1977 novembre 14 Lo sbarco d’Inghilterra
1977 novembre 14 – Lo sbarco d’Inghilterra
Oggi pomeriggio saremo ad Hyde Park, nel cuore di Londra, a due
passi dall’abbazia di Westminster e del palazzo reale di
Buckingham. Immagino che sarà un cielo antracite, fumo di
Londra, a ricevere la nostra Nazionale “helzapoppin”.
Sentite come stiamo. Qualche annetto fa, il profeta del gol
Giovanni Cruyff osservò a proposito di Zoff: “se avesse qualche
difetto, ne avrei sentito parlare”. Come dire che quello spicciativo
cognome friulano (Zoff forse da zolf-o, usato per la difesa delle viti
dai parassiti…) gli evocava soltanto un portiere perfetto, dalle mani
grandi, senza fine. Ma adesso, nemmeno la serie di specialissimi
guantoni fabbricati dal tedesco Sepp Maier sembrano capaci di
mettere le dita di Zoff al riparo da misteriose titubanze.
Dopo il ritiro dalle scene di Mazzola, Facchetti è l’ultimo superstite
dell’Inter herreriana degli anni ’60. A consentirgli tanta longevità
non è stata la classe pura ma un fisico da trattato di anatomia
artistica, quella che si studia nelle accademie di belle arti e che fu
la passione di Leonardo da Vinci. Ma ora Facchetti scatta sui
lunghi compassi con sempre maggiore impaccio, soprattutto
quando gli spazi aperti dal contropiede lo chiamano a sollecitazioni
da ventenni.
Lo stopper è Mozzini, lineare, diligente, cui si addebita a volte di
subire il vigore dei centravanti. E di vigore, si sa, gli inglesi ne
conservano da vendere anche in periodi di magra. Più garanzie
avrebbe offerto Bellugi, ricco collezionista di orologi e fucili, non
fosse che gli è saltato l’inguine. Così tocca a Mozzini, che la
Nazionale inglese l’ha finora incontrata soltanto alla televisione.
Nonostante l’incidente con Liguori sia lontano anni-luce e anche se
ama i canarini come figli, Benetti deve fare ovunque i conti con
un’ingiallita immagine di “assassino”, come l’ha definito il londinese
Sun, che di certo non gli garba. “Il solito humour inglese”, ha
ghignato il Romeo.
Zoff, Facchetti, Mozzini, Benetti, la difesa è questa: un po’ di
problemi e parecchio Freud. Davanti, i gemelli Graziani e Bettega.
Il primo ha ad occhio e croce superato il blocco in zona-gol dove,
come ammette lo stesso Bearzot, non ha altrettanta disinvoltura di
Bettega. Il secondo ha patito lunghe rogne alla caviglia e si vedrà
fiatare addosso Mr. Bonds, un grezzo di 32 anni, consegnato agli
onori di Wembley con la precisa raccomandazione di raffreddare la
nostra testina d’oro bis. La precedente, di Carletto Galli, giocò a
Londra nel ’59 quando fu 2-2-con gol di Brighenti e Mariani, i
panzer del formidabile Padova di Rocco.
Aggiungete che il mediatore dovrà essere Antognoni, i cui muscoli
sono freschi di allarmi e il cui cervello ha il chiodo fisso di una
Fiorentina nei vapori della serie B! Che sia una Nazionale
helzapoppin lo suggerisce anche una constatazione elementare: il
campionato appartiene per ora al Milan, ma di questa squadra non
esiste nemmeno un’impronta digitale azzurra. Di “milanese” c’è
soltanto Facchetti, protagonista negativo del derby…
Tutto ciò non per dire che la Nazionale andava rifatta, ma per
toccar prudentemente ferro. Il 6-1 con la Finlandia e il profumo
della pampa argentina rischiano infatti di ridurci a tanti pavoni che
l’Armata Brancaleone di sua maestà britannica finirebbe con lo
spennare tra i risolini delle tribune centrali e le ciucche dei
popolari.
Gli inglesi sono specialisti nel grattare sotto la crosta delle italiche
debolezze. Ventimila camerieri italiani invaderanno Wembley! era
il titolone di un quotidiano alla vigilia di Inghilterra-Italia di quattro
anni fa esatti. Fortuna che quel mercoledì, 14 novembre, Fabio
Capello accarezzò in rete un tiraccio deviato dal portiere a
Chinaglia: era l’86’, il risultato fu 1-0, la prima vittoria in
quarant’anni di tentativi.
Come allora, è logico prevedere che l’Inghilterra le sue palle-gol
riuscirà certamente a impostarle. Ma l’affanno del forcing (loro) e
gli angusti spazi lasciati dal catenaccio (nostro) terranno come
sempre alta la percentuale delle conclusioni pressappochiste o
fuori di ogni grazia. Non sempre quelli che paiono “clamorosi
errori” sono frutto di bizzarre tempeste agonistiche; a guardar bene
è assai
frequente constatare piuttosto debito d’ossigeno o
precarietà acrobatica nei tiratori marcati “all’italiana”, con tackle
come marchi a fuoco.
Mondiale ’78 alla mano, per metterci veramente in difficoltà
l’Inghilterra dovrebbe vincere 4-0, il che obbligherebbe l’Italia a
battere successivamente il Lussemburgo per 5-0. Insomma, la
differenza-reti non poteva essere migliore alla vigilia di Wembley
anche se Bearzot, conoscendo più a fondo di chiunque altro i suoi
polli, non si fida della dimessa Radio Londra e recita tutte le
geremiadi della prudenza azzurra: “Chi ha vinto a Wembley –
ricorda – l’ha fatto solo di rapina. Ma nessuna squadra è riuscita a
tenere l’iniziativa”. Pur di fare propaganda, il Ct dimentica la
celestiale lezione di football impartita dall’Olanda di Cruyff proprio
quest’anno a Londra, il 9 di febbraio.
Ma allora, se l’aritmetica pre-mondiale è oramai così comoda per
l’Italia, come si spiega tanto batticuore e tanta curiosità per la
partita di Wembley, biglietti esauriti da aprile!, 700 milioni di
incasso, 92 mila spettatori, un centinaio di voli con settemila tifosi
dall’Italia, bagarinaggio selvaggio e camere introvabili fino alla
periferia di Londra?
Intanto, noblesse oblige: Inghilterra e Italia sono due tradizioni, tre
vittorie ai campionati del mondo e un contributo mai sopito nello
sviluppo del football, sport made in England che tuttavia raccoglie
oggi forse più consensi da noi. Nel giro di un ventennio gli
spettatori del campionato inglese sono infatti pressoché dimezzati,
da 46 a 26 milioni, mentre, negli ultimi anni, i tesserati sono
cresciuti in Italia da 200 mila a 1 milione abbondante.
Dietro
inglese sta anche
tipo di
preoccupazione ed è per questo che a Londra si continua a dare
alla partita di dopodomani un peso francamente superiore a quello
del mero interesse di girone eliminatorio pre-Argentina. Rifarsi
violentare a Wembley, non dico dalla razza di Cruyff… ma anche
dagli italiani segnerebbe per davvero la fine, non solo di un’epoca,
ma anche del sospetto di possedere un domani.
E’ la non fiducia che ossessiona l’Inghilterra. Per sbarazzarsene,
aspettano giusto l’Italia che adottò la non-fiducia persino per
governarsi. Un bel match questo sbarco d’Inghilterra.
l’angolo del calcio
tale