1980 giugno 17 Con il vecchio Benetti un’Italia corazzata che ha esaltato Antognoni

1980 giugno 17 – Con il vecchio Benetti un’Italia corazzata che ha esaltato
Antognoni
EUROPEI / Il centrocampo finalmente equilibrato degli azzurri la chiave del successo
con gli inglesi

Dall’inviato
TORINO – Con sei giocatori della Juve e uno del Torino, la città giusta per battere
l’Inghilterra non poteva che essre questa. Più di mezza nazionale ha giocato
letteralmente in casa, il che senza dubbio serve a mettere a proprio agio. Strepito e
coccole per aiutare l’uno a zero contro i sudditi di Elisabetta.
Dei sei della Juve ha segnato il più giovane, Marco Tardelli, del settembre 1954,
soltanto qualche mese di differenza con Antognoni. Ma a frustare gli schemi a
centrocampo ha provveduto per almeno un’oretta Romeo Benetti, del 1945. Ne è
risultata una squadra in equilibrio anagrafico.
Il bello è che l’Italia ha battuto la favorita Inghilterra pur con alcuni giocatori
innocenti soltanto sul piano della spinta, come Graziani, Causio, Bettega. Sarebbe
bastato che soltanto uno dei tre fosse in serata buona per chiarire il risultato già nel
primo tempo.
A guardare l’Inghilterra schierata, si aveva l’impressione di un pioppeto. Sul gioco
aereo, persino specialisti come Bettega e Graziani erano dei mezzibusti. Dove gli
stangoni inglesi vanno in coma profondo è sui cross radenti, tesi e bassi, appunto
confezionati come quello mancino di Graziani per Tardelli. Una spaccata molto
armonica la sua, eseguita in allegria agonistica, che ha dimostrato come sia davvero
lontano l’inferno di Tardelli, quando si ritrovò per tre mesi con la gamba in panne per
uno strappo.
Finché la partita ha tenuto i tempi di un adagio con brio, gli inglesi hanno fatto patta.
Quando l’intervallo ha rotto il ritmo, avviando poi la Cavalleria Rusticana, da quel
momento è stata l’Italia ad adeguarsi meglio alla bagarre. Non ha mai dominato (e il
palo di Kennedy lo dice), ma ha meglio aggredito il risultato. Aveva la nausea dello
zero a zero.
Rispetto alla partita con la Spagna, mica è vero che fosse cambiato soltanto un ruolo
con Cabrini fuori e Benetti dentro. Era un’Italia diversa e migliore perché modificava
il centrocampo come se gli epurati fossero due e non uno soltanto.
Oriali perfino è stato il mediano in più, necessario come il pane a una squadra che
quasi sempre soffre anemia nei rifornimenti. Senza contare che l’aggiunta di Benetti
inseriva, oltreché un piede corazzato, anche il guardaspalle di Antognoni. Avendo
dietro il Romeo meno romantico del mondo, Antognoni si è liberato dall’incubo della
spola: quel che ha fatto, gli è riuscito anche per l’indiretta lucidità consentitagli dal
galleggiare di Benetti.
Proprio in questi giorni è arrivato in Italia dall’Inghilterra un nuovo gioco, lo
Scrabble, fatto di lettere e tasselli, che annunciano più stimolante delle parole
incrociate. Eppure, a vederli annaspare verso il gol, sembra quasi impossibile che
questi inglesi abbiano la mano felice in giochi d’abilità. Ha ragione Brian Glandville
quando dice bravissimo a Tardelli, non dimenticando di insultare Keegan per la mania
di starsene in retrovia, sulle orme del Cruyff crepuscolare.
Partita europea lo è stata, questo sì. Un secondo tempo sinfonico; un gol senza
segatura; un palo; almeno altre 5-6 palle-gol; un fraseggio concitato quanto si vuole,
mai derapato. Hanno speso 582 milioni per andarla a vedere: non restituire un match
in fibrillazione sarebbe stato da ladroni.
Nonostante Causio abbia confermato una forma corrosa, la squadra ha dato ragione a

Bearzot. É sempre la stessa storia. C’è chi vorrebbe cambiarla dalla A alla Z, senza
che al momento di fare nomi e cognomi ne esca fuori una nuova costellazione
azzurra. Oggi come oggi, si potrà discutere un paio di ruoli ma non è che, dopo aver
perso Rossi e Giordano, il Ct tenga reclusi in cantina altrettanti fenomeni.
I ventidue giocatori scelti da Bearzot sono il meglio, su questo non ci piove. Quanto
agli undici titolari, il Ct crede più alle vecchie conoscenze (tattiche) che alle nuove
energie (tecniche). Lui sceglie il progresso senza avventure di un vecchio slogan
elettorale. Sarà discutibile, non sciagurato.
Tutto è ancora in ballo, persino la finale per il terzo e il quarto posto! Metti infatti che
l’Italia perda con il Belgio e che o l’Inghilterra o la Spagna vincano il loro match
diretto: a parità di punti e magari di differenza-reti, conterà il numero di gol fatti.
Probabilmente non basterebbe a quel punto la solitaria zampata di Tardelli a Torino
per piazzare l’Italia almeno nel poker dei primi d’Europa. Nel 1970 in Messico fu
sufficiente un golletto di Domenghini nell’intero girone (!) a qualificare la nazionale
ai quarti di finale, ma è noto che i miracoli quasi mai si ripetono.
Il Belgio è l’outsider che, a forza di venir snobbato, si ritrova protagonista. Gioca un
bel football e riesce magnificamente in marchingegni che pur prevedono molta
familiarità: così, tre terzini di club diversi sono capaci in nazionale di usare come
fratelli siamesi la tattica del fuorigioco, che ha nevrotizzato gli inglesi e che sta
alimentando la pipa di Bearzot.
Solo che il Belgio, tra i tanti punti di forza, ha pure un tasto delicato, Vilfrido Van
Moer, stesso anno di nascita di Benetti: la prima partita il vecchiaccio fiammingo l’ha
tenuta intera; la seconda a metà. E la terza? Bearzot spera che non abbia più birra e
che, quella che gli rimane, finisca risucchiata da una marcatura alla Tardelli e
dall’ultimo sole di Roma.
Per vincere domani, l’Italia dovrà rendere il Belgio orfano di Van Moer.
Tatticamente, beninteso.