1976 luglio 16 L’Italia è ancora Klaus
Il Gazzettino – Venerdì16 luglio 1976
L’Italia è ancora Klaus
Dibiasi vincerà ancora – lo dice il padre – anche se i sovietici lo «spiano» da anni
Nostro inviato
Montreal, 15 luglio
Dalle Olimpiadi del 1896 ad oggi, quella Penisola ricca di navigatori ma povera di piscine
che è l’Italia, ha vinto tra nuoto e tuffi la miseria di nove medaglie. Incredibile eppure vero, e senza
contare le due di Cagnotto, quattro su nove appartengono a un biondo di nome Klaus, nato in
Austria. Si tratta di Dibiasi, l’arcangelo dei tuffi, due volte medaglia d’oro, due volte d’argento.
Dibiasi è un impasto di classe e di pazienza, basti pensare che non ha ancora ventinove anni
e che questa è la sua quarta Olimpiade. Tra un paio di settimane lo vedrete volare nella finale della
piattaforma: qualche tuffo, qualche risalita in ascensore. La cosa vi potrà anche sembrare divertente
e senza tanti massacri d’allenamento: non è così.
Durante l’ultimo anno, 60 tuffi al giorno al nostro silenziosissimo Klaus non glieli ha levati
nessuno. Quando si allena a Bolzano, ogni volta deve risalire una ripida scala di ferro, quando si
allena a Roma, l’ascensore ci sarebbe ma non funziona…poteva essere altrimenti?
Fortunatamente, Dibiasi ha potuto sempre contare su un “ascensore” in carne ed ossa, mica
un facchino, beninteso, ma un maestro tutto speciale, uno che fin da ragazzino gli ha insegnato a
salire ogni gradino dello stile, Carlo Dibiasi, il padre, decimo dalla piattaforma a Berlino nel ’36.
Il vecchio Dibiasi è tarchiato, la statura di Cagnotto più che del figlio. Ai suoi tempi non
aveva allenatori, i suoi unici modelli erano qualche spezzone di film e un giro del mondo di
propaganda dei due vincitori americani delle Olimpiadi di Los Angeles, nel ’32. Nonostante il
Dibiasi senior sia un autodidatta e il Dibiasi junior abbia elevato quella lezione all’ennesima
potenza, oggi esiste nel mondo un modo di tuffarsi che è come un marchio di fabbrica, un
“copyright”. Lo chiamerei «stile Klaus» anche se, infondo, è un po’anche «stile Carlo».
Ad essersene accorti con più convinzione di tutti sono stati i sovietici che in questi anni
hanno fatto incetta di tutti i filmati esistenti su Dibiasi. Lo hanno fotografato da tutte le posizioni,
gesto per gesto, alla moviola della tecnica. Inoltre, hanno interrogato a lungo il padre:
«sportivamente – allarga le braccia Carlo Dibiasi – come potevo rifiutare di spiegare la meccanica
dei tuffi di mio figlio?».
Questo studio ha dato frutti evidenti dal momento che sono proprio due sovietici,
Memzanov e Alenin, fra i tre avversari che più preoccupano Klaus a Montreal. Il terzo, vero anti-
Dibiasi del momento è un diciasettenne americano di origine greca, Gregg Louganis, molto elegante
nel tuffo e fisicamente strutturato come Dibiasi, anche se l’età lo fa più snello, più magro di Klaus.
Il duello tra Dibiasi e Louganis è già cominciato a giugno. A Bolzano, l’italiano fece 634
punti che dalla piattaforma dei dieci metri è record del mondo mentre, duranti le selezioni Usa,
l’americano toccò i 600 punti: non era mai accaduto che dalla piattaforma (con un tuffo in meno
rispetto al trampolino da tre metri) due tuffatori superassero il numero di 600 punti.
«Se Klaus ripete Bolzano non ci sono problemi» assicura il padre. Lo dice con la certezza
non del presuntuoso ma di chi crede nella classe e nella esperienza. Appena arrivato a Montreal,
Klaus Dibiasi si è innervosito scoprendo che il trampolino era in salita: ora il problema è stato
risolto, con una correzione che ha dato ragione al tuffatore. Stamattina ho visto Dibiasi farsi
controllare dal medico il tendine dietro la caviglia e lasciarsi poi massaggiare la schiena: nessun
dramma, solo piccoli traumi, microspie di uno sforzo prolungato, di migliaia di tuffi e di risalite.
A decidere saranno alla fine i nervi e soprattutto la tecnica: «una tecnica – commenta il
padre – che conosco da 50 anni e che è ancora adesso valida». Tecnica che consiste nell’entrare in
vasca spostando la minor quantità d’acqua possibile. Per riuscirci, occorre essere nati con un corpo
armonioso, con spalle scioltissime che ti permettano di allungare alla perfezione le braccia:
«all’impatto con l’acqua – aggiunge il vecchio Dibiasi – devi arrivare duro come un bastone.
Questo è il segreto».
Se non lo tradirà quell’emotività di piemontese con il carattere di “scugnizzo”, dal
trampolino di tre metri questa potrebbe essere l’Olimpiade di Cagnotto. Ma di lassù, dai dieci più
ancora che dai tre metri, toccherà ancora a Klaus Dibiasi: l’oro è abituato ad andarlo a pescare in
fondo a una vasca blu.