1980 ottobre 6 La Juventus sballa e l’Inter marcia
1980 ottobre 6 – La Juventus sballa e l’Inter marcia – L’Udinese (da domani) è di
Giagnoni
Dall’inviato
UDINE – Fortuna che il Lussemburgo non vale il Bologna! Sennò sarebbe già un
mezzo dramma per Bearzot, Ct che si taglierebbe un mignolo piuttosto che abrogare
un titolare della Juve dalla sua nazionale. Sabato prossimo inizia l’avventura
dell’Italia verso il mondiale 1982 e mai telaio bianconero era parso tanto squinternato.
La Juve ha beccato in coppa quattro gol dai greci (push) e ieri si è fatta stordire in
casa dal Bologna, con una crudezza da viale del tramonto del genere Cassius Clay.
Per forza che Helenio Herrera, giusto l’altro giorno, aveva dichiarato al «Gazzettino»
di non avere il minimo dubbio sullo scudetto-bis dell’Inter. La Juve non ha fatto
niente al mercato, era l’accusa di H. H., per ricuperare il terreno perduto sull’Inter
1980. Persino il vecchio John Charles, che sul petto gallese porta ancora le stigmate
della Vecchia Signora anni ’50, se l’è presa con Boniperti, reo di non aver pensato a
un centravanti e di aver acquistato Brady, buon giocatore ma non tale da trasformare
una logora squadra.
La Juve che perde in casa alimenta ancor più il significato del 3-0 dell’Inter al Napoli:
il buio di Como sembra assorbito e il campionato riprende orizzonte milanese,
nonostante la Roma e una Fiorentina mai vista aggressiva.
Certo che, assieme alla Juve in sala rianimazione, la cosa che più fa sensazione è il
massiccio «ritorno» in classifica delle tre penalizzate dai trucchi di Cruciani e Trinca.
Il Bologna è già a più uno; Avellino e Perugia restano sottozero di un solo punto.
Eravamo stati facilissimi profeti, conoscendo la consistenza delle tre squadre, nel
consigliare all’Udinese di non illudersi. Nel giro di un mesetto di campionato, la
situazione si è normalizzata, con una classifica quasi del tutto sbaraccatasi degli
handicap processuali.
Nasce qui la rapidità con la quale l’Udinese ha tolto la fiducia, beninteso tecnica, a
Peroni. Visto che le divergenze erano polverizzate in mille episodi e tuttavia
riconducibili a un’unica, globale, insanabile frattura, la SpA ha avuto l’apprezzabile
idea di non trascinare il problema. É preferibile una separazione frettolosa che una
convivenza senza dialogo.
Per una domenica, in panchina ci è andato Enzo Ferrari, e lo ha fatto senza timidezza,
dando alcuni tocchi molto personali, anche se di fronte aveva la Fiorentina, fino alle
15 di ieri leader in classifica.
Ferrari ha escluso Sgarbossa, ha utilizzato come secondo stopper Miani, ha tolto
Acerbis e lanciato un primopelo quale Giorgio Papais, diciannovenne centrocampista
friulano. Il numero 9 sulla schiena a Neumann è invece un gioco di numeri, anche se
il tedesco, giocando a cuneo e arretrato, quel numero lo indossa tutt’altro che a
sproposito.
É parsa un’Udinese tatticamente più razionale, meglio attrezzata in difesa. Per un’ora
ha espresso forcing di alta cifra agonistica, come non era accaduto nel passato tant’è
vero che Tito Corsi, ex-manager del Vicenza, oggi alla Fiorentina, diceva in tribuna:
«Siamo arrivati a Udine nella settimana sbagliata». Sbagliata perché, dopo un
cambio di panchina, risulta abbastanza normale riscontrare la cosiddetta reazione.
Solo che di reazioni di giornata non si campa a lungo e dunque l’Udinese ha già
assunto Gustavo Giagnoni. Domani prenderà in mano la squadra, e non saprei
nemmeno per quale ingaggio. So soltanto che, a domanda di Teofilo Sanson,
Giagnoni ha risposto: «Faccia lei presidente». Sapevo benissimo che Giagnoni non è
venale: ne ho avuta ulteriore conferma, e queste sono le cose che piacciono a prima
vista di un personaggio che secondo me ha ancora molto da dire dopo tre anni a
Mantova, tre al Torino, due al Milan, uno scarso al Bologna, due alla Roma e uno al
Pescara.
Il problema più grosso che dovrà risolvere è il calo che l’Udinese paga vistosamente,
nel ritmo, tra il primo e il secondo tempo. Non penso, come qualcuno forse teme, a
recrudescenze di temperamento. Giagnoni è del 1932, esperienza ne ha fatta e, in
fondo, dai focosi tempi del Torino al recente caso Menicucci erano trascorsi sette
anni! Se il rapporto arbitrale di Menicucci gli costò sei mesi di squalifica dal giudice
sportivo, la commissione disciplinare gli inflisse soltanto 25 giorni di sospensione, già
tutti scontati lo scorso luglio. Segno che le sue dichiarazioni sull’arbitro toscano non
furono poi considerate tanto folli.
Giagnoni merita stima. L’Udinese è come se cominciasse un nuovo campionato. Alè
Udin!, tre punti in quattro partite, non bastano.