1976 gennaio 6 Non si riesce a fermare la Juve
1976 gennaio 6 – Non si riesce a fermare la Juve
All’Ovest niente di nuovo. L’ovest é Torino, con la Juve di sempre e il Torino di oggi. Il
campionato appare tutto sbilanciato verso il Piemonte del neo Cavour- Boniperti. Tanto il
risorgimentale conte quanto il manageriale geometra hanno lavorato perché ogni strada dell‘Italia
“unita” conduca irrimediabilmente lì, a Torino.
Non si riesce a battere la Juve!, questa la vera costante negli anni settanta. E non tanto per i tre
scudetti nelle ultime quattro stagioni del calcio quanto per quella sorta di rifiuto che la Juve sa da
tempo opporre a chicchessia nei momenti che contano il doppio. Vedi, per stare all’attualità, il
match con il Napoli.
I linguisti osservano che Dante Alighieri è stato uno dei più parchi della letteratura nell’usare i
superlativi: appena diciasettenne nei più di quattordicimila versi della Divina Commedia.
Purtuttavia, anche Dante sprecherebbe forse un paio di “issimo” per descrivere oggi il potenziale
della Juve. Dico il potenziale e non la potenza dal momento che alla vecchia e stimatissima Signora
continua pur sempre a mancare l’orizzonte europeo, una dimensione meno autarchica dei propri
valori. Il plusvalore di Coppa non scatta mai e questo rimane l’unico handicap non ancora
neutralizzato dai bianconeri in cui in curioso contrasto con il ruolo certamente internazionale del
loro sponsor, Gianni Agnelli.
È in politica interna che la Juve non trova proprio concorrenza. Il suo governo è stabile; di
alternative si parla soltanto a patto di un sacco di cautele:” pensiamo all’anno prossimo”, ha detto
Gigi Radice tentando di ammorbidire l’opposizione del Torino.
Quando arrischi sul suo conto un’ipotesi disfattista (troppi gol incassati), la Juve ti risponde con
incisività tale da mettere la museruola a chiunque. Nel fondamentale match dell’altro ieri, il Napoli
ha per esempio segnato due volte: una su rigore, una con la mano di Mass! In azione e con
regolarità Zoff è rimasto imbattuto. Dove va la Juve a scovare tali capacità di risposta ai dubbi?
Credo proprio nel collettivo della società- squadra dato che, panchina alla mano, la Juve è con
Carletto Parola una delle squadre meno toccate dal divismo e dal potere dell’allenatore.
Il collettivo della Juve è opulenza. Contro il Napoli aveva il nazionale Gentile in tribuna, il
nazionale Spinosi in panchina, il nazionale Anastasi a casa! Altafini a parte, non esiste club che si
possa in tutta tranquillità concedere lussi del genere. Il collettivo della Juve è, ancora giovane
nonostante Zoff Capello e il classe 1946 Furino. L’anagrafe balza agli occhi nel ritmo, quel ritmo
che ha, inginocchiato il Napoli soprattutto nel secondo tempo di Torino, quando la troupe diJiuliano
appariva affidata soltanto a San Gennaro. La “grazia” non è loro venuta perché i cross serviti dalla
Juve erano oramai troppi per un attacco tutto di “”teste buone da Bettega a Damiani a Ghori, gran
colpitori in elevazione, che non a caso troviamo coinvolti assieme nei due gol.
Forse perché amalgama di gente fresca atleticamente e seria professionalmente( lo stile- Juve
seleziona con rigore anche la privacy), questa Juve si sottrae alla nausea del vincere, alle tentazioni
dell’appagamento. Il suo perenne destino da quartieri alti non ne logora le cellule nervose nemmeno
se, vedi con il Napoli, le rifilano un rigore dopo appena sei minuti di partita. Anzi, nonostante il
turbamento degli schemi nella prima mezz’ora, proprio quel rigore” contro” é forse
paradossalmente servito alla Juve! “ complesso” che ha: quello del presunto privilegio, del presunto
omaggio fatto, attraverso la squadra, al potentato Fiat.
No, non si riesce proprio a fermare la Juve. In una geografia di città calcisticamente frustrate, quel
pò di alternativa resta ora al Torino. Che duri almeno a lungo, senno lo scudetto ‘76 sarebbe fin
d’ora un giallo il cui assassino si conosce fin dalla prima pagina.