla mano, tutto uguale insomma, fino al “rinculo” di Bigon: un match – ball fortuito
che ha scandalizzato Benito Lorenzi e che entra nella variopinta leggenda del derby. La gente si
chiede: ma allora è stato un furto? Usando i raggi x, dico no. Il Milan non ha rubato il risultato. In
fondo, Rocco si è soltanto visto “ restituire” da uno sghiribizzo un qualcosa in più che gli spettava:
perchè? Per due ragioni:
1.Mancata espulsione di Boninsegna.
2. Migliori schemi del Milan.
Boninsegna doveva essere espulso al minuto 70 del derby. C’è stato un contropiede dell’ Inter.
Appena entro l’area di rigore, Benetti è andato in tackle, da dietro, su Boninsegna. Benetti ha
esagerato l’interdizione, alzando la mano sinistra sulla spalla del centravanti e abbassando il piede
destro come un martello pneumatico. I danni erano stati lievi, per …imprecisione, ma il nervosismo
( e fuori forma) Boninsegna, ha odiato le intenzioni di Benetti.
Boninsegna ha inseguito Benetti, che lo aveva superato di scatto, e, raggiuntolo tra l’area e la metà
campo, gli ha mollato un largo gancio sinistro tra nuca, orecchio e mascella. Benetti è caduto a terra
tra l’indifferenza generale, perchè Lo Bello girava le spalle al ring e i due segnalinee ( interpellati da
Lo Bello) seguivano l’azione giocata non il sottobosco fuori quadro. Chiaro che se uno solo della
terra arbitrale avesse carpito la meccanica lampante dell’ episodio, Roberto Clay Boninsegna
sarebbe stato espulso.
L’Inter ha avuto fortuna marcia nella circostanza ed ha potuto giocare in undici fino allo stop.
Questa fortuna l’ha pagata più tardi, con Bignon. Ma mi chiedo: in dieci, l’ Inter avrebbe retto il
forcing finale del Milan, più fresco e senza stasi sparagnine pre – Borussia? Probabilmente no.
Non espulsione di Boninsegna a parte, il Milan m’è parso più squadra; più collegato; più intelligente
a metà campo; più altruista in attacco. L’Inter ha sprecato, in stolta cecità, gli scambi più elementari.
Ho visto Mazzola innamorarsi perdutamente del dribbling personale a Zignoli; ho visto Boninsegna
bestemmiare per passaggi non ricevuti e negare lui stesso i triangoli più obbligatori. Il Milan era
pacato quanto Rocco in panchina. L’Inter ipertesa come Invernizzi. Non a caso, mentre Rocco ha
potuto urlare ordini ai suoi, Invernizzi li ha potuti soltanto…ricevere dal campo, soprattutto da Bedin
e Boninsegna che dettavano marcature e spostamenti all’allenatore.
Persino dai quattro gol del due a due si può estrarre il vero midollo del derby.
Bigon segna l’1-0 sollevando un cross pulito di Sogliano sganciatosi in schema all’ala sinistra; Ghio
pareggia l’uno a uno concludendo, con un violento sinistro da tredici metri non tanto uno schema ma
il forcing rullato dell’ Inter, un forcing di temperamento e potenza, di orgoglio più che di raziocinio.
Per il due a uno Prati stringe da ala sinistra verso il centro ( il suo tema tattico) e randella il destro
dal limite; Bordon abbranca senza trattenere e Rivera, un lampo d’intuizione, gli anticipa la seconda
presa, toccando in rete di piatto destro, con il piede come una mazza di golf. L’Inter pareggia ancora
e pareggia ancora in forcing: con un calcio di punizione, quindi “da fermo”, di Boninsegna lungo la
barriera, proprio sul palo ( il sinistro) che doveva essere coperto da Cudicini. Sotto un velo di
pioggia e su un campo manovrabile, il Milan ha dunque creato più football dell’Inter. E Rocco,
vittoria a parte beninteso, non ha sbagliato nulla: con Zignoli e Sogliano, segugi a tutto campo, ha
infastidito e innervosito Mazzola e Corso. Del resto, nonostante un Facchetti senza avversario,
Invernizzi non l’ha sfruttato per niente, tenendolo in posizione ibrida a “guardare” da dieci metri
Biasiolo. Sono anche queste differenze tattiche a vincere un derby.
Un derby che ha onorato settantacinquemila spettatori. Un derby che ha riposato soltanto nel primo
quarto d’ora del secondo tempo. Un derby vinto da uno stinco di Bigon e perso due volte dall’ Inter.
Due volte perchè domani partiamo per Berlino: nemmeno il Borussia perdonerà il calcio
individualista di Mazzola e amici. Tre giorni basteranno per l’autocritica nerazzurra. Si, sarebbe un
gioco da ragazzi se in panchina dell’Inter ci stesse Nicolò Machiavelli, pronto a sfruttare anche la
cattiveria di Boninsegna per il bene comune. Epperò in panchina ci sta Gianni Invernizzi che,
oltrettutto, non legge i classici…