1973 aprile 21 Un bicchiere per Rocco in guanti bianchi
1973 aprile 21 – Un bicchiere per Rocco in guanti bianchi
Roma è l’Urbe, Lazio la Regione. La Roma è urbana, la Lazio
rurale. Poiché gli strati sociali sono sempre più intricati, le
distinzioni del tifo pedatorio vanno prese con le pinze. Ma
esistono. “Roma plebea e snob, – sostiene Barendson – Lazio
degli immigrati , dei burocrati, dei pendolari.” E aggiunge Ghirelli:
“Gli intellettuali stanno con la Lazio per reazione allo spiritaccio
aggressivo dei romanisti”.
Il Gian Maria Volonté de “La classe operaia va in Paradiso” è
milanista visto che il Milan sembra saldare, in Lombardia, la
fabbrica alla cultura. Adriano Celentano è per l’Inter, la Milano
capitalista e insieme populista e quindi più sincrona con i
meridionali.
Lazio e Milan si giocano oggi lo scudetto e, sociologia alla mano,
non sono nemmeno molto distanti. Li contraddistingue un certo
self-control di base. Che al Milan chiamano stile e che, per la
Lazio, potrebbe essere l’umiltà di chi, nonostante la classifica ’73,
si sente pur sempre seconda squadra di Roma. Con tutte le
precauzioni possibili, si può dire che gli ultras del campanilismo
calcistico prolificano meglio alla Roma che alla Lazio, meglio
all’Inter che al Milan. Tra Lazio e Milan, e non perché l’arbitro sia
l’on. Concetto Lo Bello, sarà vertice della tradizione “moderata” in
guanti bianchi.
A renderlo match da ultrasuoni ci penseranno poi i giocatori,
anche perché non mancano i toreador come Re Cecconi,
Chinaglia, Polentes, Wilson, Zignoli, Schnellinger, Rosato o
Turone che sia. Nonostante lo stress, da questo match dovrebbe
d’altra parte uscire soddisfatto anche Euclide.
Tatticamente parlando, il campionato non ha offerto nulla di
sensazionale. Le cose più curiose si sono viste in zona-
retrocessione: il gioco corto della Ternana, il “vorrei ma non
posso” delle tre punte di Puricelli,
la goliardica andatura
dell’Atalanta. Nel quadripartito dello scudetto, l’Inter è vissuta alla
giornata; la Juve non ha fatto che miscelare un Altafini al cocktail
del suo romantico podismo. Soltanto il Milan e, particolarmente, la
Lazio, hanno insomma tentato di costruire qualcosa di collettivo;
un’idea presa alla lavagna e ridisegnata in campo.
Non a caso lo stesso Rivera ha confessato l’altro giorno:
“Nell’andata a San Siro mi marcò Nanni: beh, io di questo
giocatore non ho nessun ricordo. E non perché abbia giocato
male: solo che, invece di tenermi per la maglia, pensava a
costruire gioco. Proprio questa penso sia la vera caratteristica
della Lazio: impostare più che distruggere”.
Pur tuttavia, i due punti che Rocco tiene come uno scudo tre sé e
maestrelli sfigurano un po’ le premesse teoriche della partita.
Nessuno ha segnato infatti tanto quanto il Milan: ma oggi Rocco
vuole soprattutto lo 0 a 0 cioè la paralisi della classifica; nessuno
ha incassato meno gol della Lazio: ma oggi Maestrelli deve
persino dimenticarsi della difesa pur di vincere, inseguendo uno
spareggio, sul tipo di Ignis-Simmenthal.
La maturità e Rivera sono per il Milan. l’arrivismo e il pubblico
sono per la Lazio. Lo Bello sarà Salomone. “Il giorno – scriveva
Pablo Neruda – è una povera tovaglia posta ad asciugare”.
Stasera, su quella tovaglia, non so chi poserà il bicchiere felice.
Toccasse a Nereo Rocco, sarebbe una
fine doppiamente
competente. Per lo scudetto e per il vino.