1986 giugno 2 Mondiali Messico 86. Tecnica a rovescio
1986 giugno 2 – Mondiali Messico [Tecnica a rovescio]
Ad un certo punto i bulgari hanno tentato persino la melina, tela di Penelope da tessere in campo
con pazienza, metodo, attesa. Ma al quarto tocco, uno zoccolo duro ha messo il pallone fuori, senza
devozione verso uno degli stadi più coreografici del mondo.
Sedici anni fa in Inghilterra un bulgaro se la vide con Pelè. Il suo nome era Zechev, suono di
lama. Affrontò “o rey” e gli lascio addosso il suo segno di Zorro, la suola e mezza gamba.
Per Pelè il Mondiale di Londra finì su quella “pista bulgara”, anche allora assolta per
insufficienza di prove dato che la broccaggine non è mai dolosa. “E’ tempo che smetta di giocare
anch’io” mi sussurrò Omar sivori, qualche anno dopo a Vicenza. Aveva visto tale Piampiani
palleggiare contro il muro di cinta sempre di stinco dimenticando il piede: la tecnica a rovescio.
Garrincha era un nomignolo, in brasiliano stava per “uccellino”, come un fringuello scivolava
l’ala tra i bulloni d’ogni risma di terzini e sinistri. Faccione del Gambadilegno di Disney, grossi
denti per un tenero sorriso, Garrincha abitava nella foresta con tanti figli da poterne fare una
squadra. Viveva per dribblare o, meglio, dribblava per vivere: a volte – nessuno come lui – lasciava
surplace l’avversario, lo aspettava fino a stremarlo. Il calcio intreccia danza e corsa, fatica e genio.
Chi ha più piede più soffre la tentazione di Narciso, e si specchia sulle proprie suole; chi invece si
affida al muscolo, sale da trappista la sua montagna delle sette balze.
Ho visto il bulgaro far pagare all’Italia un attimo barocco. Il languore ha sempre un prezzo.