1987 dicembre 7 Un borghese tra i plebei. Ricordo di Piercesare Baretti

1987 dicembre 7 – Ricordo di Piercesare Baretti Un borghese tra i plebei
Da presidente della Fiorentina si era preso insulti da levare la pelle per avere emarginato dai clubs gli
ultras, quelli che vivono da parassiti sotto la pancia violenta del football. Il calcio, nostro rifugio di
plebei, lo aveva sempre vissuto con lo stile del borghese. Semmai aristocratico, mai piccolo piccolo.
Giornalista o dirigente, Piercesare Baretti portava nello sport le stimmate di nascita. Figlio di
magistrato, studi in giurisprudenza, approdato a Torino dalla provincia di Cuneo, amava la scrittura
asciutta, pochi avverbi, pochi aggettivi, poche subordinate. Sembrava che scrivesse traducendo
dall’inglese, che conosceva bene, come s’usa nella buona Torino. Più informazioni che tesi, più
testimonianza che polemica, più riflessione che populismo a buon mercato. Refrattario alle passioni di
borgata, lo appassionava la tecnica. Ma senza provincialismi. Nella città dalla quale l’Avvocato invita a
guardare «oltre le Alpi», era il più attento al calcio internazionale, sulle cui rotte aveva molto viaggiato,
con una qualche debolezza per gli anglosassoni. Come i suoi Burberry’s. Negli anni Sessanta, avevamo
lavorato assieme a Tutto-sport, in quel vivaio curato da Giglione Panza. Ma ci trovammo molto vicini
soprattutto cinque anni fa, quando in Spagna eravamo tra i quattro incoscienti che credevano ancora
nella serietà di Bearzot e nella sua Nazionale bianconera: Giovanni Arpino, Italo Cucci, Piercesare ed
io. Ha scritto Manlio Cancogni che il calcio è un teatro verde, fatto a rettangolo, dove il copione conta
poco e basta invece saper recitar bene. Piercesare Baretti lo sapeva fare. Al calcio smargiasso mancherà
molto il suo pudore professionale.
dicembre 1987