1988 giugno 03 Quei turchi nella miniera
1988 giugno 03 – Quei turchi nella mineria
La sciagura in Assia e l’euro-razzismo
Nel cuore della Germania, decine di minatori condannati a morte nel buco fondo di una miniera. Delle
cinquantasette persone intrappolate, almeno 14 sono la nazionalità turca: e noi vogliamo riflettere su
questo dato, mentre sinistre ombre di razzismo inquinano qua e là l’Europa.
E’ stato calcolato che nel giro di dieci anni l’esercito tedesco-federale disporrà di un’intera divisione
composta di soli turchi, figli di immigrati naturalizzati in Germania. In tutti questi anni l’economia
tedesca ha avuto urgenza di manodopera e ha assorbito dal popolo che, nell’area del Mediterraneo,
presenta una crescita demografica impressionante. Ha ricordato nei giorni scorsi Mario Deaglio sulla
«Stampa» che nascono 14 turchi per ogni greco, tre egiziani per ogni italiano, quasi quattro
nordafricani per ogni francese.
L’Italia sta al centro di una faglia di contraddizioni. Premuti dai Paesi del sottosviluppo,
rappresentiamo l’accesso all’Europa del benessere. Clandestinamente o in regola con la legge, chi si
spinge al Nord è disposto a tutto, a qualunque lavoro, perché sa che persino il peggio del Nord risulta
quasi sempre preferibile alla perdita di speranza.
MA anche l’Europa ricca è disposta a pagare il prezzo di un’integrazione spesso drammatica perché la
mobilità sociale verso l’alto lascia scoperto il mercato del lavoro più duro e meno gratificante.
L’immigrazione dai Paesi extra-europei ripiana il saldo passivo della crescita demografica zero,
dell’invecchiamento della popolazione, della ricerca della qualità della vita attraverso il tipo di lavoro.
Il Terzo Millennio sta già a portata di mano, e questo sarà uno dei suoi più acuti problemi. Lo si può
affrontare in tre modi: con la xenofobia, con l’indifferenza, con l’integrazione. Nel primo caso avremo
tanti odiosi Le Pen; nel secondo caso conviveremo cronicamente con latente malessere; nel terzo caso
potremo, soprattutto noi italiani, elaborare un modello buono per l’intera Europa: noi che ci siamo
dispersi nel mondo a milioni perché allora rappresentavamo il sottosviluppo; noi che, trasformandoci in
30 anni da Paese agricolo a Paese industrializzato, abbiamo messo in atto anche un clamoroso
rimescolamento interno, tra regioni del Sud e del Nord.
Ma deve camminare più speditamente una cultura per il futuro, dentro la quale possono – anzi
dovranno – convivere con il valore dell’identità e quello della comprensione. L’economia trasforma il
destino degli uomini: gli uomini si riappropriano del loro destino con la cultura della dignità della
persona, senza aggettivi.
Certo, nulla diventa facile quando il mondo cambia ad alta velocità, ma non c’è scampo. Quei minatori
tedeschi e turchi, in una stessa trappola nel centro ricco d’Europa, rappresentano soltanto l’ultimo,
tragico segno di una sfida da vincere insieme, tra uomini, mai separandoci, tra razze tabù e campanili.
giugno 1988