1973 maggio 30 Il team di Boniperti affronta la più forte squadra d’Europa
1973 maggio 30 – Il team di Boniperti affronta la più forte
squadra d’Europa
Sepolto in un castello di marca austriaca, Boniperti non ha ancora
deciso quale Juventus si piazzerà nel mirino dell’Ajax. Quella di
domani sera sarà la millesima partita di Coppacampioni, ma sarà
anche la prima finale giocata dalla Juve: sbagliare o intuire la
formazione significa perdere matematicamente o scoprire nuove
possibilità. “Nel ’64 a Vienna, – ricorda Italo Allodi – l’Inter batté il
Real Madrid prima di entrare in campo, quando Herrera decise la
marcatura di Di Stefano con… Tagnin”.
Tra infiltrazioni anti-infiammatorie, massaggi subacquei e iniezioni
intramuscolo, Morini ha clamorosamente assorbito il 70 per cento
del trauma al piede, fino a un paio di giorni fa quasi paralizzato,
tanto da non reggere il giocatore. Se novocaina, bendature e altre
24 ore di furore medico attorno al piede più coccolato d’Europa
riusciranno a coprire la dolenzia (negli arresti più che negli scatti),
Boniperti non sarà più costretto a trasformare Longobucco in
stopper e Cuccureddu in terzino.
Sopravvive dunque l’incognita-Morini. Ma non solo quella. Fino a
ieri, infatti, la presenza di tre punte (Altafini, Anastasi e Bettega)
era legata all’assenza di Morini e all’automatico ripiegamento di
Cuccureddu: oggi non più. Oggi, lo staff della Juve è tentato di
giocare in ogni caso con tre punte, a costo di mettere fuori
Cuccureddu, il match-winner dello scudetto.
La fragile tentazione nasce da un groviglio di atteggiamenti.
Boniperti e Allodi giudicano rischioso e impopolare un Altafini in
panchina. Vycpalek adora Bettega: all’inizio di stagione, Allodi fu
anzi ad un millimetro dalle dimissioni non sopportando più che
Altafini venisse snobbato, mentre in campo ci andava Bettega,
pesantissimo, sugli 84 chili. Sia Boniperti, che Allodi, che Vycpalek
sanno d’altra parte che Cuccureddu è, assieme a Longobucco, il
giocatore che conserva più birra in una Juve che esaurisce proprio
in questi giorni un’annata assai faticosa.
Se Morini giocherà, uno dei tre dovrà invece starsene seduto: la
scelta sarà tutt’altro che agevole. L’idea delle tre punte non è infatti
una mania scoppiata così, per virus belgradese. Esiste un
sottofondo estetico prima che tattico: una preoccupazione che in
un certo senso onora la Juve. Il Club di Gianni Agnelli vorrebbe in
poche parole mettersi almeno nelle condizioni di perdere con
dignità. Visto che l’Ajax è la squadra più forte del mondo (Santiago
il
Bernabeu ha detto ieri sera: “Il mio Real Madrid fu il più grande
club del suo tempo, l’Ajax è il più grande di oggi”.), la Juve sta
pensando se non sia preferibile “occupare il campo” più che
incontucciarsi nelle strettoie del più bieco catenaccio.
Una Juve rattrappita indietro esporrebbe Anastasi e Altafini a
magre bestiali, in spazi impossibili anche perché, nonostante la
proverbiale aggressività degli schemi, quattro giocatori dell’Ajax
restano sempre, sia pure a rotazione, in copertura.
Negli ultimi otto anni, l’Ajax ha vinto sei volte lo scudetto d’Olanda,
piazzandosi per
resto secondo. Dando un’occhiata alle
statistiche, si può notare che mentre il numero dei gol segnati
bazzica sempre da un minimo di 90 a un massimo di 122, quello
dei gol subiti si riduce progressivamente, in genere sulla ventina.
Segno chiaro che l’Ajax, oltre che il marchingegno per andare in
rete, ha imparato a costruire anche l’argine. Soprattutto attorno a
Blankemburg, non molto distante dall’autentico killer: l’anno scorso
a Rotterdam, rammentiamo tutti come, proprio sotto le tribune,
abbia piantato la punta carogna del piede togliendo cinicamente
Giubertoni all’Inter. In quella occasione, Blankemburg aveva già
perso il dribbling e sapeva di far male.
Il terzino sinistro dell’Ajax è Suurbier. Quando imposta, l’Ajax
esegue una diagonale offensiva, da destra a sinistra verso Keizer:
in quel momento, Suurbier scatta sul corridoio destro, andando a
chiudere l’intero arco d’attacco. Con due sole punticine, la Juve
consentirebbe al terzino una quota di libertà forse insopportabile
per Zoff.
Inutile nascondersi dietro il mignolo: l’incertezza sulla formazione
dimostra tutti gli handicap della Juve. Assenti Morini e Spinosi, un
bunker sarebbe impossibile. Con Morini in campo, qualcosa
migliorerà: ma sarà un Morini non al cento per cento e sempre con
l’orecchio incollato al piede, nella speranza di non intercettare
sinistri scricchiolii. Senza contare che la tibia sinistra di Salvadore,
incocciata recentemente da Oriali, è ancora innervata di patemi.
Non sono le premesse più tranquillanti per marcare Cruyff e
Keizer. Guardato a tu per tu, Cruyff ha una faccia gracilina. Si
arreda un po’ con collanine d’argento, bracciale, anello placcato e
orologio sub, ma gli restano sempre occhiaie segnate, sguardo
minuto, profilo scarno. La sua forza staziona d’altra parte nel
cervello e nelle gambe, arcuate e poderose alla coscia. Quando
scatta, sembra dondoli, visto che gli sono indifferenti destro o
sinistro. Da fermo, pallone al piede, è più forte Keizer, capace
oltretutto di usare il gomito come un percussore sullo sterno degli
avversari. Se trova lo slancio in corridoio, Cruyff è invece tipo da
lasciare veramente surplace.
Vycpalek dice: “Cruyff, lo controlla Capello; quando attacca, ci
penserà Morini”. Detta così, sembra una mezza follia. Lanciandosi
infatti da lontano, Cruyff nemmeno vedrebbe Capello, e Morini
sarebbe costretto a quel punto ad aspettare, più infilato di un tordo,
un asso difficile da stoppare proprio quando ha preso la rincorsa.
Meglio insomma sacrificare per intero a Cruyff un giocatore, Morini
o Furino, perché lo mastichi ovunque, soprattutto con l’anticipo. Se
per Keizer è stato giustamente riservato Marchetti, perché rendere
tanto vaga, tra Capello e Morini, la marcatura di Cruyff?
Sigaro in bocca, corporatura asciutta, i capelli schiariti, Allodi ha
persino confessato, in amichevole accademia, che l’uomo giusto
per Cruyff sarebbe Anastasi! Il paradosso è soltanto apparente,
nel senso che Anastasi ha molte cose di Cruyff, ritmo, scatto,
agilità: in teoria, Pietruzzo avrebbe il passo più “parallelo” a quello
di Cruyff. Dico in teoria, perché idee del genere sono troppo
eccentriche per essere prese sul serio e perché, di questi tempi,
non è che Anastasi sia al massimo della sua allegria motoria.
Stesse infatti a quel maximum, forse Boniperti avrebbe sentito ora,
con minor forza, la necessità di un Cuccureddu a tutto-campo e
avrebbe già optato per le tre punte, capaci di occupare tutta la
difesa dell’Ajax, compreso Suurbier. Il dramma di tutte le squadre
italiane è infatti della coperta corta: se copri la testa, scopri i piedi
e viceversa; se marchi gli assi, ti attaccano terzini o mediani e
viceversa. Altafini- Bettega sarebbero stati doppio-centravanti con
Anastasi pendolare. Ma non resterà tutto ciò soltanto un sogno di
avanguardia tattica?
Quando si parla dell’Ajax, siamo spesso indotti a semplificare
rozzamente la squadra in Cruyff-Keizer o ai “bestioni” della difesa.
Dimentichiamo, inoltre, che il cemento dell’Ajax sta a centrocampo.
Non a caso, l’allenatore Kovacs, poliglotta, estroverso e simpatico,
ha paragonato i suoi Neeskens, Muhren e Haan alle tre mezz’ali
del Brasile ’70 campione del mondo: cioè Clodoaldo, Gerson e
Rivellino.
Altafini crede che finirà per giocare Cuccureddu e non Bettega,
Causio suppone il contrario, autoprevedendosi quindi mezz’ala.
ma il vecchio José ribatte che proprio Causio, nel suo solito spazio
di ala atipica, deciderà probabilmente la partita della Juve:
“Soltanto un Causio in serata buona – spiega Altafini -può
inventare quello che gli olandesi non s’aspettano e scardinare, da
destra, il loro meccanismo quasi perfetto. Sennò, non ci sarà
niente da fare”.
Contro una squadra che condensa il meglio del football nordico,
sembra logico pensare che l’handicap della Juve si riferisca
soprattutto al temperamento e al potenziale atletico. Direi che non
è poi questo il vero problema. La Juve da tempo dimostra tempra e
virilità di stazza europea. le sue paturnie nascono dalla grandiosa
efficienza dell’Ajax e dalla barellata difesa bianconera. Nè Gianni
Agnelli, né un fiume di milioni in premio, né 50 mila italiani sulle
gradinate possono colmare il fossato. Ma classe ed estro della
Vecchia Signora sono come la poesia: nascono dall’ispirazione. E
l’ispirazione non si programma. Nasce e basta. Forse, chissà, a
Belgrado, dove l’Ajax è calata per una razzia alla quale l’Europa
del calcio si rassegna da anni.