1980 giugno 19 Italia senza… stellone
1980 giugno 19 – Italia senza… stellone
EUROPEI 80 / Finale Belgio – Germania, noi a Napoli con la Cecoslovacchia
Dall’inviato
ROMA – Finale Belgio – Germania domenica a Roma per il primo e secondo posto
dell’Europeo 1980; finale Italia – Cecoslovacchia sabato a Napoli per il terzo e quarto
posto. Siamo nel poker europeo, ma con in mano carte molto tristi, di chi ha
organizzato i campionati più disertati dal pubblico e meno esaltanti per il tifo
nostrano. L’Italia ha perso in campo e nello spettacolo.
L’Italia ha costruito sei palle-gol contro due del Belgio. Ha patito piedi a volte
arruffoni e il singhiozzo degli schemi. Non è stata nemmeno fortunata. Il bello è che,
tra chi voleva questa squadra come Bearzot e chi auspicava un paio di facce nuove,
hanno avuto ragione tutti! Perché due infortuni, ad Antognoni e Oriali, hanno
permesso alla solita squadra di usare per un’oretta la trasfusione di sangue interista,
Baresi prima Altobelli poi.
La gamba non l’ha tirata indietro nessuno e nemmeno il fiato, anzi. Tutto il secondo
tempo ha mostrato un’Italia discreta, che tentava di uscire dal puzzle difensivo dei
belgi. Tecnicamente parlando, un 1-0 per Bearzot ci poteva stare benissimo.
Ciò non faccia d’altronde dimenticare il Belgio, l’outsider del 1980, squadra che si è
persino concessa il lusso di togliere ieri sera di squadra il suo attaccante solitamente
più pericoloso, Vandenbergh.
Nelle sue ultime quindici partite, il Belgio aveva sempre segnato almeno un gol.
Contro l’Italia ha interrotto il bel curriculum, ma ha ottenuto un altro risultato che
parla da solo: undici partite senza perdere e la finale. Tutto ciò non lo deve al trucco
del fuorigioco, applicato alla decima parte che contro inglesi e spagnoli. Il Belgio
deve il suo exploit a un miglior telaio e a una superiore freschezza psico-fisica. Loro
dicevano di puntare al Mondiale 1982 e di considerare questi Europei una lezione da
imparare: a cervello sgombro da obblighi e con schemi molto razionali, hanno
clamorosamente finito con l’insegnare qualcosa agli altri. «Noi olandesi continuiamo
a sognare, i belgi fanno realismo»: lo ha detto Arie Haan, il gigante d’Olanda che
gioca in un club belga.
Nel 1972 a Bruxelles, il Belgio aveva liquidato gli ultimi fuochi europei della
nazionale «messicana» di Valcareggi; ora il Belgio imbarazza la Nazionale juventina
di Bearzot, che all’Europeo era arrivata come ad una tappa molto importante.
Importante anche perché, lo avevano capito perfino i belgi, l’Italia aveva l’obbligo di
far dimenticare in campo «la sale histoire», la sporca storia delle scommesse e dei
suoi centravanti titolari (da Rossi a Giordano) in tribunale qui a due passi
dall’Olimpico, alla palestra del Foro Italico.
Inaspettatamente quarti al Mundial ’78, l’Italia rischia di ripetere lo stesso
piazzamento in Europa nell’80. Non è granché, ma i tempi sono grami in tutti i sensi.
Grande squadra non lo è mai stata, e i nostri lettori sanno che lo stiamo ripetendo fino
alla noia da anni. Illudersi ha sempre potuto perché in più di una circostanza sa
esaltare la compattezza della Juve e i saltuari estri di alcuni giocatori di classe.
Ma l’estro è un misterioso refolo, non una stabile certezza. Per questo, io non faccio
nemmeno processi. Io non sono più bravo di loro e nemmeno di Bearzot. Speravo
soltanto, non avendo mai creduto nello squadrone. E questo, il 1980, è fra l’altro il
peggiore dei nostri anni del calcio. La finalina di Napoli è di una straordinaria
coerenza.