1986 novembre 4 L’ultima occasione
1986 novembre 4 – L’ultima occasione
De Mita ha ragione da vendere quando (vedi “Panorama) lancia un allarme che riguarda tutti: “La
disaffezione verso il sistema – ha detto il segretario della Dc – è più forte di quanto pensiamo. C’è un
desiderio di maggior autorità che, non trovando una risposta positiva dai partiti, tende ad alimentare
le spinte corporative della società. Ognuno tende a tutelare il proprio interesse, se non vi è mediazione
e guida politica la situazione rischia di impazzire”.
Il rischio è grosso perché, secondo un’impressione ormai diffusa in Italia e causticamente descritta
da Fruttero & Lucentini su “La Stampa”, le parole dei politici finiscono con l’apparire “puro gas”.
Ne deriva un neo-qualunquismo, ancora più tassativo del romantico “piove governo ladro”: si vota
sempre di più per abitudine, clientela, protesta o timore e sempre meno per fiducia, progetto,
responsabilità. Più che scegliere, si ratifica.
La” disaffezione” non è un sentimento teorico: viene alimentata dalla pratica di tutti i giorni, nelle
istanze di una società avanzata che dunque avrebbe più che mai bisogno di efficienza e certezza. La
tassa della salute decretata e rinviata si dimostra soltanto ultimo degli esempi di come “la situazione
possa impazzire per lo sconcerto della gente cui la burocrazia non concede nemmeno il tempo di
aprire e di rispettare la legge. Ci si rivolge al cittadino come a un modulo da riempire.
Oggi vogliamo ricordare, anzi non dimenticare, l’alluvione di vent’anni fa, di Firenze, di Venezia,
del Veneto, delle Tre Venezie, dei mari e dei fiumi delle maree e degli argini, il grande scirocco di
un’Italia liquida e poco difesa che ha impiegato troppo tempo prima di sentire il territorio e l’ambiente
come premesse irrinunciabili dell’uomo. E oggi ci rendiamo conto che per la salvaguardia di Venezia
il futuro è appena cominciato mentre nulla è stato fatto per riorganizzare l’acqua di un’intera regione.
“Pare che soltanto la battaglia contro le acque alte produca eroi degni di ammirazione e di plauso” ha
commentato Bernini nel ribadire la necessità del disinquinamento della Laguna e sottolineando
l’inadempienza dello Stato particolarmente nei riguardi della Regione Veneto. Dal 1966 ad oggi, dal
Po al Tagliamento, nonostante lutti e immani danni, i fiumi sono rimasti competenza di nessuno,
esercitazione del rinvio.
E’nel giusto Visentini quando ci confessa che per questo anniversario si tende a fare troppo can can.
Preoccupazione più che legittima di non seppellire i contenuti sotto la cerimonia, di non ridurre a
sterile rappresentazione una data che merita soprattutto di essere orientata sul domani, dalla
salvaguardi di Venezia alla rimozione di tutti gli ostacoli burocratici che impediscono al Veneto di
contrastare possibili emergenze. Chi ha l’”autorità” la eserciti fino in fondo, a costo di interrompere
i minuetti del potere: spesso la “disaffezione” nasce tutta qui.
L’anniversario rappresenta un’occasione politica a cominciare da Venezia per la quale ci sono i
miliardi, i progetti, la riflessione di anni, un pool di imprese che raggruma capitale pubblico e privato,
la certezza di appartenere non soltanto al budget dell’Azienda Italia ma anche alla sua coscienza
culturale. Venezia e Firenze oggi capitali della cultura, investimento che dà identità a un Paese, un
modo di lavorare per le nuove generazioni.
Nè il Veneto né Venezia celebrano oggi una data avendo rimosso le ragioni che determinarono la
grande paura del 1966. Ma esiste oggi l‘atmosfera per una mobilitazione senza precedenti, una
impresa insieme di cultura e di cantiere, finalmente capace di guardare alle trascuratezze del passato
come a un ingombro della Storia, che pesa sulle coscienze e sulle strutture.
Non c’è più tempo di limitarsi al partito, alla corrente, alla corporazione, all’interesse di cortile:
questo anniversario non può essere lottizzato.