1982 ottobre 18 La prudenza fa uno 0-0 che piace

1982 ottobre 18 – La prudenza fa uno 0-0 che piace

UDINESE – JUVENTUS 0-0
UDINESE: Borin, Galparoli, Tesser, Gerolin, Edinho, Cattaneo, Causio, Orazi,
Mauro, Surjak, Miano; 12. Corti, 13. Siviero, 14. Papais, 15. De Giorgis, 16. Pulici.
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini, Furino, Brio, Scirea, Marocchino (50′ Bettega),
Tardelli, Rossi (76′ Galderisi), Platini, Boniek; 12. Bodini, 13. Prandelli, 14. Bonini.
ARBITRO: Bergamo di Livorno.
NOTE: cielo coperto nel primo tempo, sprazzi di sole nel secondo. Temperatura mite.
Terreno scivoloso. Record di presenze e di incasso: 49.242 spettatori per un incasso di
640 milioni 903 mila 756 lire. Calci d’angolo 6 a 4 per la Juventus. Ammonito Platini
per gioco falloso. Alla partita ha assistito anche Enzo Bearzot.

Dall’inviato
UDINE – Stadio favoloso, che è sempre più difficile definire provinciale. Il sole
lampeggia soltanto a tratti, ma è luminosa la geometria di folla. Questa è la «base» per
i progetti della Gestione Mazza, anche se le radici arrivano di lontano e nulla è
improvvisato, nulla è stato facile.
Udinese – Juve coltiva motivi tecnici e no. Questa Udinese dice di non avere modelli
in senso stretto, però un’ispirazione ce l’ha, ed è proprio la Juve con i suoi
investimenti, con la grande industria privata alle spalle, con il suo staff di pochi
manager, senza più traccia dei vecchi dirigenti da società sportiva. Se Causio è a
Udine assieme a Virdis, segno che l’ispirazione passa poi attraverso rapporti
privilegiati.
Udinese – Juve nasce importante e, nonostante poco ci sia ormai da inventare o da
scoprire a questi livelli, non manca la sorpresa. É assente Paolo Pulici che per anni,
dalla barricata del Torino, scaraventò sassate all’indirizzo di Madama, Dopo il 3-0 di
Ascoli, Enzo Ferrari deve aver fatto voto di castità difensiva e preferisce il finto-
centravanti Mauro a Pulici, nato costui per l’area di rigore e basta. Mauro amministra
all’altezza dei centrocampisti; Pulici si avventa; questione d’istinto.
Già alla lettura delle formazioni, temo che sarà pareggio e che durerà ancora la
ventennale ritrosia dell’Udinese a battere la Juve. Una Juve che non può non avere in
testa anche la Coppa Campioni di mercoledì prossimo. Perché strafare a Udine
quando in campionato c’è già chi si sta arrendendo come la Fiorentina? Meglio
camminare saggiamente sui due binari, anche perché la Juve non è ancora lo
«squadrone». La forma ha da venire, a gradi, dato che in Italia lo scudetto si decide
soltanto a primavera.
Perciò si rivede a Udine la Juve «all’italiana» che Helenio Herrera aveva osservato a
Firenze. Italiana nel senso che – con Enzo Bearzot a scrutarla dalla tribuna – comincia
dalle marcature (vedi Gentile su Causio), passa attraverso un buon filtro (Furino,
Tardelli, lo stesso Marocchino) e s’allunga verso il gol senza scomporsi molto. Anzi,
con schemi a volte fin troppo meditati.
La Juve ha Bettega in panchina, ragion per cui i cross perdono il migliore
destinatario. Trova Rossi imbottigliato al centri da un perfetto Galparoli. Sgancia al
tiro dai venti metri i due stranieri, non fosse che soltanto in un paio di occasioni
Platini e Bonjek non si vedono anticipati dai difensori quasi sempre svelti a
disintegrare la trama.
La Juve lancia poco e dialoga di più. L’Udinese tenta un gioco più profondo, che
trova spesso la verticale nelle filanti comete di Edinho. Ma l’Udinese mostra difficoltà
nell’ultimo passaggio, perché Mauro sbava in precisone e Causio perde misura con

addosso Gentile, noto tamponatore che rovinò il Mondiale anche al dott. Maradona.
Juve e Udinese sono due squadre a guardar bene gemelle. Entrambe hanno lavorato al
mercato meglio di chiunque; ognuna al proprio livello è attesa o allo scudetto di
lorsignori o allo scudetto delle provinciali. Ma entrambe sono ancora in elaborazione;
sembrano destinate a crescere con il Campionato. Ieri hanno inventato poche palle-
gol.
É stata la partita di chi doveva dire no: i portieri, gli stopper, i terzini. Nessuno era
disposto a perdere per il gusto di rischiare a vincere, eppure non c’era tregua in
campo. Se pareggio doveva essere, che almeno uscisse da un equo annullarsi in zona-
gol, non da un tacito disimpegno. Perciò, uno 0-0 di poche palle-gol è piaciuto
riuscendo a strappare applausi per Edinho, Rossi, Borin, Zoff. Se non hai il gol,
ammiri il gesto.
Il primo tempo è andato via più liscio del secondo, mentre si sono accesi poi momenti
che potevano decidere a vantaggio di chiunque. L’Udinese con il rigore, la Juve con il
palo a portiere battuto. Il tutto dall’ora esatta in poi, in una partita fattasi dispendiosa,
come suggeriscono le sostituzioni di Marocchino e – udite, udite – di Paolo Rossi.
Entrambi «affaticati», annunciava Trapattoni alla fine.
L’Udinese è rimasta tale e quale per gli interi 90 minuti. Forse Ferrari aveva una
mezza intenzione di lanciare Pulici nell’ultimo quarto d’ora, ma il palo di Bettega
deve avergli consigliato ulteriore prudenza.
Dopo Virdis, dopo Pulici, l’Udinese sembra cercare un terzo centravanti in Mauro, un
numero 9 vagabondo, semmai più vicino a certe mutazioni di Virdis che alle
percussioni di Pulici. Alla stessa stregua della Juve del primo tempo, senza Bettega in
ascensore, si è vista anche un’Udinese quasi negata al gioco di testa.
Tirate le somme, mai 0-0 è parso tanto ineluttabile, anche se ne eravamo tutti ignari.
Pefino Franco Causio che, dagli undici metri, ha trovato troppo facile battere la «sua»
Juve.
A volte il banale tradisce i campioni.