1986 luglio 16 Una sedia di rimorsi

1986 luglio 16 – Una sedia di rimorsi

La vita di Paula Cooper, assassina negra, sta nelle mani della corte suprema dello stato dell’Indiana.
La prima minorenne condannata alla sedia elettrica ha provocato discussioni in Europa, non negli
Usa dove 28 stati prevedono la pena capitale senza distinzioni di età.
Difronte a un caso come questo, si tende a calcare la mano su due aspetti socio-emotivi. L’assassina
di una anziana insegnante di religione ha soltanto 16 anni, con addosso tutto il prevedibile bagaglio
di immaturità. Inoltre, la crudele ragazza è vissuta in un habitat familiare degradato, che non poteva
non pesare sulla sua crescita.
Sono argomenti importanti ma evitano il cuore del problema. Che non riguarda né le attenuanti né
tantomeno gli alibi: che non può essere ricondotto all’anagrafe o all’ambiente. Il problema è molto
più radicale e attraversa da sempre la coscienza: si può accettare la morte come pena? Può un giudice,
cioè un uomo, decidere che è legale – anzi giusto – uccidere un altro uomo?
Ogni delitto ha una sua storia irripetibile e ogni assassino può suscitare imbarazzanti emozioni. Lo
scrittore americano Truman Capote raccontò in “A sangue freddo” uno spietato, raccapricciante
pluriomicidio, ricostruendo minuziosamente attraverso gli atti del processo e i lunghi colloqui con i
due colpevoli rei confessi. Nel leggere la prima parte del libro, la reazione è di odio, quei due li
ammazzeresti con le tue mani; alla fine, quando vengono affidati al boia, ci si sente presi da una pietà
indescrivibile. Se “non posso non dirmi cristiano”, a maggior ragione non posso dirmi cristiano se
giustifico la pena di morte. La vita non è un bene disponibile; la morte non uno strumento riparatorio.
Tutti gli sforzi per dare legittimazione alla soluzione finale della giustizia degli uomini, sono costretti
a dribblare il messaggio cristiano. Si mettono il cuore in pace evitandone la scomodità.
E’comoda la vendetta, scomoda la giustizia, creativo il perdono. La società non cammina sulla sedia
elettrica, secondo una morale farisea che bada alla crosta delle cose. La rivoluzione delle coscienze
trova lievito nei familiari di Aldo Moro, nella signora Taliercio, nel Papa quando si china nella cella
del suo attentatore.
Non c’entrano minorenni o maggiorenni, negri dei ghetti più sfortunati o gelidi killer dell’era post-
industriale. Mentre crescono la violenza degli Stati e dei Gruppi, il fanatismo, una supervalutazione
del benessere e una sottovalutazione dei valori, bisogna decidere da che parte stare quando si tratta di
difendere la vita e, con essa, la possibilità di attribuire senso evolutivo al destino della persona.
Una scelta cristiana, una pietas laica, la più difficile perché la più razionale, che ha patito dubbi, crisi
di coscienza, cadute, ma che arriva molto di lontano, dal ceppo che meglio ha difeso l’individuo dai
tanti lager della Storia. Quando grandi democrazie come quella americana s’illudono di fare giustizia
con la morte, si trovano di fatto allineate con i Regimi della paura. La libertà richiede coraggio.