1987 marzo 12 La grande paura di perdere
1987 marzo 12 – La grande paura di perdere
Una decina di giorni fa Craxi ha scritto: «In Italia i partiti hanno un super-potere sconosciuto nelle altre
democrazie europee». Leader di Comunione e Liberazione, Roberto Formigoni ha dichiarato ieri: «Nella
gente c’è un diffuso sentimento di reazione alla crisi presente: molti ritengono che sia in corso una pura
lotta di potere». Strano ma vero, il super-potere rende i partiti più vulnerabili: più aumenta la loro
invadenza nella gestione della cosa pubblica, più si accentua l’inquietudine al momento di sottoporsi al
voto. Pur sapendo che in Italia i trionfi o le batoste si giocano sul filo dell’1%, preferiscono i labirinti
della crisi ai lapidari scioglimenti delle Camere: ai primi hanno fatto il callo e riescono spesso ad uscirne;
dai secondi temono di ricevere alla fine un giudizio di disaffezione. In periferia o al centro, non c’è un
solo partito che non sia già mobilitato per le elezioni anticipate ma tra gli stessi partiti della coalizione
nessuno intende passare per «il partito delle elezioni». Molti incomprensibili ditirambi nella crisi si
spiegano soltanto sullo sfondo di una comune preoccupazione: la sempre più affievolita capacità delle
segreterie di partito di capire come reagiranno gli elettori ad uno scenario di stabilità e di scollamento, di
risultati e di occasioni perdute, di programmi concordati e di patti luciferini. La paura di perdere supera
la speranza di vincere. Di fronte allo sconcerto della gente, che rischia di votare per stanchezza o dispetto,
le incognite si fanno serie: per ciò la prima preoccupazione dei partiti è di uscir bene dalla crisi più che
di chiuderla; di conquistare il miglior piazzamento pre-elettorale; di scaricare sull’altrui «provocazione»
il movente di una crisi che gli stranieri trovano eccentrica e che gli italiani sentono figlia dei corridoi.
Temendo il voto, hanno il bisogno di scaricarne la colpa. In questa perdita di autentico contatto con i
problemi degli elettori, si spiega anche il panico dei referendum come se la scelta popolare non fosse
prevista apposta per sciogliere nodi difficili da affrontare con una legge e come se i referendum, invece
che uno strumento di democrazia matura, rappresentassero un fastidioso intralcio al super-potere dei
partiti. Anche la paura dei referendum nasconde il malessere che sta nelle istituzioni. Che Andreotti ce
la faccia o no, in fondo conta oggi molto poco. Senza un costume nuovo, la crisi continuerà.
12 marzo 1987