1988 dicembre 24 Un Natale eccessivo. Meglio così
1988 dicembre 24 – Un Natale eccessivo Meglio così…
Ha ragione il parigino «Le Figaro» nel dire che c’è qualcosa di «eccessivo nell’allegria ufficiale» che
circonda i nuovi sviluppi della questione palestinese. Ma tutto sembra essere eccessivo sullo scenario
del mondo, non soltanto Arafat. Una euforia ancora più planetaria accompagna la lunga marcia di
Gorbaciov verso la riforma del comunismo, «il dio che è fallito». E allora diventa più interessante
chiedersi la ragione di tanti eccessi.
Il fatto è che stanno scoppiando insieme una certezza ed un bisogno: la certezza della reciproca
dipendenza; il bisogno della pace. Pur carico di nuovi rischi, lo sviluppo della comunicazione ha
prodotto lo straordinario effetto di uccidere ogni forma di isolazionismo. Noi possiamo anche fingere e
credere che si possa in qualche modo chiudere l’uscio di casa in faccia al mondo, ma sappiamo
benissimo che il destino non ci appartiene. È una relazione, non più un potere, e Cernobyl fu la più utile
metafora della comunicazione: quel vento contaminato ridicolizzava le frontiere; la paura annunciava la
solidarietà forzata.
Oggi più che mai siamo obbligati a sperare, senza essere gli eredi degli «utili idioti». Per quanto noi
siamo distratti o cinici, grandi lami di colpa ci attraversano dentro: enormi spazi d’intervento si offrono
giorno dietro giorno; possiamo fare molto, dare moltissimo, perché le Armenie sono una, cento, mille,
come le guerre delle pietre e del napalm, come i deserti della fame e dello sfruttamento, come i silenzi
dei lager e le urla dal silenzio della libertà.
Forse consumiamo persino la solidarietà; forse abbiamo poco tempo da «perdere» con gli altri; forse
siamo più propensi all’emozione che alla riflessione. Forse, l’egoismo è l’unica dottrina a non
riformarsi, ma è anche vero che non ne siamo più tanto sicuri: la «patria comune» del mondo ha messo
in crisi secoli di cultura della divisione e ci ha scaraventato addosso una terribile fretta di pace.
Da Gorbaciov ad Arafat, gli «eccessi» sono figli di un’illusione andata a pezzi. Da soli si può soltanto
distruggere, non più costruire: ne siamo tanto convinti da mettere in conto anche una dose di utopia,
che del resto non ha mai risparmiato gli uomini di buona volontà.
Senza la fatica delle cose che nascono, anche questi sarebbero giorni decrepiti. Invece, è Natale:
l’«eccesso» per definizione cristiana.
dicembre 1988