1986 giugno 30 Mondiali Messico 86. Buenos Aires
1986 giugno 30 – Buenos Aires
A Buenos Aires, giocando tra ragazzi, una volta si attribuivano tre gol a chi segnava dopo una
serpentina: riconoscimento all’abilità dello zig-zag. E un loro campione maestro in dribbling, lo
battezzarono “el filtrador”.
Nessuno rappresenta l’Argentina meglio di Maradona, che rotola verso la porta avversaria come la
pallina del flipper, per forza di gravità, danzando sul sinistro un tango solitario. Sostituisce il destro
che gli manca con l’esterno del piede sinistro, riuscendo ad ottenere effetti ancora più imprevedibili.
L‘arte del dribbling si esercita in apnea, soccorsa dall’agilità e da un fiuto misterioso dell’avversario.
Come i pipistrelli quando avvertono al buio l’ostacolo con un sesto senso migliore del radar.
Piccolo, tarchiato, ipertrofico e cabezon, Maradona deve essere nato con il baricentro sul pallone. Più
che giocarlo se lo coccola tra le zampe; l’originalità del suo dribblare sta nella tecnica avvolgente.
Ma in finale è stato un tedesco dal nome evangelico, Matthaeus, a imprigionarlo in un invisibile
bozzolo. Lo ha cacciato dal paradiso terrestre, gli ha tolto lo spazio vitale, quel minimo di prato che
quattro anni fa a Barcellona anche Claudio Gentile gli aveva confiscato fino all’ultimo centimetro.
La chiamarono marcatura a uomo; fu un sequestro di persona.
Fino a ieri aveva vinto Maradona, non l’Argentina; ieri ha vinto l’Argentina. La Germania ha
dimostrato, in dignità, che nulla è mai facile contro i tedeschi. Per vincerli, bisogna davvero batterli.
La Germania ha più di 4 milioni di giocatori, un superiority complex tipicamente anglosassone. E’ il
cuore dell’Europa dagli Urali all’Atlantico, e lo sa anche quando gioca a football. Doveva piegare
l’Argentina e fermare Maradona: è riuscita nel secondo compito, non nel primo.
Argentina campeon 1986! In sette partite la regia di Diego Maradona è riuscita dove fallirono generali
sventati e inetti: e ieri, per un solo giorno, il primo e l’ultimo, persino “ias Malvinas son argentinas”.
Laggiù, all’orizzonte della pampa, la fiesta è tutto, o non è.