1980 giugno 16 Italia bella e di gran cuore
1980 giugno 16 – Italia bella e di gran cuore
Un altro gol per la leggenda
Dall’inviato
TORINO – I maestri sono serviti. L’Italia ha battuto l’Inghilterra. E non l’ha fatto di
rapina. L’Italia non ha vinto con l’unica palla-gol o con un fortunato contropiede o
con un rigore rubacchiato. No, ha creato più gioco e più occasioni. Ha dato
dimostrazione di grande disciplina, standosene zitta zitta quando l’arbitro ha
cominciato ad ammonire prima Benetti e poi Tardelli.
Il gol lo ha segnato Tardelli, avventandosi come un setter quando la fatica appannava
gli sguardi di molti. É importante che abbia segnato lui perché dà significato tattico a
tutto un tipo di gioco. Tardelli era il marcatore di Keegan, considerato «the king», il re
del calcio britannico. Tardelli ha preso alla lettera l’incarico, non facendosene tuttavia
schiavo. Alla lunga, ha cominciato a declinare le proprie generalità anche come
giocatore attivo: non fosse stato così, non si sarebbe mai trovato all’appuntamento-gol
servitogli da Graziani, centravanti protagonista di alcuni errori anche vistosi e tuttavia
accanito, sempre disponibile, impeccabile sul piano della partecipazione.
Gentile, Oriali, Tardelli hanno fatto cerniera difensiva e rilancio, facendo ritrovare
alla squadra l’istinto a non darsi per vittima predestinata. Mi è piaciuto molto Enzo
Bearzot, non tanto per le marcature, tutte appropriate, quanto per lo stile con il quale
ha saputo vincere. Al fischio dell’arbitro, quando lo stadio era un petardo e tutti si
abbracciavano, il Ct che viene dal Collio ha resistito alla legittima tentazione di
buttarsi nel mucchio ed è andato invece a stringere la mano a Ron Greenwood, il
tecnico battuto, l’allenatore che dal Mundial ’78 in poi aveva raccolto i migliori
risultati e i maggiori consensi in Europa.
Dopo lo 0-0 alla Spagna, avevamo assistito sbigottiti alla solita andata nichilista, il
nostro eterno vizio a drammatizzare, dagli alleluia all’autoflagellazione. Questa
Nazionale ha al contrario dimostrato di meritare rispetto e di possedere risorse
tecniche sempre capaci di invertire ogni pronostico, anche contro squadre meglio
attrezzate sul piano atletico e più stabili su quello nervoso.
Questa non è mai stata la Nazionale del giorno prima, è la squadra del giorno dopo; è
odiosa per i pronostici, deliziosa per i commenti. Nel giudicarla a priori rischi sempre
la reputazione, mentre a posteriori ti dà spesso ragione. Non è una cifra, ma un
indovinello. Alcuni suoi giocatori sono «testa o croce», nel senso che alla vigilia della
partita possono tutto e alla fine puoi raccogliere anche l’esatto contrario.
L’anima di questa Nazionale è dunque l’estro, e in molti ancora non l’hanno capito. In
un certo senso, è anche un mistero, e sa raccogliere freudiani impulsi proprio nel
momento in cui più accanite sono le stroncature.
L’1-0 di Torino, più importante e illustre persino Dell’1-0 del 1973 a Wembley,
segnala una squadra orgogliosa che sa reagire e vincere. Non è una squadra perdente,
qualunque sarà l’esito dell’Europeo.
Perché, a scanso di equivoci, occorre ora battere il Belgio per poter andare alla finale
per il primo e secondo posto: il pareggio favorirebbe infatti gli avversari che,
complessivamente, contano ora su un 3-2 (1-1 con gli inglesi, 2-1 con la Spagna),
mentre l’Italia sta sulla’1-0 in totale (0-0 con la Spagna, 1-0 con gli inglesi). Per
maggior numero di gol fatti, un pareggio finirebbe con il riservare la finalissima al
Belgio relegando l’Italia nella finale per il terzo e quarto posto.
Tutto è perciò ancora da decidere, ma forse è meglio così. Questa occasione europea,
giocata in casa, vale la pena di essere vissuta pericolosamente, fino in fondo.