1980 giugno 30 Mezza olimpiade

1980 giugno 30 – Mezza olimpiade

Tra venti giorni, il 19 luglio a Mosca, entrerà allo stadio Lenin la fiaccola che il 18
giugno scorso lasciò le rovine del teatro di Giove, in Grecia: è dal 1896 che le
Olimpiadi dell’epoca moderna cominciano così, con il fuoco.
L’Olimpiade di Mosca sarà fredda, una mezza olimpiade. Stati Uniti, Germania,
Giappone e una cinquantina d’altri Paesi l’hanno boicottata non come olimpiade, ma
come Mosca: sono contro la sede, non contro l’avvenimento. No alla sede perché, a
qualche chilometro dallo stadio Lenin, ci sta il Cremlino, dove hanno deciso che
l’Afghanistan è colonia, non Paese.
Il 29 maggio a Mosca il presidente del comitato organizzatore delle olimpiadi e
vicepresidente del consiglio dei ministri dell’URSS, Novikov, dichiarò alla Tass:
«Possano le olimpiadi 1980 dare nuovo impulso allo sviluppo e al rafforzamento del
movimento olimpico, che rispecchia l’aspirazione dell’umanità alla pace sulla terra».
Il fronte del boicottaggio ha preso Novikov alla lettera: se l’olimpiade aspira alla
«pace», a Mosca ha sbagliato indirizzo. La fiaccola – ha scritto un accademico di
Francia – l’hanno accesa con il napalm afgano.
L’olimpiade-simbolo è qualcosa di più di un appuntamento dello sport-spettacolo.
L’olimpiade ha una sua Carta, un’ideologia. Per vocazione è messaggio. Perciò la
«città comunista modello» la voleva utilizzare come belletto; perciò il boicottaggio
l’ha usata quale pressione.
É una mezza olimpiade perché nessuno ha prevalso: né Mosca ottiene l’olimpiade a
futura memoria; né l’Ovest è riuscito a cancellarla. Sta lì, simulacro di sé, orfana,
summit dell’Est, Spartachìade rossa e neutrale.
C’è chi non ci va proprio. C’è chi nemmeno trasmette in diretta le tele-immagini delle
gare. C’è chi fa l’apolide, senza bandiera, distintivi, inni, nulla. Precisa il responsabile
del Coni: «É scomparsa la dicitura Italia che da sempre figurava in queste
occasioni». Scompaiono anche i militari, ai quali i ministri ritirano i passaporti.
Quanto all’abbigliamento, resta confermata la sponsorizzazione di una ditta perugina,
a patto che tute e magliette aboliscano la scritta «Italia». I contratti sono sacri, come
le lire.
Tecnicamente, l’Est vincerà tutto. Tra sovietici e tedeschi d’oriente sarà un pieno
senza precedenti. Qualcuno le ha definite «medagliette» e persino Pietro Mennea ha
cominciato a crederci: «Andrò a Mosca – ha ribadito – soltanto se il Coni mi dirà di
farlo».
A Mosca hanno ridipinto case e chiese, hanno reinventato il traffico urbano, hanno
allontanato gli abusivi che un’Ansa del 18 giugno calcola in un milione, hanno
programmato lunghi soggiorni dei bambini fuori della capitale, hanno ripulito la
piazza dei dissidenti: hanno fatto tutto le cose per bene, fuorché una, restaurare
l’olimpiade divisa, rotta, spaccata.
Scrive un’agenzia: «Molti moscoviti sperano che durante il periodo olimpico non
mancheranno nei negozi molti dei prodotti di cui c’è una carenza cronica».
L’olimpiade perde l’universalità, ma scopre il menù. Sì, ha ragione Leonida Breznev,
il boicottaggio è fallito: buon appetito.