1983 agosto 13 È morto Franchi. Il calcio perde il suo leader
1983 agosto 13 – È morto Franchi. Il calcio perde il suo leader
Artemio Franchi è morto ieri sera in un incidente stradale avvenuto nei dintorni di Siena.
L’incidente, secondo le prime informazioni, è avvenuto intorno alle 19:30 sulla strada provinciale
che da Taverne d’Arbia conduce ad Asciano, Franchi viaggiava a bordo di una “Fiat 32” che si
sarebbe scontrata con un autocarro.
Artemio Franchi, che a Siena era capitano della contrada della “torre”, si stava recando ad Asciano
ove doveva incontrarsi con il fantino Silvano Vigni, detto “Bastiano”, vincitore dell’ultimo palio di
luglio.
Nella sede della contrada, in via Salicotto, è stata esposta la bandiera della “Torre” listata a lutto.
Artemio Franchi era nato l’8 gennaio 1922 a Firenze. Si era laureato in giurisprudenza discutendo
una tesi in diritto internazionale. Era amministratore delegato di una società petrolifera (la ditta
Bruzzi, del suocero, scomparso anni fa) ed era insignito dell’onorificenza di grande ufficiale al
merito della Repubblica.
La sua notorietà in campo internazionale era legata al calcio. Presidente dell’Uefa (la federcalcio
europea), vicepresidente della Fifa (la federcalcio internazionale), era stato presidente della Figc per
due volte, dal 1967 al 1976 la prima e dal 1978 al 1980 la seconda.
Franchi aveva iniziato la carriera sportiva nazionale e internazionale cominciando a giocare in
squadre giovanili prima della seconda guerra mondiale. Nel 1944 era diventato arbitro della
Federcalcio italiana diventando segretario della sezione arbitri di Firenze l’anno successivo e fino al
1950.
Dal 1951 a 1952 era stato segretario della Fiorentina, per poi passare alla lega interregionale di
quarta serie. Nel 1958 era stato eletto alla presidenza della lega nazionale semiprofessionisti, carica
che aveva mantenuto fino al 1965 insieme con vari altri incarichi di prestigio: commissario all’Aia
(settore arbitrale della Figc) dal 1958 al 1965, vicepresidente della Figc nello stesso periodo,
commissario alla lega nazionale professionisti dal 1964 al 1965.
Proprio nel 1965 diventa commissario vicario della Federcalcio, per assumere la presidenza vera e
propria nel 1967. L’anno successivo diventava vicepresidente dell’Uefa (delegato del comitato
esecutivo dell’Uefa alla commissione arbitri dal 1968 al 1972, presidente della commissione
disciplinare dell’Uefa dal 1966 al 1970, membro della commissione tecnica della Fifa dal 1966 al
1968). Nel 1973 era diventato presidente dell’Uefa e vicepresidente della Fifa.
L’8 dicembre del 1978 tornava sulla poltrona di presidente della Federcalcio in sostituzione di
Carraro. Durante questo nuovo quadriennio Franchi era incappato nel calcioscommesse ed il 12
aprile 1980 aveva annunciato l’intenzione di lasciare la Federcalcio, cosa che avvenne il 24 luglio.
Al suo posto subentrò Sordillo.
Uno tra i primi personaggi del mondo del calcio a conoscere la tragica notizia della morte di franchi
è stato Ferruccio Valcareggi, ex ct della Nazionale: “Speravo che non fosse vero” ha detto
piangendo. Come presidente onorario della Figc Franchi aveva recentemente partecipato a
Coverciano, quasi una sua seconda casa, alla assemblea delle società in serie C.
Senza predecessori e senza eredi: con Artemio Franchi il calcio italiano perde il suo unico vero
leader. Da quarant’anni nel calcio, da venti punto di riferimento del fenomeno più capillare d’Italia,
Franchi aveva fatto razzie di tute le cariche possibili: gli mancava soltanto quella di presidente della
Fifa, ma alla testa del calcio mondiale sarebbe certamente arrivato nel giro di qualche anno. È per
merito suo se l’Italia ha praticamente già in tasca l’organizzazione dei campionati del mondo del
1990.
Ex arbitro, ha conosciuto del calcio tutto, passo dietro passo, settore dietro settore. Nessun dirigente
italiano lo ha mai eguagliato in competenza: Franchi è sempre stato il numero uno non per il potere
che aveva ma per la naturalezza con la quale lo esercitava. Sembrava nato per guidare uno sport
che si gioca all’aria aperta ma che suscita interessi a volte scabrosi. Quando fu sorpreso dallo
scandalo delle scommesse, lasciò la presidenza della Federcalcio dicendo: “Qui serve gente nuova e
nuove idee”.
In realtà Franchi non ha mai lasciato nulla. Guidava da dieci anni il calcio europeo, il più ricco del
mondo con 34 Federazioni, 330 mila squadre di club e quasi 16 milioni di giocatori, ma soprattutto
era rimasto uomo di potere. Autorevole, influente, esperto, quasi mai spiazzato, amministrava più
silenzi che interviste eppure non c’era personaggio che di lui non dicesse: “Nel calcio non si muove
foglia che Franchi non voglia”. Fino a ieri sera.
“La Corea e il Mundial vinto – mi disse a Firenze lo scorso febbraio – sono gli estremi di una
grande stabilità di valori”. Vedeva le cose dall’alto, non gli piaceva più stare in mischia anche
perché viveva il calcio di massa con un tono aristocratico, la parola accurata, l’ironia sempre
presente a contatto con interessi sempre più cospicui. È stato il più grande presidente della
Federazione moderna benché non amasse l’evoluzione verso gli sponsor, la pubblicità, le
Finanziarie e i ricorsi al Tar: e forse non li amava proprio perché sentiva che, attraverso essi,
sbiadiva l’immagine della Federazione quale garante e potere che media i conflitti e le ambizioni.
Avendo molto potuto, è stato molto discusso. Avendo molto gestito, inventò la formula
dell’”immobilismo attivo” per mettersi al riparo da chi vedeva in lui un guardiano dello status quo.
Un giorno, nel tentare di scansare un’intervista, disse: “Preferirei parlare del palio di Siena, di quel
mondo meraviglioso e unico”.
Ieri sera Artemio Franchi, il presidente, stava correndo all’appuntamento con un famoso fantino del
palio: la morte gli ha tagliato la strada mentre lavorava per il suo “meraviglioso” hobby di senese.
Anche le contrade del calcio mettono il nero.