1974 novembre 1 Da Nixon a Clay
1974 novembre 1 – Da Nixon a Clay
Non potendo dimostrare nulla, si dice tutto con il risultato di fare fantapolitica e fantasport
Clay è più nobile della “noble art” che interpreta. Non ha le esagerazioni di un massimo. Il suo è il
fisico di un uomo normale elevato a potenziale: i grandi pesi, le grandi misure sono in lui armonici.
Quando spalanca l’accappatoio, Foreman offre un emporio di muscoli: immaginate che gli cresca
addosso un lungo pelo nero, avrete l’orango. Foreman studia sociologia non dovrebbe riuscirgli
difficile riconoscere nel proprio sguardo un lampo di foresta.
Clay squittisce, provoca, ammicca, fa il buffone. Ma è anche il pugile che danza, il forte che usa la
intelligenza, il peso massimo che finta, schiva, dondola, pensa il colpo, lo varia, lo modula secondo
riflessi che stanno tutti in quegli occhi vivi, di cranio che non ha ancora sballottato la materia grigia
a tal punto da renderla un po’ piatta e così un po’ più vicina alla morte.
Foreman è l’issimo della potenza, un superlativo della forza. Lui non sa che cosa sia l’arte di boxare.
Per lui il Ring è un binario: uno appoggia le braccia su una invisibile rotaia e le stantuffa in avanti, a
colpi di mazza, quasi per spaccare più che per colpire. Per Foreman è tutto bersaglio grosso da
smantellare il più in fretta possibile tanto che, se non arriva presto il ko, al sociologo vien quasi la
voglia di dare un’occhiata ai guantoni, che non dipendo da loro, troppe once, troppa imbottitura,
troppo riguardo per le mascelle altrui.
Clay e Foreman si sono spartiti otto riprese, sei miliardi e a vincere è stato il pugno dell’intelligenza
non quello della brutalità. A credere al primo erano rimasti in pochi soprattutto perché Clay non ha
quasi più l’età è perché la muta fissità di Foreman mette paura, porta odore di tempesta. Per questo,
sono in molti a non voler credere al match: lo vogliono a tutti i costi combinato, truccato o falsato.
Credono che il pugilato sia soltanto forza bruta; non possono ammettere che la forza bruta si inceppi
a contatto con l’abilità. Poiché hanno sbagliato previsione, preferiscono ritenere che si sia trattato di
un inghippo. Fra l’altro, Clay è antipatico, non ha mai leccato i piedi, ha perso tre anni di carriera pur
di restare coerente con le proprie convinzioni politiche o religiose, è negro e felice di esserlo: dunque
è scomodo, un cialtrone nei gesti, uno da sopportare senza stima.
Mercoledì mattina, poche ore prima del match di Kinshasa, la “Gazzetta” usciva con questo titolo a
nove colonne: Foreman-Frazier mondiale a Rio. Nel testo era scritto fra l’altro: “è significativo che la
Videotecnique ha interpellato per l’avvenimento di Rio soltanto Foreman e Frazier, dando quindi per
scontata la vittoria del primo su Clay”.
Soltanto una delle tante testimonianze e delle supposizioni che sono state smentite. Ma allora, dove
sta il premeditato trucco? Nessuno lo dice, nessuno lo spiega, nessuno lo prova, perché nessuno lo sa.
Ci si affida alle voci, ai “si dice”, ai “sembra che”, ai “non è escluso che”: cioè al nulla, al condizionale
sostituito per sistema al presente. In assenza di certezze o di probanti indizi, si solleva il polverone,
si brancola tra le tentazioni di guardare un buon match di buon pugilato è quella di trasformarlo in
otto riprese di sospetto, con il sorriso di chi ha immancabilmente capito tutto e saputo tutto, tanto lui
è un dritto e a un dritto nemmeno Clay la può dare a bere.
Viviamo una stagione in cui non c’è più confine alla vergogna della manipolazione e della faciloneria.
Una stagione in cui Nixon deve morire per mettere la museruola a chi ha ironizzato sulla sua malattia,
raccontando che scoppiava di salute, si tuffa dal trampolino in piscina, giocava a golf e si divertiva
mentre emboli e flebite non sarebbero state che balle per sottrarre l’ex-presidente degli Usa ad un
interrogatorio. Da Nixon a Clay, tanto per restare all’attualità, è una stessa corsa alla perdita di
credibilità, dalla fantapolitica al fantasport.
Per quanto ci riguarda, non faremo un infarto a scoprire che sì, Foreman-Clay era misteriosamente
truccato, truccato anche in certi tonfi da avvitare la testa: ma finché non avremo sotto gli occhi prove
o seri indizi, rifiuteremo le voci e la loro preconcetta commedia. Penseremo di aver, fra molte cose
truccate nella boxe e altrove, visto qualcosa di vero.
L’ingenuità è sempre un rischio.