1982 giugno 17 Adesso siamo i campioni del mondo
1982 giugno 17 – Adesso siamo i campioni del mondo!
La critica da un estremo all’altro: prima gli azzuri erano da «Cottolengo» poi, (dopo la
Polonia)…
Dall’inviato
VIGO – Ho sempre sostenuto che il dramma del calcio italiano è la logorrea. Non
appena si comincia a giocare, tutto cambia dalla notte al giorno: sono stati sufficienti i
due 0-0 di Vigo e La Coruña perché una cascata di parole andasse ad affogare in
Atlantico. Prima era tutto sbagliato. Ora è quasi tutto giusto. Prima la Nazionale era
da «Cottolengo»; ora ha già in tasca il biglietto per Barcellona. Prima c’era un clima
da suicidio collettivo, ora siamo mezzi campioni del mondo. La vecchia tesi del
ministro Taviani sugli opposti estremismi sopravvive a misura di Bearzot.
Niente è più uguale. La Polonia era una macchina da gol, il Perù era una succursale
brasiliana. Tutto «era», non è più. Boniek, Uribe? Carneadi, chi sono costoro? Il
girone duro è diventato girone di burro, dove non si segna, dove si gioca male e dove
hanno funzionato soltanto l’incognito (Italia) e il folclore (Camerun).
Ieri a Bearzot gli sbandieratori di Gubbio hanno regalato una balestra con freccia
innestata. Non è escluso che il Ct sia stato sul punto di usarla quando un giornalista
genovese gli ha fatto balenare l’idea di un Boniek remissivo perché già juventino.
Bearzot ha reagito con un do di petto che nemmeno Pavarotti al Metropolitan.
Causio e Rossi se n’erano nel frattempo già andati a spasso; appena rientrati sono stati
i più fermi nel mettere il dito nell’occhio di una certa mentalità. Ha detto Rossi: «É un
vizio italiano. Prima dovevamo metterci le mani nei capelli, ora siamo di colpo i
migliori». Ha aggiunto Causio: «Alla vigilia eravamo i peggiori, adesso dei fenomeni.
Cerchiamo di essere un po’ coerenti e di tenere i piedi per terra».
Invito accolto, teniamo i piedi per terra. Tra la Polonia che andò recentemente a
vincere a Buenos Aires e la Polonia anti-Italia ci dovrà pur essere un valore medio più
equilibrato. Tra il Perù che vinse poco tempo fa sia a Parigi che a Budapest e il Perù
ipnotizzato dal Camerun è probabile che esita una mezza via più sincera. Quindi,
attenzione, calma e gesso, non è ancora finita e ieri è scoppiata tra l’altro la prima
giornata di caldo. Non i 38 gradi di Siviglia né i 41 di Valencia, ma un sole che finora
la Nazionale non aveva mai assaggiato.
Ciò non cancella una situazione fattasi matematicamente brillante. Lo 0-0 tra Perù e
Camerun consente a Bearzot persino uno strettissimo 1-0 con il Camerun, nella
speranza che i bravissimi negroni, dritti e schietti come eucalyptus, paghino alla lunga
euforia e fatica.
Se così fosse, accadrebbe esattamente la stessa cosa che nel 1970 in Messico quando
la Nazionale passò al turno successivo con un golletto di Domenghini (mezza
autorete!) in tre partite. Ma il segreto dei risultati a risico è la concentrazione; appena
metti la puzza al naso è fatta, anche le passeggiate si fanno percorsi minati.
E poi, siamo onesti, perché mai questa Nazionale dovrebbe prendersi il lusso di
sottovalutare qualcuno? Nonostante la buona organizzazione anti-Polonia, non si
riesce a segnare un gol nemmeno a pagarlo oro. Chi ha avuto le palle-gol, o le ha
sbagliate (vedi Rossi) o s’è imbattuto in traverse e stinchi (vedi Tardelli e Graziani).
Imprecisione e fato hanno ancora una volta confermato che il 1982 è l’anno più avaro
in zona-gol.
Non credo che domani il Perù sarà lo stesso disistimato a La Coruña. Come già
accadde all’Italia, anche il Perù non può che migliorare. É impensabile che gente
importante quale Uribe o Cueto o Velasquez torni mestamente sulle Ande senza dare
un solo colpo di coda.
Il vantaggio dell’Italia sarà tattico. Potendo anche pareggiare, la Nazionale avrà la
possibilità di ferire il Perù in contropiede con almeno tre giocatori: Antognoni, Rossi,
Conti, tutti adatti al colpo basso. In più lo stesso Tardelli, molto sensibile nel cogliere
sul limite delle altrui aree di rigore imbarazzi e sbilanciamenti.
Barcellona è molto vicina, questo sì, a patto di non sprecare l’occasione. Il primo
arbitro è andato assai bene, come supposto, e nemmeno questo guasta. Il francese
Vautrot è parso, così poderoso e vestito di nero, un rugbista maori; poneva tanto fiato
nel fischiare che pareva tenere tra le labbra un’ocarina. Ha ammonito Scirea, Boniek e
Marini per indugi sulla barriera, ma come dargli torto? Chissà se gli arbitri italiani lo
avranno guardato con attenzione davanti al video. É anche così che si tutela lo
spettacolo e si educa il giocatore: a guadagnarci è soltanto il pubblico che paga.
Se non getta sementi di cultura sportiva, il Mundial non ha avvenire. Vive soltanto
l’attimo.