1980 giugno 20 Tecnico e giocatori abbandonati a se stessi e agli arbitri… contro
1980 giugno 20 – Tecnico e giocatori abbandonati a se stessi e agli arbitri… contro
Dall’inviato
ROMA – Ma che Europeo è questo? Una frana. L’unica cosa legittima è la finale per il
primo e secondo posto: Germania – Belgio premia senza dubbio le due squadre
migliori.
Il livello di gioco è opaco, contribuendo non poco anche un pubblico da scapoli e
ammogliati. Non si può pretendere che star quali Krol o Keegan riescano a
raccogliere il meglio di sé davanti a gradinate spopolate. Televisione diretta a parte,
Dario Borgogno, segretario generale delle Federcalcio, afferma: «I prezzi dei biglietti
erano troppo alti, però non è dipeso da noi. É colpa dell’Uefa». Ma non è Artemio
Franchi il presidente dell’Uefa? E non doveva essere proprio Franchi a conoscere
meglio di chiunque umori e risorse degli italiani?
Aggiunge Borgogno che lo scandalo delle scommesse ha paralizzato la Federcalcio,
facendola arrivare in ritardo all’impatto organizzativo con gli Europei. Dev’essere
proprio così perché mai come in questa occasione Bearzot e Peronace sono sembrati
soli, tecnico e manager soli con i giocatori.
Pubbliche relazioni ridotte al minimo; i giocatori costretti a spendere cinque milioni
per acquistare biglietti visto che, nonostante gli stadi furtivi, la Federcalcio ne aveva
riservati in tutto tre a testa. Insomma, il Clan ha avuto l’impressione di non poter
contare su nulla, né sulle quisquilie come i biglietti-omaggio né sulle cose più serie
come gli arbitri.
É forse la prima volta al mondo che il paese organizzatore di un appuntamento del
genere s’imbatte in tre arbitri assolutamente neutrali. O meglio, propensi alle squadre
avversarie.
Contro la Spagna, l’ungherese Palotai ha negato un fioccante rigore su Graziani;
contro l’Inghilterra, il romeno Rainea è stato tanto equanime da conquistarsi la…
finalissima, che dirigerà domenica a Roma; contro il Belgio il portoghese Garrido ha
dribblato un tocco di mano da penalty. Non si tratta di bussare a favori né di
rimpiangere regali sul tipo del 1968 con l’amico Dienst, ma è un fatto che l’Italia non
ha ottenuto su questo piano nemmeno un’unghia. Semmai, gliel’hanno strappata.
Personalmente, sono da sempre per gli arbitri-leoni, al di sopra di ogni sospetto,
refrattari a farsi condizionare da maneggi e pubblico. Ma allora che la legge valga
sempre e sia uguale per tutti: il che non accade assolutamente. Al Mundial ’78,
l’Argentina fu spinta su a spallate nei primi match; all’Europeo ’80, l’Italia ha giocato
in trasferta. Com’è? Amico Franchi, qui una risposta sarebbe utile.
Forse per questa ragione è uscita fuori la notizia che Bearzot – Peronace potrebbero
andare in coppia all’Arsenal, il più prestigioso dei club londinesi. Peronace risiede e
lavora stabilmente a Londra; Bearzot sente la capitale inglese come una seconda
patria e non l’ha mai nascosto. «A vedere certo pressappochismo» – lamentava
recentemente Gigi Peronace – «sembra di essere nel Terzo mondo».
Il giudizio non è campato in aria dal momento che, fragile organizzazione a parte,
abbiamo anche deputati (come il radicale Mimmo Pinto) che ieri ha trovato il tempo
di presentare una interrogazione parlamentare che dice testualmente: «Poiché
obiettivo del gioco del calcio è il conseguimento del risultato che con un termine
sportivo si chiama gol o goal e poiché la Nazionale ha dimostrato di non essere in
grado di assolvere questo che potrebbe essere definito un suo compito istituzionale,
peraltro lautamente retribuito, il sottoscritto chiede al ministro dello spettacolo se
non intenda prendere con urgenza gli opportuni provvedimenti per assicurare il
conseguimento di questi obiettivi o, se questo non si dimostrasse realizzabile,
adottare nei confronti di questo settore in crisi provvedimenti di cassa integrazione».
Il marasma delle scommesse ha ulteriormente inquinato l’ambiente, più teso del
solito, con una Nazionale che come previsto sconta il calo generale d’atmosfera, una
Federcalcio che ha perso punti in termini di efficienza, un Franchi più euromondiale
che italiano.
Forse così si spiega meglio il clima faticoso tra Bearzot e una parte della stampa o la
stessa voce di Peronace all’Arsenal o all’Everton, dove il manager potrebbe sfruttare
la trentennale familiarità con il calcio inglese e dove potrebbe guadagnare anche di
più. Con la Nazionale italiana prende 20 milioni all’anno, che gli vengono pagati in
due rate di cinquemila sterline l’una, regolarmente fatturate.
Non soltanto sul piano tecnico, è dunque un momento di transizione per il calcio
azzurro. Forse la Nazionale aspira a una maggiore autonomia all’interno della
Federcalcio: un Club Italia da competizione, una sorta di formula uno più efficiente e
meglio organizzata.
Un solo gol in 270 minuti europei ha fatto chiedere la cassa integrazione; una nuova
delusione potrebbe spingere i radicali a domandare l’istanza di fallimento.
L’undicesimo referendum è in arrivo? Per il calcio sarebbe il numero perfetto, undici.