1986 giugno 19 Mondiali Messico 86. Mio vecchio caro Bearzot

1986 giugno 19- Mio vecchio caro Bearzot –
(E per cacciare Bearzot c’è anche un accordo Dc-Dp servizio a pagina 2)

Mio vecchio caro Bearzot, non ricordo quale scrittore dicesse che un uomo può essere distrutto senza
sentirsi sconfitto. Di te penso esattamente il contrario, e cioè che sei sconfitto non distrutto. Perciò
rischi di vedere benissimo vicino e male lontano, con una miopia tanto umana quanto patetica.
Ho sempre detestato i farisei e non ho la statura di Ponzio Pilato: confesso che avrei scommesso una
modica cifra sul passaggio dell’Italia. Non per sottosima di Michel Platini, che sceglierei come primo
giocatore di una mia platonica squadra, ma perché non immaginavo che la Francia potesse suscitare
complessi d’inferiorità pari al suo sentimento di Grandeur.
Chiaro come il sole, anzi come il 2-0, che mi sono sbagliato di grosso. Platini era stile Luigi XVI, la
Francia teneva in panchina il fantasma di De Gaulle e, quanto a noi, chissà perché mi ronzava in testa
in romanesco «Francia o Spagna purché se magna!» Insomma, sembravamo degli astenuti, già grati di
essere giunti agli ottavi di finale.
So bene che cosa intenda per marcare, basta guardarti in faccia, con quel naso spaccato da una
gomitata. Basta tastarti il braccio per indovinare che le ossa erano ai tuoi tempi pròtesi di metallo.
Quando hai chiesto al Baresi di scortare Platini anche alla toilette, Gentile, Oriali, sturmtruppen che
rodono la caviglia e sputano il fiato addosso. Mica per carogneria, solo per umiltà.
Beh nemmeno al ballo delle diciottenni si usano tanti riguardi. Alla loro force de frappe abbiamo
opposto buffetti e languide mazurke. Chi si scandalizzava per il risparmio delle partite del primo turno
non sa nulla di calcio, tantomeno di un Mondiale. Con la Francia no, con la Francia era tutta un’altra
faccenda, mors tua vita mea, o tu o io, todo o nada dicono i messicani. Di giocare male capita; di
arrendersi calando anche gli slip, senza corsa, senza nerbo, senza un pizzico di indignazione interiore e
di sana cattiveria, non capita tutti i giorni.
Mio figlio Paolo, che sta facendo gli esami di quinta elementare, è andato a letto piangendo. «Sono
incapaci» ha protestato; voleva dire che non abbiamo fatto per sembrare almeno nipoti dei campioni del
mondo, se non per la tecnica per il cuore. Più che delusa, la gente è seccata, l’altra sera non voleva
credere al proprio video. Questa è la tristezza.
Caro Enzo, tu hai un alibi di ferro. I migliori te li sei portati tutti in Messico e i migliori non valgono
nemmeno la metà dei campeones di Spagna ma sono sicuro che non ti offenderai se, da amico «ante
bellum» come mi chiamasti un giorno, ti rimprovero un’omissione. Con la prudenza di chi sta
comodamente in poltrona, voglio dire che il tuo modesto Gotha dei calciatori te lo sei portato ma non
l’hai usato abbastanza.
Hai insistito su Galderisi senza riflettere sul fatto che anni fa la Juve acquistò Paolo Rossi nonostante
fosse squalificato per il totonero e che dirottò Galderisi in provincia. L’Ifi, la Fiat, l’Avvocato… ti pare
che avrebbero mollato un centravanti di stoffa Mundial? Poi, si sono privati anche di Rossi per avere un
Serena tutto acqua e sapone: ebbene, tu li avevi entrambi, sia Rossi che Serena, e li hai vincolati in
panchina o tribuna. Un esempio, sul quale concedimi il diritto alla perplessità.

So già che cosa mi rispondi, gli unici a vincere sono gli esclusi. Riconosco che hai ragione, e inoltre mi
hanno sempre dato fastidio i maghi del dopo partita. Però adesso, sollevate le suole dal prato, non
sbagliare vita.
Fossi nei tuoi panni, piglierei su giacca e pipa uscendo dalla scena. Dopo dieci anni da leader, non
insistere né accettare mezzadrie. Campione del mondo, puoi diventare un Cincinnato circondato di
rispetto oppure ritornare in mischia quando il tuo destino di pallone s’abbassa come un sole
all’orizzonte.
Non hai nulla da farti perdonare. Quattro anni fa, tra mille guai e inflazioni, ci hai fatto riscoprire il
piacere d’essere italiani costringendo a scrivere di football i Bobbio, Alberoni, Ronchey. Oggi, a
dollaro sbiadito e barile svalutato, possiamo permetterci il lusso di perdere troppo presto il Mundial
senza patire frustrazioni di Patria.
È il momento giusto, per decidere che un bellissimo ciclo si chiude. Cogli il giorno, tu che hai studiato
e amato Orazio, mai sfidare il tempo.
Con la stima di sempre.
giugno 1986