1975 gennaio 20 Lazio a un punto dalla Juve, Inter e Roma terze
1975 gennaio 20 – Lazio a un punto dalla – Juve Inter e Roma
terze!
Matto, mattocchio, mattoide, mattacchione, Mattolini! Anche
quest’ultimo sembra un aggettivo ed è invece un portiere, strambo
come tutti i portieri che magari stramazzano su tiri da quaranta
metri e poi pigliano quelli da undici, la distanza dei rigori. Un po’ il
ruolo che ha, un po’ il cognome che porta, questo Mattolini
sarebbe già fatto apposta per le cose eccentriche. Figuriamoci poi
se uno, Mattolini appunto, nasce pisano di Ponsacco, che è il
paese del Chiarugi, al secolo “cavallo matto”!
Un tipo così, che para con i piedi e intuisce i penalty nonostante la
doppia finta di chi tira, ha tagliato la strada alla Juve: ha per la
prima volta infilato Damiani nel lungo elenco dei rigoristi fasulli; ha
parzialmente bromurizzato la domenica di Nereo Rocco. Ventidue
anni in maggio, portiere di riserva della Fiorentina, Mattolini non
chiede altro dalla vita.
Al resto ci ha pensato la Lazio che nel giro di tre quarti d’ora, quelli
del secondo tempo, ha ottenuto due risultati da leccarsi le dita: il
ritorno a cuccia del Milan e il quasi agganciamento della Juve, ora
ridotta a un solo puntino di vantaggio in classifica.
Una classifica che ogni quattro calci cambia pelle, il che beninteso
è un pregio, mica una bruttura. Alla supersquadra predestinata allo
scudetto ’75 non crede da un pezzo più nessuno: perfino Juve e
Lazio, con tutto il rispetto, non ne sono che delle bravissime
controfigure. Dunque con naturalezza, senza scandalizzare
nessuno, scopriamo all’improvviso che al terzo posto stanno Roma
e Inter! La Roma che due mesi fa bazzicava in zona retrocessione
e l’Inter che per tre mesi ha fatto a meno dei gol di Boninsegna,
uno che l’ingaggio se lo pattuisce soltanto sulla classifica dei
marcatori.
L’ultima notte di quiete è così finita anche per la Juve: la Lazio non
sembra affatto imborghesita dallo scudetto e soprattutto l’Inter, più
che la Roma, ha l’aria di far follie. I suoi “messicani” sono in gran
forma, immensi sequoia sotto i quali trovano ispirazione anche i
l’hombre-gol,
giovani virgulti di Luisito Suarez. Mancava
Boninsegna, che a San Siro si è però rifatta la misura nel modo più
fantasioso, una capocciata in tuffo.
Nella giostra d’ambizioni, il campionato sotterra e disseppellisce
con il cinismo di un becchino. Torino, Napoli e Milan ora si sentono
tanto foglie secche: domenica chissà, potrebbero ritrovare il verde.
Questo è un campionato dove le sconfitte non sono mai epitaffi e
dove i padroni quasi si confondono con i poareti.
Di sicuro, in fondo, esiste soltanto la vita religiosamente agra del
Lanerossi e anche la filosofia di Vicenza secondo la quale il futuro
ha un cuore antico: infatti, l’1 a 1 di Varese vale 66 anni, quelli di
Sormani e Ferrante, i due che hanno insieme costruito il gol del
pareggio. Insieme come due patetiche, gloriosissime grucce.