1980 novembre 7 L’ideale di tutti gli sport? La fantasia dentro lo schema
1980 novembre 7 – L’ideale di tutti gli sport? La fantasia dentro lo schema
Ho chiesto al pennino di Roberto Joos di ridisegnare due azioni, una di calcio, l’altra
di rugby.
La prima è il gol di Graziani in Italia – Danimarca, perla inaspettatamente uscita da
una partita modesta e da un calcio al crepuscolo.
La seconda è la meta di Mourie durante il recente Scozia – Nuova Zelanda, incontro
che ha esemplificato il miglior rugby del mondo, quello degli All Blacks.
C’è una straordinaria coerenza tra le due azioni, perché esemplificano meglio di mille
articoli il vero segreto degli sport collettivi, l’ideale del calcio o del rugby o di altri
sport che non lasciano il campione solo con se stesso, ma lo mischiano ad altri atleti
e, soprattutto, ad una invisibile ragnatela di cento opzioni, traiettorie, schemi,
variabili: l’ideale è la fantasia del singolo inserita nella trama di tutti.
Guardiamo il gol di Graziani. L’ala Conti volta le spalle alla porta e ritrova fra due
difensori. Per togliersi d’attorno gli avversari dovrebbe imbarcarsi in uno scorbutico
dribbling. Invece, inventa, accende la luce: colpo di tacco, non sull’uomo, ma nello
spazio apparentemente vuoto, in realtà occupato dallo schema del terzino laterale che
sopraggiunge. Cross, gol: fantasia più collettivo.
Ancora più entusiasmante la meta di Mourie (n° 7) perché l’altro neozelandese,
Wilson, (n° 14) il pallone non l’ha nemmeno toccato: gli è bastato fintare
fulmineamente, come se si apprestasse a ricevere da Mourie, perché l’avversario
gallese restasse in mezzo vittima di una perplessità, di quel tanto di imbarazzo che
consentiva a Mourie di evitarlo e di filare in meta. Fantasia più collettivo, sempre la
stessa ricetta, anche se riprodotta in sport e situazioni diversi.
Ecco perché, guardando le cose più belle dell’ultima settimana giocata all’aperto, la
lezione è una soltanto: e cioè, il tacco di Conti o la finta di Wilson andrebbero
sprecati senza un Gentile o un Mourie in grado di prevedere l’invisibile traccia dei
compagni. La classe è orfana senza tattica e quest’ultima s’illumina nella prodezza.
I messaggi ci sono e vanno letti: non sono misteriosi segni etruschi.