1982 dicembre 6 la Nazionale non vince… e giù i corvi in picchiata
1982 dicembre 6 – la Nazionale non vince… e giù i corvi in picchiata
I leccapiedi del risultato, gli schiavetti del senno di poi non aspettavano altro
Dall’inviato
FIRENZE – Ha ragione Giorgio Bocca: l’Italia è un paese schizofrenico, incapace di
ragionare da laici e pragmatisti. Abbiamo sempre bisogno di parole d’ordine, dogmi,
frasi fatte, discorsi da portare avanti e rottami retorici capaci di far prevalere le bugie
sulle analisi. Prendiamo il calcio: più gioca la Nazionale e più non si riesce a capire
che cosa di colpo si pretenda da essa! La scorsa estate siamo passati rapidamente
dagli sputi al lancio di petali di rose: ora, sono bastati un 2-2 a San Siro con la
Cecoslovacchia e uno 0-0 con la Romania a Firenze per far tornare a galla tutta una
serie di patetiche e senili bischerate.
Gli stessi che già qualche anno fa lo volevano all’ospizio, ora invocano con procedura
d’urgenza Bettega. Altri danno per mezza cotta una squadra enfatizzata soltanto
cinque mesi fa a Madrid e propongono subito Giordano che, pur senza discussione
molto bravo, gioca fino a prova contraria in serie B, ha ancora addosso l’amnistiato
unto delle scommesse e in fondo in fondo ha segnato finora un gol più di Jordan,
dipinto a più riprese come il brocco dei brocchi.
Sono i soliti leccapiedi del risultato, gli schiavetti del senno di poi, in linea con il
sofisma ricordato in questi giorni da Alberto Ronchey secondo il quale «non vince
sempre chi eccelle ma diventa eccellente chi vince». E se non vinci, hai sempre torto.
Senza grande sconcerto per la verità, avendo in questi anni assistito a storiche
invettive e ad altrettanto storiche retromarce, ho letto ieri qualche voto di questo tipo
all’arbitro: un bel 7! Ma allora quale valutazione daremo mai agli arbitri capaci, quelli
che vedono i rigori e che, soprattutto, bloccano fin dai primi minuti il gioco
intimidatorio e ostruzionistico?
Il fatto è che spesso si applica al nostro calcio un atteggiamento masochistico,
severissimo con i nostri giocatori e magnanimo con gli stranieri. Se la Romania fa un
catenaccio tra i più nichilisti, incapace di un solo contropiede, le si concede ogni
attenuante visto che giocava in trasferta contro i campioni del mondo. Ma se l’Italia fa
un 1-1- fin troppo opportunista contro il Camerun a Vigo, in pieno campionato del
mondo, di colpo diventa la «Nazionale della vergogna».
Una cosa è invece certa: la Nazionale di Bearzot potrà anche perdere, e infatti è
accaduto che abbia perso, ma un calcio tanto mutilato di sicuro non lo esibirà mai. É
cambiata in Italia la cultura della barricata, l’epos dei risultati rimediati in qualche
modo: per merito di Fulvio Bernardini nel 1975 e di Bearzot subito dopo, è nata una
nuova sensibilità al gioco. Marcato finché si vuole, contropiedistico anche, ma buon
gioco di replica che al Mundial ha portato negli impazziti flash-gol scattati dai
fotografi terzini, stopper, liberi e mediani azzurri.
I due pareggi con la Cecoslovacchia e con la Romania non fanno assolutamente
scandalo. Anzi, li trovo in dignitosa linea con il Mundial vinto. Nelle poltiglia di San
Siro, l’Italia giocò almeno 40 minuti di buon calcio e soffrì due volte il pareggio su
impacci difensivi (per esempio di uno Scirea) che non fanno solitamente testo. A
Firenze, l’Italia ha concesso alla Romania un tiro dicesi uno da 40 metri, roba da non
credere, dato difficile da riscontrare anche contro una squadra femminile. In entrambe
le partite sono state costruite numerose palle-gol, alcune antologicamente sprecate, e
quindi inattendibili, proprio dai giocatori di maggior talento e di miglior piede, come
Rossi (bucò in pieno il pallone con i ceki) e come Conti (tocco sbadatissimo – non
deviato – a porta vuota). Sono due pareggi che tranquillamente erano due vittorie,
anche ampie.
Certo, qualcosa non ha funzionato, a cominciare da un Tardelli galleggiante con
difficoltà. Lo smalto non è ovviamente quello di Spagna. Ma contro i guastatori
romeni non era facile giocar bene. Per far piacevolmente all’amore bisogna
desiderarlo in due.
É nel giusto Bearzot quando, l’altra sera, mentre passeggiavamo negli squallidini
corridoi del centro tecnico di Coverciano, ribadiva il grande impegno dei giocatori:
«Hai visto come sono ridotti Graziani, Rossi, Gentile, Marini, Tardelli, e altri? – si
chiedeva il Ct – Gente onesta, che ha dato il massimo anche a costo di compromettere
la loro presenza domenica in campionato. Cosa vuoi che dica a giocatori così anche
se non hanno vinto?».
Niente, gli ho risposto, Hanno giocato seriamente, non hanno mai ridotto rischi
personali, non hanno mollato, infatti Conti poteva vincere la partita da solo all’89’.
Hanno replicato colpo su colpo ma senza isteria, nonostante un arbitro franco-
alsaziano che pareva avere in antipatia i neo-campioni del mondo. Raccontano le
cronache che la tribuna d’onore era «annoiata e delusa». Pensa te che dramma, in
tribuna d’onore di solito si infilano gli unici non-spettatori, sedentari ignari del sudore
altrui e dei prezzi dei biglietti pagati al botteghino. La loro noia è pari alla nostra
indifferenza.
Questa Nazionale ha nerbo da vendere e merita stima oltre che comprensione per tutta
una serie di incidenti post-Mundial, da Cabrini a Scirea, da Rossi a Graziani, fino alla
raffica romena. É anche una squadra interscambiabile che, fatta eccezione per il
fondamentale Rossi, assorbe con disinvoltura il valzer delle assenze. Ha lanciato bene
anche l’esordiente Baresi e, sabato a Firenze, non ha consentito di rimproverare
momenti di lassismo ad alcun giocatore. La cosa è importante, in termini di
superpagato professionismo.
Tutto ciò non per scordare la preoccupante classifica europea o per socchiudere gli
occhi su alcune lentezze di manovra o imprecisioni personali. Qui si vuol soltanto
ribadire che i «campeones» sono ancora dignitosamente in piedi, nonostante due
risultati modesti e due punti perduti. Il «mal di Mundial» colpì anche l’Argentina
dopo il 1978 e fra l’altro, nel caso dell’Italia, ci troviamo oggi di fronte non al ritorno
dei brocchi sulla scena ma piuttosto a una strana, impalpabile perdita di magia
nell’attimo del gol.
A questa Nazionale i più dedicarono prima lazzi e insulti, poi pubbliche scuse, oggi
nuovi crescenti acidi. É follia sperare che nell’Anno Santo 1982 qualcuno si
convertirà al primato della ragione e alla morte della fazione? Sì, è una follia.