1979 ottobre 8 Frusta di Rivera, Milan di corsa
1979 ottobre 8 – Frusta di Rivera Milan di corsa
MILANO – Guardo Luigi Agnolin di Bassano del Grappa: ha
ritrovato il ciuffo dei bei tempi. A centrocampo, fa volare la
monetina in mezzo a due anzianotti d’incipiente calvizie: Bigon e
Furino. C’è molta distanza tra i tre: lui è un arbitro che, stando a
Alberto Michelotti, approderà al Mondiale 1982. Gli altri due
perdono foglie secche dai calzettoni, come i tigli del mio viale.
Attraversata dal fumo dei candelotti, San Siro è dentro una nebbia
irreale. Per pensione, squalifiche e declassamento, stanno a
guardare dalla panchina giocatori come Rivera, Facchetti,
Cuccureddu, Causio, Capello, persino Virdis. Qualcuno maligna:
“Meglio quelli in tribuna che questi in campo”.
In campo, Agnolin fischia e i giocatori si cercano, uomo a uomo,
peggio di colombi in amore. E’ il rito delle marcature: tu vai su
questo, io su quello, e via andare, che se uno ti scappa un attimo
puoi anche finire sotto processo, visto che soprattutto Giacomini
non sopporta gente smemorata sui tackle.
Da come è impostata, la Juve puzza già di de profundis. Figurati,
Cuccureddu in tribuna e Verza in panchina: con tutto questo ben di
Dio a disposizione, tocca a Furino marcare Novellino. Il vecchio
fatica peggio di un mulo anche perché la “signorina” deve aver
fatto davvero il pieno con i sermoni di Giacomini e Rivera,
votandosi quindi al collettivo, con quasi nulle concessioni al dio
Narciso.
Trovandosi Furino costantemente obbligato da Novellino lungo
l’out, la Juve perde ancora più consistenza a centrocampo, dove
avverte assai l’assenza di Causio, tradizionale protagonista a San
Siro. Nel tentativo di impostare uno schema decente in mezzo,
Bettega si vede prestissimo costretto in retrovia. La Juve d’attacco
non lo avrà mai, per l’intera partita; il ricordo del Bettega di alcuni
memorabili gol a San Siro scompare. Lo schema voluto da
Trapattoni toglie alla Juve anche questo “diritto al ricordo”, come lo
chiamerebbe Marcuse.
Alla Juve, il Milan toglie fra l’altro ossigeno fin dal primo minuto.
Due dati del cronometro per dire della differenza in campo:
Albertosi tocca il primo pallone dopo venti minuti; la prima vera
azione juventina si sviluppa dopo 34 minuti con la prima (e quasi
ultima…) palla-gol ribattuta da Albertosi su Scirea.
Dall’altra parte altro Milan. Un avvio veemente senza ripensamenti,
quasi confezionando trame mandate a memoria. Un gioco che
esaltava soprattutto la virtù dello smarcamento, a cominciare
dall’esordiente Francesco Romano, diciannovenne napoletano che
nella maglia di Maldera, bloccato dalla tallonite, ha dato al ruolo
un’interpretazione da mezzala laterale, buona per annichilire un
Cabrini che del giovane ventoso terzino del Mundial ’78 ha
conservato soltanto il ricciolo sulla fronte.
Il Milan ha segnato dopo quattro minuti, giusto su un allungo
servito da Romano per Novellino. Costui, scordando inutili danze
del ventre, è andato a crossare dalla destra. Picchiando a terra, il
pallone si è impennato su Zoff in uscita, consentendo a Chiodi di
scavalcare il portiere e metter dentro da un paio di metri.
L’arbitro Agnolin ha annullato per gioco pericoloso e del resto Zoff,
palpandosi con una smorfia la testa, sembrava voler segnalare
che persino qualcosa di più del mero “pericolo” gli era passato
sopra la testa.
La decisione di Agnolin ha scandalizzato. Un ameno spettatore di
poltronissima ha mormorato: “Questo signore deve soffrire di
conflitti sessuali non risolti”. Qualcuno, assai più sbrigativo e meno
psicologico, gli ha dato del disonesto. Quanto a me, di primo
acchito avrei concesso il gol al Milan, sembrandomi del tutto
innocente la scavallata di Chiodi sopra Zoff.
Ma faccio due osservazioni:
1. Agnolin era ben piazzato;
2. Agnolin non è un arbitro “signorina”.
Due premesse a suo favore anche se, probabilmente, lo stesso
Agnolin avrebbe avallato un gol come quello di Chiodi purché
realizzato… all’estero, in campionati più di manica larga e meno
fifoni del contatto agonistico.
Certo, Agnolin non poteva trovare un alleato migliore del Milan
che, infatti, riandava beatamente a rete dopo soli due minuti!
Anche qui un cross battente, di quelli senza panna, servito stavolta
da Buriani. Premuto in uscita alta, Zoff smorza debole. Il pallone
cala in un’area di rigore dove ad essere davvero con gli occhi
svegli sono soltanto quelli del Milan: Chiodi lascia correre per
Novellino, sui 14 metri. Al volo, di piatto sinistro, cogliendo il
rimbalzo con eccezionale morbidezza, Novellino conficca in rete
una traiettoria tra le più precise e delicate che io rammenti.
Fatta eccezione per un destro di Scirea (al 34′), il primo tempo non
ha letteralmente visto la Juve. Lenta, arruffona, placida, senza
profondità, con la panchina di Trap in coma, incapace di
modificare l’assetto, di ritentare con un Bettega più offensivo.
Anche il 2-0, esattamente allo scadere del primo tempo, è
sembrato perciò scontato, senza scampo, buono per chiarire
definitivamente le differenze.
Ciò anche se il 2-0 di Antonelli sta metà sulla coscienza della
Juve. E’ il 43′ quando Scirea, in tackle su Chiodi, quasi si spacca la
caviglia sinistra. Al 44′ non regge e chiede la sostituzione. Trap
mette dentro Verza e ordina a Prandelli di retrocedere a libero.
Mancano pochi secondi allo stop e Prandelli prende la cosa
sottogamba, spostandosi in avanti, fuori posizione, dove lo coglie
un lancio di Bigon per Antonelli. Fosse ancora stopper un Morini
d’altri tempi, Antonelli finirebbe in presa, a terra, ma di sicuro non
in gol. Invece, Brio si affanna goffo e impotente, Prandelli è tagliato
fuori, Zoff chiude in uscita quando Antonelli, di gran classe, gli
tocca al millimetro nell’angolino, pertugio riservato a chi possiede
scarpe con pupille.
La vera Juve, quella del ’76 per intenderci, riusciva a recuperare e
vincere nonostante un 2-0 sempre a San Siro. Ieri no, non poteva.
Ieri è riuscita a segnare appena rimesso piede in campo soltanto
perché Baresi, proprio lui!, si è astenuto dall’intervento quando
poteva far tutto: toccare indietro al portiere o scaraventare a lato.
Su un colpo di testa di Bettega, il libero ha invece fatto velo
masochista su Tardelli fino a portarlo addosso ad Albertosi: qui
Tardelli ha infilato il destro fra Baresi e portiere ottenendo il gol più
insperato della sua carriera.
Ma non è accaduto più nulla, la qualità di gioco è scaduta. Bettega
si è ridotto a terzino, soltanto Verza ha tentato di sfondare con il
suo bellissimo piede dai 20 metri. Con Gentile spostato su
Novellino e Furino su Antonelli, il match si è fatto più iroso e
carogna. Ma l’ultima palla-gol (85′) vedeva ancora il Milan alla
battuta: Zoff intercettava De Vecchi con la stanchezza del
campione che vede dissolversi davanti allo sguardo qualcosa di
più di una partita.