1978 giugno 25 Italia quarta nel mondo

1978 giugno 25 – Italia quarta nel mondo
È la sola consolazione dopo questa sconfitta con il Brasile, un 2-1 che fa ricordare
quello di mercoledì con l’Olanda

Brasile-Italia 2-1
MARCATORI: 39′ Causio, 64′ Nelinho, 71′ Dirceu
ITALIA: Zoff, Cabrini, Maldera; Cuccureddu, Gentile, Scirea, Causio, P. Sala, Rossi,
Antognoni (81′ C. Sala), Bettega.
BRASILE: Leao, Nelinho, Neto; Batista, Oscar, Amaral; Gil (46′ Reinaldo), Cerezo
(65′ Rivelino), Roberto, Mendonca, Dirceu.
ARBITRO: Klein (Israele)
NOTE: cielo coperto; giornata fredda. Terreno di gioco leggermente allentato.
Ammoniti Nelinho, Batista e Gentile. Calci d’angolo 6-4 per il Brasile (p.t. 3-3).
Spettatori 60.000 circa.

BUENOS AIRES – Com’è cambiata questa Italia della finale dei “perdenti”! Non ci
sono né Bellugi né Zaccarelli né Benetti né Tardelli. I primi due infortunati, i secondi
due squalificati. Rientra Antognoni dall’esilio in panchina. E giocano per la prima
volta, come sottratti alla canfora, sia Pat Sala che Maldera, entrambi mediani a
centrocampo. Sala marca Dirceu, pilota del Brasile, Maldera il resuscitato Cerezo,
giovane talento arrivato in Argentina in odore si santità pallonara e un po’ andato in
crisi in un campionato di Maciste più che di architetti.
I brasiliani vengono accolti da bordate di fischi perché gli argentini non perdonano
loro di essere brasiliani. Per mera reazione, applausi all’Italia quando in realtà al
pubblico interessano soltanto le bandiere biancocelesti che tiene in pugno. Scrivo con
nelle orecchie l’irrefrenabile cicaleccio dei radio e telecronisti brasiliani. Nonostante
la loro ispirazione sia non poco depressa dal tipo di finale, riescono a far sembrare
una bellissima barbaridad anche un tiraccio prolungato di Gil.
La prima vampata della partita appartiene tuttavia ad Antognoni. Il perugino dà fuori
di matto e nel giro di un minuto e mezzo sventra l’aria con due destri che nemmeno
Bearzot gli rammentava più. Uno su punizione, uno in azione, davvero notevoli e, per
quanto ne so, in dotazione su questo campo soltanto a Nelinho (soprattutto da fermo)
e a Rivelino (che se ne sta quieto in panchina). L’aeroporto di Buenos Aires è molto
vicino e lo stadio sta sulla rotta di atterraggio, ma mai come ieri un jet dietro l’altro
passa radente al campo, quasi per dare una sbirciata dentro. Immagino le hostess a
bordo, “Signori, alla vostra destra potete osservare…”. Invece, da osservare,
soprattutto nella prima mezz’ora, c’è davvero molto poco.
Partita corretta, ma senza midollo. L’arbitro israeliano Klein passeggia tranquillo,
tanto il ritmo gli consente un soave controllo. Dopo l’Antognoni-bombarolo, i carioca
si danno da fare a tocchi laterali, manovra nell’intenzione avvolgente non fosse che
Dinamite Roberto trova con Gentile nemmeno il tempo di raccomandarsi lo stinco al
Signore.
La loro è una samba afona, non dico disinteressata ma smorta. L’Italia non è che
prenda le cosa con minor disinvoltura. Causio ammaina qualche dribbling,
Cuccureddu piglia pochi palloni con Mendonca, Sala è ancora spaesato, Maldera si
vede lontano un chilometro che pagherebbe di tasca propria per avventarsi al tiro, ma
se ne sta zitto in zona nel timore di passare per quello che la sa più lunga degli altri.
Lo stesso Rossi inciampa in qualche tocco non degno del suo piede, ma è più degli
altri disponibile e fa il pendolare a destra e a sinistra per dettare il corridoio. Una volta
(al 27′) scatta da Dio, e Bettega gli corregge purtroppo malissimo il cross di Cabrini.

Che Rossi sia il più vivo in campo è una certezza, presto confortata dai fatti, a
cominciare poco dopo la mezz’ora quando l’Italia ci dà dentro con più impegno
nell’interrompere la ragnatela vischiosa e inefficace dei brasiliani.
A 7′ dalla fine del primo tempo Italia 1 Brasile 0! Smarcatosi a destra, Paolino riceve,
stoppa, finta il grande Amaral e va giù a servire un cross di una precisione unica,
tagliato quel tanto che paralizza nella parabola l’uscita di Leao. Per Causio,
bravamente piazzatosi, è un gioco da ragazzi colpire angelicamente, di testa, da
quattro metri circa. Penso istintivamente a G.B. Fabbri che del gioco del Vicenza è
orgoglioso ambasciatore e, in particolare, di quel tipo di cross tesi e dal fondo campo,
gli unici utili, tutti gli altri essendo tatticamente “morti”.
Sono questi davvero i 5 minuti dell’Italia che, al 41′ e al 43′, spreca le sue consuete
palle-gol, come le accadde già con Germania, Austria e Olanda. La prima volta, ne
esce un’azione collettiva, molto aggressiva, con cinque giocatori al limite dell’area di
rigore. Da una ventina di metri, Pat Sala scarica un destro molto potente che il
portiere non riesce a trattenere: sulla ribattuta affannosa, entra naturalmente… Rossi, il
cui tocco viene ancora, miracolosamente ribattuto. Qui interviene Causio che molla
via una sovrana sberla in piena traversa! Ma, a questo punto, non sarebbe più stato
gol, avendo l’arbitro fischiato un chiaro off-side di un paio di azzurri.
Passano 2 minuti e l’Italia costruisce una nuova occasione per chiudere sul 2-0, prima
dell’intervallo. Rossi si apre sveltamente sulla destra, in piena area, dove riceve e
viene un po’ colto da un attimo di egoismo, solitamente a lui sconosciuto. Punta sul
portiere Leao in uscita, nel tentativo di farlo secco in dribbling, ma il brasiliano riesce
a metterci in extremis due dita e a deviare: al centro, solissimo davanti alla porta, c’era
però Bettega ad attendere il passaggio di Rossi. Nel veder sfumare la palla-gol,
Bettega non è riuscito, nonostante il controllo e il garbo dei suoi gesti, a nascondere il
malcontento, tutto sommato comprensibile.
Mentre il cielo si fa sempre più grigio e umido, il Brasile rientra in campo dopo
l’intervallo con un cambiamento: l’abatino Reinaldo al posto di “bufalo” Gil reso
pressoché impotente dall’esuberanza fisica di Cabrini.
Non per merito suo ma piuttosto di una maggiore prudenza dell’Italia, il secondo
tempo segnala ben presto un’inversione di tendenza molto accentuata: Brasile in
forcing, Italia in contenimento, con il solo Rossi in avanscoperta, costretto a
rincorrere ogni pallone, mentre Bettega è svuotato di energia, pesante e scostante.
L’Italia perde contatto subito, più del lecito.
Mendonca va in gol, sia pure in off-side dopo il fischio dell’arbitro, e lo stesso
Mendonca viene malamente spintonato da Cuccureddu in piena area: se non ho le
traveggole, mi pare rigore, sul quale Klein piglia il tricolore e sorvola.
Ma il Brasile accelera e si fa più profondo, più deciso, più vero. Pareggia e vince! Sul
come, ci sarà da ascoltare a lungo il racconto di Zoff, colpito in questi ultimi giorni da
un’autentica maledizione da… lunga distanza. Con l’Olanda Brandts da venti metri e
Haan da buoni trentacinque. Ora con Nelinho e Dirceu, nel giro di pochissimi minuti,
al 64′ e al 70′.
Terzino-mediano dotato di un destro micidiale, Nelinho scatta a destra, la stessa zona
usata nel primo tempo da Rossi per servire l’1-0 a Causio. Nelinho non ha né il
dribbling né la velocità di Rossi ma sa che con quel tiro può tentare ciò che vuole. E
tenta, diagonalmente, da circa ventidue metri, con uno shoot fortissimo e tagliato da
morire. Proprio sotto la tribuna dalla quale scrivo, seguo con apprensione la parabola
convessa, rientrante, sempre più rientrante, oltre le mani tese di Zoff: è il pareggio, un
gol molto bello che merita da solo la partita anche se vedo Zoff scuotere la testa,

totalmente rassegnato al peggio. In area, i terzini gli bloccano le punte e lui becca una
dietro l’altra sberle tirate di lontano.
Il pericolo si fa doppio ora che i brasiliani mandano in campo anche “el canon”
Rivelino, al posto dell’impallidito Cerezo. Zoff sta forse ancora facendo con il
goniometro i conti del tiro di Nelinho, quando il Brasile scaraventa dentro il 2 a 1.
Sempre da fuori area, stavolta perfettamente centrale, è il sinistro di Dirceu (altro
piede che te lo raccomando!) a raccogliere come viene viene la respinta corta delle
difesa e a battere di pieno collo, da manuale, dritto e basso, ad una spanna dal palo
destro. Saranno anche qui 21-22 metri e Zoff, forse un poco coperto, si arrende, basta
per piacere.
Dalla panchina, Bearzot indirizza strani cenni a Rossi, invitandolo a darsi da fare. E
Rossi gli risponde senza timidezza, indicandogli che l’uomo più vicino sta a trenta
metri ed è Bettega, che oramai da una partita e mezza non ce la fa proprio più,
nonostante il fresco.
Nel giro di pochi giorni l’Italia ha chiuso in vantaggio per 1 a 0 sia il primo tempo con
l’Olanda che quello con il Brasile, ma in entrambi i casi spreca il 2 a 0 e finisce con il
crollare letteralmente e per perdere nella ripresa. Una riflessione si rende obbligatoria,
non per gettare facili croci addosso a qualcuno, ma per non perdere di vista i limiti di
una squadra ammirevole ma mai eccezionale come a qualcuno era sembrata.
Vistasi così beffata, l’Italia si lascia andare nell’ultima parte del match a qualche
scarpata di troppo, con Maldera, Pat Sala e Claudio Sala, quest’ultimo subentrato (al
78′) ad Antognoni. Sembra non ci sia più nulla da fare ma quando mancano pochi
istanti alla fine, Causio serve una punizione sulla testa, finalmente sbucata dal cielo,
di Bettega: traversa, scalogna nera e fine!
L’Italia perde ed è quarta al Mundial ’78. I giocatori si scambiano le maglie e salutano
il pubblico. Quelle degli italiani sono color giallo oro, il colore dei carioca, ma
ricordando Olanda e Brasile quel giallo sembra perfino un giallo itterizia. Pazienza.