1980 Olimpiade di Mosca. I giornalisti

1980 – Olimpiade di Mosca – I Giornalisti

All’olimpiade i giornalisti si distinguono grosso modo in due categorie, generici e specialisti. I generici
di solito vengono dal calcio e dal ciclismo; quando arrivano all’olimpiade fanno i salti mortali per
sapere un po’ di tutto; sono munitissimi di manuali, enciclopedie tascabili, se poi è il francese
“l’equipe” allora vai sul sicuro perché ha nello sport la stessa reputazione di “Le Monde” in politica.
Il generico è pignolo perché teme di sbagliare: quindi si riduce a controllare ogni dato presso lo
specialista, uno che sa “tutto e sempre” sullo sport di tua competenza.
Quasi sempre lo specialista olimpico si riconosce da un dettaglio: odia il calcio.
C’è un inviato di “Tuttosport” che viene chiamato all’archivio ambulante: non ha mai bisogno di
consultare nulla nessuno perché ha tutto in testa, manda a memoria i centesimi di secondo come il
padrenostro.
L’atletica alleva autentici sacerdoti, dai quali i generici possono attingere miniere di scienza a patto che
non si formalizzino gli sguardi accompagnatori: pur pazienti e cortesi, sono occhiate severe da
cattedratico che ti spalanca il cervello.
Gli specialisti parlano tra loro in gergo, fatto di date, cifre, exploit, vivisezionati. È più facile capire il
dialogo di due russi che cogliere il mistero di uno scambio tra specialisti.
“Visto? 10’’26”
“A Helsinki quattro in meno “
“Però è lo stagionale”
“Vento?”
“1,25”
“Se non lo truccano”
Il giornalista generico gira l’orecchio come un girasole, ma il cifrato lo esclude da ogni comprensione.
Può solo chiedere la traduzione in benevola parafrasi.
Dove il generico si prende la rivincita è sui prognostici. Lui è abituato al totocalcio e sa quanto sia
aleatorio, tant’è vero che, anche se la Sisal fu diventata da Massimo Della Pergola, giornalista sportivo,
non si ha notizia di un solo collega arricchitosi con la schedina. Lo specialista dell’atletica nutre invece
alta più fede: avendo a che fare con la religione dei tempi e delle misure, ritiene di avere poco margine
d’errore.
Se il calcio è il conto della massaia, l’atetica è algebra pura. Il pronostico si fa dunque gesto solenne,
calibrato, mai superficiale, né di umori.
La loro competenza è amore razionale. Noi, da generici, siamo la “presse du coeur” sul tartan: l’atletica
come tutto lo sport ne ha per tutti. È la storia di campioni e di uomini, non sarà mai dimezzata. Il pianto
di Sara Simeoni e gli occhi febbrili di Mennea ne sono parte integrante.