1978 maggio 5 Verona, ciao vecchio “Valca”
1978 maggio 5 – Verona, ciao vecchio “Valca”
VERONA – Si palpa il petto con prudenza e gli esce una smorfia, come una ruga in
più. Ha una costola rotta e una incrinata per quel lugubre tuffo nel treno di venti
giorni fa: “ho visto la morte, andavamo tutti a morire”. Ferruccio Valcareggi è un
poco come il suo Verona, tanto felice di aver salvato la pelle da scordarsi quasi
del campionato. “Ci fossero state anche state cento retrocessioni – aggiunge –
fossimo anche finiti tra dilettanti, in quei giorni non fregava niente a nessuno”. Gli
occhi si fanno più chiari, le grosse labbra sembrano per un lungo attimo lontane
dal calcio.
Dopodomani il Verona si gioca la serie A contro il Torino e gli serve un punto. E’
l’ultima partita di campionato ma è anche l’ultima partita di Valcareggi su una
panchina, baldacchino di legno e plastica che concorre ad una professione
singolare, a stress da angina pectoris, a ingenui miti di follia. E’ da 23 anni che
Valcareggi ci campa sopra e adesso, lui che è nato il dodici febbraio 1919, ha
deciso di averne abbastanza. Quando gli dico che forse il Verona se ne dovrebbe
rammentare, il Valca taglia la bocca con il dito indice: “sssttt, no dir niente, xe
meglio che nessuno se accorgi”, e la pelle gli si arrossa di un pudore tutto
triestino.
Con Bernardini contemplativo, Herrera giornalista e Rocco consigliere, non ha
più nemmeno parenti tra i tecnici di campionato. Sì, sopravvive Puricelli ma tra
l’uruguagio e Valcareggi non esiste affinità, il primo essendo un urlo d’uomo e il
secondo una fatica placata dal buonsenso. Quando pensa ai suoi ultimi novanta
minuti di panchina con il Torino, non riesce a scriverci sopra nemmeno un rigo di
lapide. Mi guarda come volesse nascondere un anniversario che non gli garba e,
infatti, parla di banali marcature: “metto Logozzo su Pulici, Bachlechner su
Graziani e Spinozzi su Claudio Sala”. Perché il Verona retroceda deve succedere
un cataclisma.
Tre anni con il Verona sono tre anni con Garonzi, padrone del 95% della azioni
della Spa, il resto essendo intestato alla moglie e alla Legacalcio. Garonzi non è un
mecenate ma un dirigente che, possedendo la la società come una sua “roba”,
avverte soprattutto la preoccupazione di non perderci.
Abituato nei ricchissimi anni della sua Nazionale “messicana” (circa 12 milioni di
premi ad ogni giocatore per il secondo posto al Mondiale ’70), Valcareggi deve
aver sfiorato con Garonzi un irreale senso di povertà: nemmeno in quest’ultimo
mese il Verona ha ottenuto incentivi presidenziali e, l’ultima volta che ha visto i
giocatori, il Saverio Mastro Don Gesualdo ha detto loro: “Se andiamo in B, io resto
sempre Garonzi ma voi non sarete più quelli di prima”.
L’ultima panchina di Valcareggi è austera, provinciale, dove una pacca sulla
spalla è già una pacca di stima. Ciao vecchio “Valca”, senza una lacrima ma con
nostalgia.