1987 dicembre 17 Libertà di giunta

1987 dicembre 17 – Libertà di giunta

Comuni. Venezia in alto mare, Milano …quasi
È ancora scontro
Per le giunte sempre il Psi nell’occhio del ciclone: a Milano per il voltafaccia alla Dc e la scelta del
Pci, a Venezia al proprio interno per il siluro lanciato l’altra notte a Laroni. A Milano il sindaco
Pillitteri si è dimesso. Tornerà in sella a giorni, dato che da sabato il consiglio comunale terrà una
seduta ad oltranza fino all’elezione del sindaco (Pillitteri) e della Giunta (Psi, Pci, Psdi; e Verdi).
Intanto il dc Radice Fossati ha di nuovo accusato il Psi di aver favorito il palazzinaro Ligresti.
A Venezia il Psi è deciso a riproporre Laroni come sindaco e minaccia i «ribelli» di espulsione.
Ma torna alla ribalta una candidatura di Visentini.

REFINI e OTTOMANIELLO

Libertà di giunta
C’era una volta il governo di centro, o di centro-sinistra, o la stabilità pentapartitica. Le maggioranze
coincidevano con le alleanze, lo schieramento faceva un tutt’uno con il programma. Il 14 giugno ha
posto la politica in fibrillazione.
Il governo è ancora a cinque, ma rifiuta d’essere assimilato al pentapartito perché gli addendi fanno
soltanto somma, non un patto, tantomeno una strategia. Di stabile non si vede che l’instabilità; si
dipende o si esce dalla maggioranza anche per la differenza di pochi miliardi nella legge finanziaria.
È un nuovo modo di governare, meno proiettato, più di giornata. Stiamo vivendo un momento di
trasformazione, dall’economia alla società alla politica, che va affrontato con realismo, senza quel
senso di catastrofe annunciata che accompagna a volte lo scenario italiano.
Sono saltati molti schemi. Se la Dc degasperiana era un partito di centro che guardava a sinistra, il Psi
craxiano è un partito di sinistra che occupa il centro. Le stesse forze possono essere insieme alternative
o condominiali nei dosaggi del consenso e del potere.
Quasi nessun partito appare più sicuro di ciò che ha. Mentre cresce la tentazione di scaricare
sistematicamente sulle elezioni e sui referendum le scelte di chi non sceglie, la precarietà degli equilibri
diventa regola. E mai come oggi i partiti sono costretti a mischiare di volta in volta maggioranza e
opposizione attraverso il passaggio obbligato delle riforme istituzionali.
Se il quadro nazionale è questo, non si vede come le giunte periferiche – anche emblematiche come
Milano Venezia o Palermo – debbano omologarsi al centro. Era già difficile armonizzare i due livelli in
presenza di una chiara alleanza a Roma; è una forzatura quando si sceglie quale teorema il tuttocampo.
Paradossalmente, diventa più coerente il principio della libera giunta in libero governo.

Se frammentazione dev’essere, non può scandalizzare che lo sia ovunque. È soltanto su questo sfondo
che vanno inquadrati i franchi tiratori di Venezia e Palermo o il trasformismo di Milano. Meglio
considerarli casi a sé, fingere che si limitino all’amministrazione, orfani di qualunque valenza politica.
Quando non si può fare sintesi, non resta che gestire la diversità.

dicembre 1987